Incipit / CA
Le frasi iniziali della letteratura di ogni tempo e paese.

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Pino Cacucci (1955)

Demasiado corazón
La frontiera si annunciava con una fila di ambulanze parcheggiate nello spiazzo laterale. Gli autisti se ne stavano appoggiati ai cofani, qualcuno fumava o beveva da una lattina, scambiando parole con aria annoiata. Aspettavano i soldati da riportare alla base di San Diego, come ogni domenica mattina. Poco prima dell'alba, sarebbero arrivati uno dopo l'altro sui taxi di Tijuana, spesso così ubriachi da venire scaricati sull'asfalto per restarsene lì, semicoscienti, finché gli infermieri delle ambulanze non li afferravano per braccia e piedi, scaraventandoli senza troppi riguardi sulle lettighe. Era la solita routine della notte tra il sabato e la domenica. Bart Croce abbassò il finestrino e osservò per qualche istante le ambulanze in fila, mentre davanti a lui un enorme autosnodato Kenworth si fermava al casello.

Forfora e altre sventure
Forfora
Prima era solo atterrito dal contenuto della busta gialla; adesso, invece, tutta la sua apprensione si era concentrata su quella che, in fondo, era soltanto una sgradevole conseguenza dell'intera situazione. E lo specchio non si limitata a rimandargli l'immagine dello scempio, ma gli conficcava nella retina il crollo di tanti mesi di sacrifici, attenzioni, rinunce, rievocandogli tutti i sapori dei cibi che il cervello si era imposto di dimenticare. Sfiorò con le dita tremanti il confine tra il naso e la guancia. Ormai non aveva più dubbi: era proprio un attacco di fegato.

In ogni caso nessun rimorso
CHOISY-LE-ROI, SOBBORGHI DI PARIGI, DOMENICA 28 APRILE 1912
Il carro scricchiolava e gemeva, attraversando a lentezza esasperante i sessanta metri del campo incolto. Dall'altra parte della strada, fra gli alberi, centinaia di fucili erano puntati sulla casa. Dopo l'ultima sparatoria, un silenzio assoluto pietrificava la scena: gli uomini sdraiati sul terrapieno e accovacciati dietro i tronchi seguivano il movimento a ritroso del carro, che ormai era così vicino all'obiettivo da invadere la visuale dei mirini.

Mastruzzi indaga
Eppure, vivi qui da sempre
Guardava la parete immaginando la finestra che non c'era, e intanto sentiva tutti i rumori dell'imbrunire - sgasate di autobus, sbraiti di alienati, sgommate e inchiodate, sirene, allarmi e urla di litiganti per un posteggio - proprio come se il suo ufficio di finestre ne avesse almeno tre, una per ogni lato. Sul quarto c'era la porta, e da lì entrava solo la puzza del ristorante cinese e dei suoi pesci marci stesi a seccare come mutande mal lavate.

Nahui
Cammina a passi lenti lungo l'avenida Madero, lo sguardo smarrito nel cielo e il portamento altero, quasi sfidasse la curiosità dei passanti e le risate dei ragazzini che la indicano irriverenti. L'aria svagata, la noncuranza che si impone per difesa, contrastano con la fierezza dell'incedere e la bizzarra ricercatezza del vestire: il vezzo del fiore infilato nella scollatura generosa, i capelli costretti a furia di sforbiciate a seguire una moda dimenticata, ogni dettaglio del suo aspetto la rende ancor più grottesca agli occhi degli sconosciuti che notano i colori sgargianti, la povertà delle stoffe, il taglio antiquato e la consunzione che sta per ridurre i suoi vestiti in stracci.

Outland rock
Outland rock
Un suono arrugginito percorre le due stanze, e fa alzare di scatto il giovane curvo sul tavolo della cucina.
L'improvvisa attività dal campanello esterno al cortile ha il potere di precipitarlo nell'inquietudine. Si avvicina guardingo alla finestra. Vede lo specchietto retrovisore che inquadra perfettamente l'atrio da cui qualcuno gli sta procurando quella fastidiosa emergenza. Sistemato in quel modo, con una staffa imbullonata al tubo esterno del gas, lo specchio gli permette di studiare l'aspetto degli intrusi prima che superino il secondo portone.

La polvere del Messico
Il bere è un rito collettivo. Nessun vero messicano si ubriacherebbe mai da solo" dice don Venustiano arrotolando un altro taquito de carnitas, il mignolo abilissimo nel sostenere l'involtino di tortilla senza perdere una sola goccia di salsa. Don Venustiano avrà almeno settant'anni, ma si muove coi gesti di un ragazzo dallo sguardo malizioso e il sorriso ammiccante. A tradirne l'età è solo la pelle curtida del volto, conciata come il cuoio di una sella che oltre al sole e al vento della Sierra Madre ha dovuto affrontare l'anidride solforosa della megalopoli. Nel profondo, resta il norteño che lasciò Zacatecas mezzo secolo fa, le sue case di pietra rosa ai piedi del deserto dove la División del Norte di Pancho Villa vinse una delle battaglie decisive.

Puerto Escondido
Acido. Pizzichi di luce, ronzio.
Echi di colpi che rimbalzano da una parete all'altra del cranio, immenso come un solaio.
Luce violenta. Credo che gli occhi siano aperti. Bianco. Li chiudo, li riapro, il bianco diventa grigio chiaro, torna bianco abbagliante. Un bruciore secco mi ustiona la gola e interrompe le esplorazioni.
Rosso, con piccoli scoppi gialli, cataclisma di un colpo di tosse. Tutti i dolori raccolti dalla memoria crepitano in scosse che affiorano vibrando, mordono la pelle, tornano nel buio. La testa, le braccia, le gambe, il petto... la gola, soprattutto. No, è il fianco. Credo il sinistro. C'è tutto. Mi sento tutto. E vivo.
Un flusso stridente, poi un'onda di suoni grotteschi. Si ripetono, assomigliano a una voce. Ho voglia di ridere.

Punti di fuga
All'Étoile du Berger ti avvertono prima, con tanto di cartello sul vetro. "La nostra macchina ha più di cinquant'anni, non chiedetele caffè ristretti." Ma è per risparmiare, rimanendo fermi alla malinconia tranquilla di chi mandava avanti il bar tre o quattro generazioni fa. E io ci vengo anche per questo, è uno dei tanti cambiamenti a cui ho fatto l'abitudine, e che mi hanno portato a preferire questa broda tiepida al caffè caramelloso che bevevo un tempo. O forse, la verità è che non ho mai vissuto una vera stagione d'amore per il caffè.

San Isidro Futból
Don Cayetano Altamirano non era propriamente l'alcalde di San Isidro. Tutti lo consideravano la massima autorità nel raggio di almeno due ore di cammino, questo è vero, ma il governo non poteva riconoscergli la carica di sindaco per il semplice motivo che San Isidro non era neppure un paese. Ventidue case di legno e lamiera non giustificavano alcuna menzione nelle mappe federali, e tanto meno nella carta geografica dell'esercito di Sua Eccellenza don Porfirio Díaz, che stava appesa alle sue spalle. Ma avendo imparato a leggere e scrivere almeno i due terzi delle lettere dell'alfabeto, don Cayetano si era premurato di aggiungere a matita un cerchio e il nome del suo villaggio, con caratteri un po' più piccoli di Ciudad de México e un po' più grandi di Acapulco.

Un po' per amore, un po' per rabbia
Trac
Sono passati tanti anni, e a quei giorni ho ripensato spesso, ma solo adesso riesco a valutarne l'importanza, ben più profonda di quanto credessi allora. Nel 1987 passavo buona parte del mio tempo in Messico, anche se si era ormai incrinata la convinzione di poter restare là per sempre.


James Mallahan Cain (1892-1977)

The Butterfly (La farfalla)
La trovai seduta sullo scalino della veranda quando tornai dal campo: aveva lì accanto una valigia, teneva un piede appoggiato a un ginocchio, e scuoteva una scarpa, forse per vuotarla dalla sabbia. Quando mi vide scoppiò a ridere; mi sentii divampare per essere stato sorpreso a guardarla, e entrai a precipizio nella stalla. Mentre mungevo, la spiavo; la vidi alzarsi, camminare, guardava i miei alberi, il mio grano, e la mia baracca; si spinse fino al torrente e si chinò a buttarci dentro un sasso. Poteva avere diciannove o vent'anni, era di corporatura media, coi capelli chiari, gli occhi azzurri, ed era fatta bene. Vestiva meglio delle nostre montanare, anche se impolverata come se fosse venuta a piedi dalla strada provinciale, dove passa l'autobus. Ma se si era sperduta e voleva chiedermi la strada, perché non si risolveva una buona volta a parlare? E, in caso contrario, perché portava una valigia? Quando ebbi finito di mungere, si era quasi fatto buio, presi i secchi, uscii dalla stalla e le andai incontro. «Buona sera, signorina.»
(Traduzione: Maria Napolitano)

Mildred Pierce
In the spring of 1931, on a lawn in Glendale, California, a man was bracing trees. It was a tedious job, for he had first to prune dead twigs, then wrap canvas buffers around weak branches, then wind rope slings over the buffers and tie them to the trunks, to hold the weight of the avocados that would ripen in the fall. Yet, although it was a hot afternoon, he took his time about it, and was conscientiously thorough, and whistled. He was a smallish man, in his middle thirties, but in spite of the stains on his trousers, he wore them with an air. His name was Herbert Pierce.
Mildred Pierce
Nella primavera del 1931, su un prato di Glendale, in California, un uomo trafficava attorno ad alcuni alberi. Era un lavoro lungo: tagliava prima i rami morti, poi avvolgeva quelli più deboli in strisce di tela di sacco e li legava con cordicelle per sostenere gli avocado in autunno, quando fossero maturati. Il pomeriggio era caldo, ma l'uomo procedeva calmo e preciso, fischiettando. Piccoletto, sui trentacinque anni, portava con disinvolta eleganza i calzoni benché fossero sudici. Si chiamava Herbert Pierce.

(Traduzione: Maria Napolitano)

The Postman Always Rings Twice
They threw me off the hay truck about noon. I had swung on the night before, down at the border, and as soon as I got up there under the canvas, I went to sleep. I needed plenty of that, after three weeks in Tia Juana, and I was still getting it when they pulled off to one side to let the engine cool. Then they saw a foot sticking out and threw me off. I tried some comical stuff, but all I got was a dead pan, so that gag was out. They gave me a cigarette, though and I hiked down the road to find something to eat.
Il postino suona sempre due volte
Mi buttarono fuori dal camion verso mezzogiorno. C'ero saltato sopra la notte, giù al confine, e appena steso sotto il telone, nel fieno, mi ero addormentato. Sonno ne avevo un bel po', dopo tre settimane a Tia Juana, e dormivo ancora quando si fermarono a uno slargo per far freddare il motore. Videro spuntare un piede e mi tirarono giù. Provai a cavarmela con qualche frottola, ma come parlare al muro: sicché fine della corsa. Però mi diedero una sigaretta, e mi incamminai sulla strada in cerca di qualcosa da mangiare.

(Traduzione: Franco Salvatorelli)


Aleksandr Cajanov (1888-1939)

Istorija parikmacherskoj kukly (Storia di un manichino di parrucchiere)
L'architetto moscovita M., che aveva costruito uno dei più frequentati caffè-ristorante della capitale ed era conosciuto nei circoli cittadini soprattutto per le vicende della sua vita privata nello stile delle memorie di Casanova, un bel giorno, passando accanto a un bar del viale Tverskij, si rese conto di essere ormai vecchio.
Il locale, raffigurato in passato da Juon in uno dei suoi quadri, la folla serale a passeggio, i nastri gialli dei corsi moscoviti in autunno, di solito così allegri e animati, si spensero di colpo nella sua anima.

(Traduzione: Anna Raffetto)


Mario Calabresi (1970)

Cosa tiene accese le stelle. Storie di italiani che non hanno mai smesso di credere nel futuro
La macchina per lavare
Una sera di novembre del 1955 mia nonna, che aveva quarant'anni, riconquistò la sua libertà e si sentì felice: aveva preso in mano un libro ed era riuscita a leggere qualche pagina prima di addormentarsi. Non le capitava più da quattordici anni, da quando, in mezzo alla guerra, era nato il suo primo figlio: Carlo. Da allora, di bambini ne erano arrivati altri cinque; la più piccola, Graziella, non aveva ancora nove mesi.


Italo Calvino (1923-1985)

Il barone rampante
Fu il 15 di giugno del 1767 che Cosimo Piovasco di Rondò, mio fratello, sedette per l'ultima volta in mezzo a noi. Ricordo come fosse oggi. Eravamo nella sala da pranzo della nostra villa d'Ombrosa, le finestre inquadravano i folti rami del grande elce del parco. Era mezzogiorno, e la nostra famiglia per vecchia tradizione sedeva a tavola a quell'ora, nonostante fosse già invalsa tra i nobili la moda, venuta dalla poco mattiniera Corte di Francia, d'andare a desinare a metà del pomeriggio. Tirava vento dal mare, ricordo, e si muovevano le foglie. Cosimo disse: - Ho detto che non voglio e non voglio! - e respinse il piatto di lumache. Mai s'era vista disubbidienza più grave.

Il castello dei destini incrociati
In mezzo a un fitto bosco, un castello dava rifugio a quanti la notte aveva sorpreso in viaggio: cavalieri e dame, cortei reali e semplici viandanti.
Passai per un ponte levatoio sconnesso, smontai di sella in una corte buia, stallieri silenziosi presero in consegna il mio cavallo. Ero senza fiato; le gambe mi reggevano appena: da quando ero entrato nel bosco tali erano state le prove che mi erano occorse, gli incontri, le apparizioni, i duelli, che non riuscivo a ridare un ordine né ai movimenti né ai pensieri.

Il cavaliere inesistente
Sotto le rosse mura di Parigi era schierato l'esercito di Francia. Carlomagno doveva passare in rivista i paladini. Già da più di tre ore erano lì; faceva caldo; era un pomeriggio di prima estate, un po' coperto, nuvoloso; nelle armature si bolliva come in pentole tenute a fuoco lento. Non è detto che qualcuno in quell'immobile fila di cavalieri già non avesse perso i sensi o non si fosse assopito, ma l'armatura li reggeva impettiti in sella tutti a un modo. D'un tratto, tre squilli di tromba: le piume dei cimieri sussultarono nell'aria ferma come a uno sbuffo di vento, e tacque subito quella specie di mugghio marino che s'era sentito sin qui, ed era, si vede, un russare di guerrieri incupito dalle gole metalliche degli elmi. Finalmente ecco, lo scorsero che avanzava laggiù in fondo, Carlomagno, su un cavallo che pareva più grande del naturale, con la barba sul petto, le mani sul pomo della sella. Regna e guerreggia, guerreggia e regna, dài e dài, pareva un po' invecchiato, dall'ultima volta che l'avevano visto quei guerrieri.

Le città invisibili
Non è detto che Kublai Kan creda a tutto quel che dice Marco Polo quando gli descrive le città visitate nelle sue ambascerie, ma certo l'imperatore dei tartari continua ad ascoltare il giovane veneziano con più curiosità e attenzione che ogni altro suo messo o esploratore. Nella vita degli imperatori c'è un momento, che segue all'orgoglio per l'ampiezza sterminata dei territori che abbiamo conquistato, alla malinconia e al sollievo di sapere che presto rinunceremo a conoscerli e a comprenderli; un senso come di vuoto che ci prende una sera con l'odore degli elefanti dopo la pioggia e della cenere di sandalo che si raffredda nei bracieri; una vertigine che fa tremare i fiumi e le montagne istoriati sulla fulva groppa dei planisferi, arrotola uno sull'altro i dispacci che ci annunciano il franare degli ultimi eserciti nemici di sconfitta in sconfitta, e scrosta la ceralacca dei sigilli di re mai sentiti nominare che implorano la protezione delle nostre armate avanzanti in cambio di tributi annuali in metalli preziosi, pelli conciate e gusci di testuggine: è il momento disperato in cui si scopre che quest'impero che ci era sembrato la somma di tutte le meraviglie è uno sfacelo senza fine né forma, che la sua corruzione è troppo incancrenita perché il nostro scettro possa mettervi riparo, che il trionfo sui sovrani avversari ci ha fatto eredi della loro lunga rovina.

Le cosmicomiche
Una volta, secondo Sir George H. Darwin, la Luna era molto vicina alla Terra. Furono le maree che a poco a poco la spinsero lontano: le maree che lei Luna provoca nelle acque terrestri e in cui la Terra perde lentamente energia.

Lo so bene! - esclamò il vecchio Qfwfq, - voi non ve ne potete ricordare ma io sì. L'avevamo sempre addosso, la Luna, smisurata: quand'era il plenilunio - notti chiare come di giorno, ma d'una luce color burro -, pareva che ci schiacciasse; quand'era lunanuova rotolava per il cielo come un nero ombrello portato dal vento; e a lunacrescente veniva avanti a corna così basse che pareva lì lì per infilzare la cresta di un promontorio e restarci ancorata.

La giornata d'uno scrutatore
Amerigo Ormea uscì di casa alle cinque e mezzo del mattino. La giornata si annunciava piovosa. Per raggiungere il seggio elettorale dov'era scrutatore, Amerigo seguiva un percorso di vie strette e arcuate, ricoperte ancora di vecchi selciati, lungo muri di case povere, certo fittamente abitate ma prive, in quell'alba domenicale, di qualsiasi segno di vita. Amerigo, non pratico del quartiere, decifrava i nomi delle vie sulle piastre annerite - nomi forse di dimenticati benefattori - inclinando di lato l' ombrello e alzando il viso allo sgrondare della pioggia.

Lezioni americane
Dedicherò la prima conferenza all'opposizione leggerezza-peso, e sosterrò le ragioni della leggerezza. Questo non vuol dire che io consideri le ragioni del peso meno valide, ma solo che sulla leggerezza penso d'aver più cose da dire. Dopo quarant'anni che scrivo fiction, dopo aver esplorato varie strade e compiuto esperimenti diversi, è venuta l'ora che io cerchi una definizione complessiva per il mio lavoro.

Marcovaldo
Il vento, venendo in città da lontano, le porta doni inconsueti, di cui s'accorgono solo poche anime sensibili, come i raffreddati da fieno che starnutano per pollini di fiori d'altre terre.
Un giorno, sulla striscia d'aiola d'un corso cittadino, capitò chissà donde una ventata di spore, e ci germinarono dei funghi. Nessuno se ne accorse tranne il manovale Marcovaldo che prendeva proprio lì ogni mattina il tram. Aveva questo Marcovaldo un occhio poco adatto alla vita di città: cartelli, semafori, vetrine, insegne luminose, manifesti, per studiati che fossero a colpire l'attenzione, mai fermavano il suo sguardo che pareva scorrere sulle sabbie del deserto.

Palomar
Il mare è appena increspato e piccole onde battono sulla riva sabbiosa. Il signor Palomar è in piedi sulla riva e guarda un'onda. Non che egli sia assorto nella contemplazione delle onde. Non è assorto, perché sa bene quello che fa: vuole guardare un'onda e la guarda. Non sta contemplando, perché per la contemplazione ci vuole un temperamento adatto, uno stato d'animo adatto e un concorso di circostanze esterne adatto: e per quanto il signor Palomar non abbia nulla contro la contemplazione in linea di principio, tuttavia nessuna di queste tre condizioni si verifica per lui. Infine non sono le "onde" che intende guardare, ma un'onda singola e basta: volendo evitare le sensazioni vaghe, egli si prefigge per ogni suo atto un oggetto limitato e preciso.

Il sentiero dei nidi di ragno
Per arrivare fino in fondo al vicolo, i raggi del sole devono scendere diritti rasente le pareti fredde, tenute discoste a forza d'arcate che traversano la striscia di cielo azzurro carico.
Scendono diritti, i raggi del sole, giù per le finestre messe qua e là in disordine sui muri, e cespi di basilico e di origano piantati dentro pentole ai davanzali, e sottovesti stese appese a corde; fin giù al selciato, fatto a gradini e a ciottoli, con una cunetta in mezzo per l'orina dei muli.

Se una notte d'inverno un viaggiatore
Stai per cominciare a leggere il nuovo romanzo "Se una notte d'inverno un viaggiatore" di Italo Calvino. Rilassati. Raccogliti. Allontana da te ogni altro pensiero. Lascia che il mondo che ti circonda sfumi nell'indistinto. La porta è meglio chiuderla; di là c'è sempre la televisione accesa. Dillo subito, agli altri: "No, non voglio vedere la televisione!" Alza la voce, se no non ti sentono: "Sto leggendo! Non voglio essere disturbato!" Forse non ti hanno sentito, con tutto quel chiasso; dillo più forte, grida: "Sto cominciando a leggere il nuovo romanzo di Italo Calvino!" O se non vuoi non dirlo; speriamo che ti lascino in pace.

Sotto il sole giaguaro
Come epigrafi di un alfabeto indecifrabile, di cui metà delle lettere siano state cancellate dallo smeriglio del vento carico di sabbia, così voi resterete, profumerie, per l'uomo futuro senza naso. Ancora ci aprirete le porte a vetri silenziose, attutirete i nostri passi sui tappeti, ci accoglierete nel vostro spazio da scrigno, senza spigoli, tra le rivestiture di legno laccato delle pareti, ancora commesse e padrone colorate e carnose come fiori artificiali ci sfioreranno con le tonde braccia armate di spruzzatori o con l'orlo della gonna tendendosi sulla punta dei piedi in cima agli sgabelli: ma i flaconi le boccette le ampolle dai tappi di vetro cuspidati o sfaccettati continueranno invano a intrecciare da uno scaffale all'altro la loro rete di accordi consonanze dissonanze contrappunti modulazioni progressioni: le nostre sorde narici non coglieranno più le note della gamma: gli aromi muschiati non si distingueranno dai cedrini, l'ambra e la reseda, il bergamotto e il benzoino saranno muti, sigillati nel calmo sonno dei flaconi.

La speculazione edilizia
Alzare gli occhi dal libro (leggeva sempre, in treno) e ritrovare pezzo per pezzo il paesaggio - il muro, il fico, la noria, le canne, la scogliera - le cose viste da sempre di cui soltanto ora, per esserne stato lontano, s'accorgeva: questo era il modo in cui tutte le volte che vi tornava, Quinto riprendeva contatto col suo paese, la Riviera. Ma siccome da anni durava questa storia, della sua lontananza, e dei suoi ritorni sporadici, che gusto c'era? Sapeva già tutto a memoria: eppure, continuava a cercare di fare nuove scoperte, così di scappata, un occhio sul libro l'altro fuori dal finestrino, ed era ormai soltanto una verifica di osservazioni, sempre le stesse.
Però ogni volta c'era qualcosa che gli interrompeva il piacere di quest'esercizio e lo faceva tornare alle righe del libro, un fastidio che non sapeva bene neanche lui. Erano le case.

Ti con zero
Secondo i calcoli di H.Gerstenkorn, sviluppati da H.Alfven, i continenti terrestri non sarebbero che frammenti della Luna caduti sul nostro pianeta. La Luna in origine sarebbe stata anch'essa un pianeta gravitante attorno al Sole, fino al momento in cui la vicinanza della Terra non la fece deragliare dalla sua orbita. Catturata dalla gravitazione terreste, la Luna s'accostò sempre di più, stringendo la sua orbita attorno a noi. A un certo momento la reciproca attrazione prese a deformare la superficie dei due corpi celesti, sollevando onde altissime da cui si staccavano frammenti che vorticavano nello spazio tra Terra e Luna, soprattutto frammenti di materia lunare che finivano per cadere sulla Terra. In seguito, per influsso delle nostre maree, la Luna fu spinta a riallontanarsi, fino a raggiungere la sua orbita attuale. Ma una parte della massa lunare, forse la metà, era rimasta sulla terra, formando i continenti.

Il visconte dimezzato
C'era una guerra contro i turchi. Il visconte Medardo di Terralba, mio zio, cavalcava per la pianura di Boemia diretto all'accampamento dei cristiani. Lo seguiva uno scudiero a nome Curzio.
Le cicogne volavano basse, in bianchi stormi, traversando l'aria opaca e ferma.
- Perché tante cicogne? - chiese Medardo a Curzio, - dove volano?
Mio zio era nuovo arrivato, essendosi arruolato appena allora, per compiacere certi duchi nostri vicini impegnati in quella guerra. S'era munito d'un cavallo e d'uno scudiero all'ultimo castello in mano cristiana, e andava a presentarsi al quartiere imperiale.
- Volano ai campi di battaglia, - disse lo scudiero, tetro, - Ci accompagneranno per tutta la strada.


Peter Cameron (1959)

The City of Your Final Destination
September 13, 1995
Ms. Caroline Gund
Ms. Arden Langdon
Mr. Adam Gund
Ochos Rios
Tranqueras, Uruguay

Dear Ms. Gund, Ms. Langdon, and Mr. Gund:
I am writing to you because I have been told you are the executors of Jules Gund's literary estate. I am seeking permission to write an authorized biography of Mr. Gund.
I am a doctoral student at the University of Kansas. On the basis of my thesis, "Remember That? Well Forget It: The Articulation of Cultural Displacement and Linguistic Dismemberment in the Work of Jules Gund," I have been awarded the Dolores Faye and Bertram Siebert Petrie Award for Biographical Studies.

Quella sera dorata
13 settembre 1995
Gentili signori
Caroline Gund
Arden Langdon
Adam Gund
Ochos Rios (Tranqueras)
Uruguay

Signori,
mi rivolgo a voi, quali esecutori testamentari della proprietà letteraria di Jules Gund, per chiedervi l'autorizzazione a scrivere una sua biografia.
Sono un dottorando dell'Università del Kansas. Sulla base della mia tesi di laurea, intitolata «Ve lo ricordate? Be', scordatevene: aspetti della dislocazione culturale e dello smembramento linguistico nell'opera di Jules Gund», mi è stata assegnata la borsa di studio Dolores Faye e Bertram Siebert Petrie per gli Studi biografici.

(Traduzione: Alberto Rossatti)

Coral Glynn
That spring - the spring of 1950 - had been particularly wet.
An area at the bottom of the garden at Hart House flooded, creating a shallow pool through which the crocuses gamely raised their little flounced heads, like cold shivering children in a swimming class. The blond gravel on the garden paths had turned green, each pebble wrapped in a moist transparent blanket of slime, and one could not sit on either of the two cement benches that flanked the river gate without first unhinging the snails and slugs adhered to them.
Coral Glynn
Quella primavera - la primavera del 1950 - era stata particolarmente piovosa.
In fondo al giardino di villa Hart s’era formata una pozza da cui spuntavano ardite le corolle smerlate dei crochi, come bambini tremanti durante l’ora di nuoto. La ghiaia bionda dei sentieri era diventata verde, rivestita da una sottile patina limacciosa, e prima di sedersi sulle due panchine di cemento, a fianco del cancello che si apriva sul fiume, bisognava togliere le chiocciole e le lumache.

(Traduzione: Giuseppina Oneto)

Someday This Pain Will Be Useful to You
The day my sister, Gillian, decided to pronounce her name with a hard G was, coincidentally, the same day my mother returned, early and alone, from her honeymoon. Neither of these things surprised me. Gillian, who was between her third and fourth years at Barnard, was dating a "language theory" professor named Rainer Maria Schultz and had consequently become a bit of a linguistic zealot, often ranting about something called "pure" language, of which Gillian with a hard G was supposedly an example. My mother, on the other hand, had rather rashly decided to marry an odd man named Barry Rogers. Gillian - Gillian - and I had both suspected that this marriage (my mother's third) would not last very long, but we assumed it would survive its honeymoon, although when we heard they were planning a honeymoon in Las Vegas our skepticism grew.
Un giorno questo dolore ti sarà utile
Gillian, mia sorella, ha deciso di pronunciare il suo nome con la g dura lo stesso giorno in cui mia madre è tornata dalla luna di miele in anticipo e da sola. Le due cose non mi hanno stupito. Gillian, che era fra il terzo e il quart'anno di università, aveva una storia con un professore di «teoria del linguaggio», un certo Rainer Maria Schultz, e era diventata una specie di fanatica della «lingua pura», di cui Ghillian doveva essere un esempio. Mia madre, invece, aveva deciso piuttosto avventatamente di sposare un tipo strano che si chiamava Barry Rogers. Io e Gillian avevamo sospettato da subito che quel matrimonio (il terzo) non sarebbe durato, ma pensavamo che sarebbe sopravvissuto almeno alla luna di miele, anche se avevamo appreso con un certo scetticismo che l'avrebbero fatta a Las Vegas.

(Traduzione: Giuseppina Oneto)

The Weekend
For a few minutes after the sun rose the world was quiet and still and everything human seemed far away, as if the tide had gone out. Marian would leave John and Roland sleeping in the house and walk down the damp green lawn toward the river, barefoot, in her nightgown.
She could not say that the river was loveliest in the morning because on those still evenings when it turned purple, almost seemed to stop flowing, and lay like a bruise at the end of the lawn, it could make her cry. But in the morning there was nothing emotional about it. It was deep and cold and purposeful, clearer and curative.
Il weekend
Per qualche minuto, al sorgere del sole, il mondo era silenzioso e immobile e ogni cosa umana sembrava lontanissima, come se la marea si fosse ritirata. Marian lasciava John e Roland che dormivano, e in camicia da notte, a piedi nudi, attraversava il prato umido per scendere al fiume.
Non poteva dire che il fiume fosse più bello di mattina, anzi, c’erano certe sere quiete in cui veniva da piangere a guardarlo: prendeva un colore viola e sembrava fermo, come un livido in fondo al prato. Di mattina non aveva nulla di commovente. Scorreva profondo e freddo e determinato, limpido e tonificante.

(Traduzione: Giuseppina Oneto)


Andrea Camilleri (1925-2019)

Le ali della sfinge
Ma indove erano andate a finire quelle prime matinate nelle quali, appena arrisbigliato, si sintiva attraversato da una speci di correnti di filicità pura, senza motivo?
Non si trattava del fatto che la jornata s'appresentava priva di nuvole e vento e tutta tirata a lucido dal sole, no, era un'altra sensazione che non dipinniva dalla sò natura di meteoropatico, a volersela spiegare era come un sintirisi in armonia con l'universo criato, perfettamente sincronizzato a un grande ralogio stillare ed esattamente allocato nello spazio, al punto priciso che gli era stato destinato fino dalla nascita.
Minchiate? Fantasie? Possibile.

Gli arancini di Montalbano
La prova generale
La nottata era proprio tinta, botte di vento arraggiate si alternavano a rapide passate d'acqua tanto malintenzionate che parevano volessero infilzare i tetti. Montalbano era tornato a casa da poco, stanco perché il travaglio della jornata era stato duro e soprattutto faticante per la testa. Riaprì la porta-finestra che dava sulla verandina: il mare si era mangiato la spiaggia e quasi toccava la casa. No, non era proprio cosa, l'unica era farsi una doccia e andarsi a coricare con un libro. Sì, ma quale? A eleggere il libro col quale avrebbe passato la notte condividendo il letto e gli ultimi pinsèri era macari capace di perderci un'orata.

Il birraio di Preston
Era una notte che faceva spavento, veramente scantusa. Il non ancora decino Gerd Hoffer, ad una truniata più scatasciante delle altre, che fece trimoliare i vetri delle finestre, si arrisbigliò con un salto, accorgendosi, nello stesso momento, che irresistibilmente gli scappava. Era una storia vecchia, questa della scappatina di pipì: i medici avevano diagnosticato che il picciliddro era lento d'incascio, cioè di reni, fin dalla nascita, e che quindi era naturale che si liberasse a letto. Ma il padre, l'ingegnere minerario Fridolin Hoffer, da quell'orecchio mai aveva voluto sentirci, non si dava pace d'avere messo al mondo un figlio tedesco di scarto, e quindi sosteneva che non si trattava di cure ma di kantiana educazione della volontà, per cui ogni mattina che Dio mandava in terra si metteva a ispezionare, sollevando coperta e lenzuolo a secondo di stascione, il letto del figlio e, infilata la mano inquisitoria, al subito immancabile vagnaticcio reagiva con una potenta timbulata al bambino la cui guancia colpita a vista d'occhio pigliava a gonfiarsi come un muffoletto di pane ad opera di lievito di birra.

La caccia al tesoro
Che Gregorio Palmisano e sò soro Caterina erano pirsone chiesastre fin dalla prima gioventù, era cosa cognita in tutto il paìsi.

Il cane di terracotta
A stimare da come l'alba stava appresentandosi, la iurnata s'annunziava certamente sméusa, fatta cioè ora di botte sole incaniato. ora di gelidi stizzichii di pioggia, il tutto condito da alzate improvvise di vento. Una di quelle iurnate in cui chi è soggetto al brusco cangiamento di tempo, e nel sangue e nel cirveddo lo patisce, capace che si mette a svariare continuamente di opinione e di direzione, come fanno quei pezzi di lattone, tagliati a forma di bannéra o di gallo, che sui tetti ruotano in ogni senso ad ogni minima passata di vento.

La concessione del telefono
A Sua Eccellenza Illustrissima
Vittorio Parascianno
Prefetto di
Montelusa

Vigàta li 12 giugno 1891
Eccellenza,
Il sottoscritto GENUARDI Filippo, fu Giacomo Paolo e di Posacane Edelmira, nato in Vigàta (provincia di Montelusa), alli 3 del mese di settembre del 1860 e quivi residente in via dell'Unità d'Italia n. 75, di professione commerciante in legnami, desidera venire a conoscenza degli atti occorrenti per ottenere la concessione di una linea telefonica per uso privato.
Gratissimo per la benigna attenzione che V.E. vorrà dedicare alla richiesta, si professa devot.mo in fede
Genuardi Filippo

Il cuoco dell'Alcyon
Stava abballanno un valzaro supra al bordo di 'na piscina, tutto alliffato e profumato, e sapiva che la fìmmina che tiniva tra le vrazza era Livia, da qualichi orata addivintata sò mogliere. Non potiva vidirle la facci per via del fitto velo bianco che la cummigliava.

La danza del gabbiano
Fu verso le cinco e mezza del matino che non ce la fici cchiù a ristarisinni corcato coll'occhi sbarracati a taliare il soffitto.

Dentro il labirinto
Ho davanti a me le riproduzioni di quattro disegni che rappresentano il medesimo soggetto: la testa di un cadavere disteso sopra un tavolo d'obitorio. Si tratta di schizzi dal vero
Il morto si chiamava Edoardo Persico. Era nato a Napoli, per un po' di tempo aveva vissuto a Torino, poi, da qualche anno, si era stabilito a Milano.
Due dei disegni sono del pittore Gabriele Mucchi, e portano la data del 13 gennaio 1936, il terzo è del pittore Adriano Spilimbergo, il quarto del pittore Fiorenzo Tomea.

La forma dell'acqua
Lume d'alba non filtrava nel cortiglio della "Splendor", la società che aveva in appalto la nettezza urbana di Vigàta, una nuvolaglia bassa e densa cummigliava completamente il cielo come se fosse stato tirato un telone grigio da cornicione a cornicione, foglia non si cataminava, il vento di scirocco tardava ad arrisbigliarsi dal suo sonno piombigno, già si faticava a scangiare parole. Il caposquadra, prima di assegnare i posti, comunicò che per quel giorno, e altri a venire, Peppe Schèmmari e Caluzzo Brucculeri sarebbero stati assenti giustificati. Più che giustificata infatti l'assenza: i due erano stati arrestati la sera avanti mentre tentavano di rapinare il supermercato, armi alla mano.

La gita a Tindari
Che fosse vigilante, se ne faceva capace dal fatto che la testa gli funzionava secondo logica e non seguendo l'assurdo labirinto del sogno, che sentiva il regolare sciabordìo del mare, che un venticello di prim'alba trasìva dalla finestra spalancata. Ma continuava ostinatamente a tenere gli occhi inserrati, sapeva che tutto il malumore che lo maceriava dintra sarebbe sbommicato di fora appena aperti gli occhi, facendogli fare o dire minchiate delle quali doppo avrebbe dovuto pentirsi.

Il giro di boa
Nuttata fitusa, 'nfami, tutta un arramazzarsi, un votati e rivotati, un addrummisciti e un arrisbigliati, un susiti e un curcati. E non per colpa di una mangiatina eccessiva di purpi a strascinasali o di sarde a beccafico fatta la sira avanti, perchè almeno uno scascione di quell'affannata insonnia ci sarebbe stata, invece, nossignore, manco questa soddisfazione poteva pigliarsi, la sira avanti aviva avuto lo stomaco accussì stritto che non ci sarebbe passato manco un filo d'erba.

Km 123
MESSAGGI RICEVUTI
------Ester------
Non capisco xchè tuo cell da ieri pomeriggio è spento.
Ho necessità assoluta di parlarti. Chiamami

------Ester------
Ti prego ti prego ti prego. Che fine hai fatto?
Xchè non mi chiami?

------Ester------
Non riesco a capire il tuo silenzio sono tanto preoccupata.
Penso al peggio

------Ester------
Che succede? Xchè mi stai facendo tanto soffrire?
Ti devo assolutamente parlare

------Ester------
Non costringermi a telefonare a tua moglie per avere notizie.
Chiamami! Sto malissimo

Il ladro di merendine
S'arrisbigliò malamente: i linzòla, nel sudatizzo del sonno agitato per via del chilo e mezzo di sarde a beccafico che la sera avanti si era sbafàto, gli si erano strettamente arravugliate torno torno il corpo, gli parse d'essere addiventato una mummia. Si susì, andò in cucina, riaprì il frigorifero, si scolò mezza bottiglia d'acqua aggilàta. Mentre beveva, taliò fòra dalla finestra spalancata. La luce dell'alba prometteva giornata bona, il mare una tavola, il cielo chiaro senza nuvole. Montalbano, soggetto com'era al tempo che faceva, si sentì rassicurato circa l'umore che avrebbe avuto nelle ore a venire.

Un mese con Montalbano
La lettera anonima
Annibale Verruso ha scoperto che sua moglie gli mette le corna e vuole farla ammazzare. Se la cosa càpita, la responsabilità è vostra!

La lettera anonima, scritta a stampatello, con una biro nìvura, era partita da Montelusa genericamente indirizzata al Commissariato di Pubblica Sicurezza di Vigàta. L'ispettore Fazio, che era addetto a smistare la posta in arrivo, l'aveva letta e immediatamente consegnata al suo superiore, il commissario Salvo Montalbano. Il quale, quella matina, dato che tirava libeccio, era insitàto sull'agro, ce l'aveva a morte con se stesso e con l'universo criato.

Il metodo Catalanotti
S'attrovava in una radura davanti a un boschetto di castagni, il tirreno era tutto cummigliato da 'na specialità di margherite russe e gialle che lui non aviva viduto mai ma dalle quali nisciva fora un profumo che 'mbarsamava l'aria. Gli vinni gana di caminare a pedi nudi e si stava calanno per slacciarisi le scarpi quando dal boschetto sintì arrivari un forti sono di ciancianeddri.

La mossa del cavallo
"Dominivobisco."
"Etticummi spiri totò" risposero una decina di voci sperse nello scuro profondo della chiesa, rado rado punteggiato da qualche lumino e da cannìle di grasso fetente.
"Itivìnni, la missa è."
Ci fu una rumorata di seggie smosse, la prima messa del mattino era finita. Una fìmmina ebbe una botta di tosse, patre Artemio Carnazza fece una mezza inginocchiata davanti all'altare maggiore, scomparse di prescia nella sacrestia dove il sacrestano, moro di sonno com'era sempre, l'aspettava per aiutarlo a spogliarsi dei paramenti.

La paura di Montalbano
Giorno di febbre
Appena arrisbigliatosi, decise di telefonare in commissariato per avvertire che quel giorno proprio non era cosa, non ce l'avrebbe fatta ad andare in ufficio, durante la nottata una botta d'influenza l'aveva assugliato di colpo come uno di quei cani che manco abbaiano e li vedi solo quando già ti hanno azzannato alla gola. Fece per susìrisi, ma si fermò a mezzo, le ossa gli dolevano, le giunture scricchiolavano, dovette ripigliare il movimento con quatèla, finalmente arrivò all'altezza del telefono, allungò il braccio e in quel preciso momento la soneria squillò.
"Pronti, dottori? Parlo con lei di pirsona pirsonalmente? Mi arriconobbe? Catarella sono."
"Ti arriconobbi, Catarè. Che vuoi?"
"Nenti voglio, dottori."
"E allora perché mi chiami?"
"Ora vengo e mi spiego, dottori. Io di pirsona pirsonalmenti non voglio nenti da lei, ma c'è il dottori Augello che ci vorrebbe dire una cosa. Che faccio, ci lo passo o no?"
"Va bene, passamelo."
"Ristasse al parecchio che ci faccio parlari."

La pazienza del ragno
S'arrisbigliò di colpo, sudatizzo, col sciato grosso. Per qualichi secondo non capì indovi s'attrovava,doppo fu il respiro leggero e regolare di Livia addrummisciuta allato a lui a riportarlo alle dimensioni accanosciute e rassicuranti. Era nella sò cammara di letto a Marinella. A tirarlo fora dal sonno era stata una fitta gelida come una lama alla ferita della spalla mancina. Non ebbe bisogno di taliare il ralogio sul comodino per sapiri che erano le tri e mezza di notte, per la precisione le tri ,ventisette primi e quaranta secondi.

La presa di Macallè
Venne arrisbigliato, a notti funna, da un gran catunio di vociate e di chianti che veniva dalla càmmara di mangiari. Ma era cosa stramma assà pirchì tanto le vociate quanto i chianti erano assufficati, squasiche chi stava facendo catunio non vulisse fari sentiri il catunio che stava facendo.
Michilino, che era un picciliddro vicino a se' anni ma sperto, di subito, dal lettino dove stava corcato, taliò nel letto granni indovi dormivano sò patre e sò matre. Non c'erano, si erano susuti e quindi dovevano essere loro a catuniare: infatti, appizzate le grecchie, sentì distintamente che a fare vociate che non si capivano e a chiangiri era 'a mamà, mentre inveci 'u papà ogni tanto interveniva a mezza voce:
"Basta, Ernestì! Basta che stai arrisbigliando 'u paìsi! Accura, Ernestì, che se m'incazzo io finisce a schifìo!".

La prima indagine di Montalbano
I dù òmini che sinni stavano arriparati sutta la tettoia che era stata messa alla firmata, aspittando con santa pacienza l'arrivata della circolare notturna, macari senza acconoscersi si scangiarono un surriseddro pirchì da dintra di un grosso scatolone di cartone arrovisciato in un angolo proveniva un runfuliare accussì forte e persistente che manco una sega elettrica. Un povirazzo, un pizzente certamente, che aveva trovato provisorio riparo al friddo e all'acqua di cielo e che, conortato da quel tanticchia di calore del suo stesso corpo che il cartone tratteneva, aveva addiciso che la meglio era inserrare gli occhi, futtirisinni di lu munnu sanu sanu e bonanotti. Finalmente la circolare arrivò, i dù òmini acchianarono, ripartì. Di cursa arrivò uno: "Ferma! Ferma!". Il conducente sicuramente lo vitti, ma tirò di longo.

Privo di titolo
Verso la metà d'aprile del 1941, il professore di cultura militare del ginnasio-liceo "Empedocle" di Giurgenti, avvocato Francesco Mormino, principiò, previa autorizzazione del signor preside s'intende, a firriare classi classi per spiegare a noi alunni (io allora andavo in prima liceo), il comu e il pirchì della grande adunata giovanilfascista che si sarebbe svolta a Caltanissetta il 21 di quello stesso mese.
E correva voce che a quell'adunata avrebbero partecipato macari avanguardisti e giovani italiane di tutte le altre province siciliane.
Nella nostra classe il professore avvocato Mormino s'appresentò a mezza matinata interrompendo una tirribili interrogazione di greco. E perciò fu ricevuto dalla classe in piedi, venne salutato romanamente e ricevette uno spontaneo applauso liberatorio.

Il re di Girgenti
Ora comu ora, i Zosimo se la passavano bona. Ma sidici anni avanti, quanno erano di frisco maritati, Gisuè e Filònia la fame nìvura avevano patito, quella che ti fa agliuttiri macari il fumo di la lampa. Erano figli e niputi di giornatanti e giornatanti essi stessi, braccianti agricoli stascionali che caminavano campagne campagne a la cerca di travaglio a sicondo del tempo dei raccolti e quanno lo trovavano, il travaglio, potevano aviri la furtuna di mangiare per qualiche simanata, pre sempio una scanata di pane con la calatina, il companaticu ca poteva essere un pezzo di cacio, una sarduzza salata, una caponatina di milanciani.

Riccardino
Il tilefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parsi, doppo ore e ore passate ad arramazzarisi ammatula dintra al letto. Le aviva spirimintate tutte, dalla conta delle pecore alla conta senza pecore, dal tintari d'arricordarisi come faciva il primo canto dell'Iliade a quello che Cicerone aviva scrivuto al comincio delle Catilinari. Nenti, non c'era stato verso. (2020)

Il telefono sonò che era appena appena arrinisciuto a pigliari sonno, o almeno accussì gli parse, doppo ore e ore passate ad arramazzarisi a vacante dintra al letto. Le aviva spirimintate tutte, dalla conta delle pecore alla conta senza pecore, dal tentare d'arricordarsi come faciva il primo canto dell'Iliade a quello che Cicerone aviva scrivuto al comincio della Catilinaria, nenti, non c'era stato verso. (2005)

La scomparsa di Patò

L'ARALDO DI MONTELUSA
Gerente: Pasquale Mangiaforte      Giovedì, 20 marzo 1890

Il "Mortorio" a Vigàta

Ieri ci pervenne notizia de' preparativi che a Vigàta fervono in vista della rappresentazione del "Mortorio" che avverrà domani 21, giorno di Venerdì Santo, come tradizionalmente usasi ripetere da una ventina d'anni a questa parte. Alla rappresentazione, alla quale si darà comincio alle ore 3 e mezza del dopopranzo, assisteranno S.E. Reverendissima il Vescovo di Montelusa, Boscaini Monsignor Angelo; S.E. il Prefetto, Tirirò Grande Ufficiale Francesco; il Questore, Bonafede Commendator Liborio; il Comandante la guarnigione, Bousquet Colonnello Emilio; il Comandante dei Reali Carabinieri di Montelusa, Bosisio Capitano Arturo Carlo; il Comandante la Capitaneria di Porto, Benvenuto Capitano Ortensio; il Sindaco, Caruana Cavaliere Antonio e il Consiglio Comunale al completo.

La setta degli angeli
"Se i signori soci vogliono prestare un momento d'attenzione" fici don Liborio Spartà, presidenti del circolo "Onore & Famiglia", "vorrei aprire l'urna e procedere al conteggio delle palline".
Nel saloni, il chiacchiario tra i soci s'astutò a picca a picca fino a un relativo silenzio. Relativo pirchì don Anselmo Buttafava si era come al solito addrummisciuto supra alla pultruna addamascata nella quali s'assittava da trent'anni e passa e runfuliava accussì forti che i vitra del balcuni che aviva davanti trimoliavano a leggio. Macari quanno, 'na decina d'anni avanti, avivano cangiato tutto il mobilio del circolo, quella pultruna avivano dovuto lassarla a esclusivo uso e consumo di don Anselmo, non c'era stato verso.

La stagione della caccia
Il pacchetto a vapore che faceva navetta postale da Palermo, il "Re d'Italia" - ma dai siciliani testardamente continuato a chiamare "Franceschiello" per un miscuglio di abitudine, luffarìa e omaggio al re borbone che aveva istituito il servizio - attraccò, spaccando il minuto, alle due dopopranzo del capodanno del 1880, nel porto di Vigàta.
Mentre dalla traballanti farlacche prontamente accostate al fianco del postale s'avventavano a terra i passeggeri di stiva in un subisso di vociare saluti pianti ceste di frutta sacchi di patate carusi panieri di pane mazzi di galline e pietre di sale, da una più dignitosa ma peggio traballante biscaglina rigida principiarono a scendere quattro passeggeri di gabina debitamente riveriti dal capitano Cumella, ralogio alla mano a significare che lui e la sua nave, mare d'oglio o mare d'aceto, sempre puntuali s'appresentavano.

La voce del violino
Che la giornata non sarebbe stata assolutamente cosa il commissario Salvo Montalbano se ne fece subito persuaso non appena raprì le persiane della càmmara da letto. Faceva ancora notte, per l`alba mancava perlomeno un`ora, però lo scuro era già meno fitto, bastevole a lasciar vedere il cielo coperto da dense nuvole d`acqua e, oltre la striscia chiara della spiaggia, il mare che pareva un cane pechinese. Dal giorno in cui un minuscolo cane di quella razza, tutto infiocchettato, dopo un furioso scaracchìo spacciato per abbaiare, gli aveva dolorosamente addentato un polpaccio, Montalbano chiamava così il mare quando era agitato da folate brevi e fredde, che provocavano miriadi di piccole onde sormontate da ridicoli pennacchi di schiuma. Il suo umore s`aggravò, visto e considerato che quello che doveva fare in matinata non era piacevole: partire per andare a un funerale.


Leonardo Cammarano (1930-2022)

Il Paese degli zii ed altre novelle filosofiche
I luoghi dell'infanzia appaiono immiseriti a chi vi torni adulto, lo sanno tutti. E tutti sanno che questa ripetuta esperienza suscita talora un triste presagio: anche le cose oggi per noi decisive e importanti potrebbero rivelarsi un giorno irrilevanti e mediocri. I vecchi, volgendo al passato uno sguardo ormai estraneo, non valutano forse sorridendo, talora francamente ridendo, l'intero corso della loro vita?


Luis Vaz de Camões (1525-1580)

Os Lusíadas
As armas e os barões assinalados,
Que da ocidental praia Lusitana,
Por mares nunca de antes navegados,
Passaram ainda além da Taprobana,
Em perigos e guerras esforçados,
Mais do que prometia a força humana,
E entre gente remota edificaram
Novo Reino, que tanto sublimaram;
I Lusiadi
L'armi ed i gentiluomini famosi
che dall'estrema riva lusitana
per mari inesplorati e tenebrosi
si spinsero fin oltre Taprobana
guerre e rischi affrontando numerosi
molto al di sopra d'ogni forza umana;
e che eressero regni, nei remoti
lidi, da loro resi illustri e noti;

(Traduzione: Riccardo Averini)


Ferdinando Camon (1935)

Un altare per la madre
Davanti alla chiesa si era formata una piccola folla, ragazzi. donne e uomini di tutte le età, che si andavano raggruppando secondo i gradi di parentela o secondo il caso: bastava che uno dicesse una parola e un altro rispondesse perché tra loro due si facessero compagnia. Io mi sono ritrovato solo e ultimo.
Alcuni ragazzi han sollevato la bara a spalla e si sono avviati attraverso la campagna, gli altri dietro, in fila indiana.


Sergio Campailla (1945)

Il segreto di Nadia B. La musa di Michelstaedter tra scandalo e tragedia
Un frullo d'ali fu la prima reazione.
Uno sparo? Uno sparo nella centralissima e raffinata piazza Vittorio Emanuele?
Uno stormo di piccioni si levò in alto, timoroso e insieme allegro. Si udì un grido di donna. Ma si alzarono anche altre grida, laceranti. Dal vico Caffè e birreria Paszkowski, dai loggiati del Gambrinus, dai Magazzini Morandi si vide gente correre verso il centro della piazza. In pochi istanti tutti si affacciavano alle porte, chiedevano notizie, si affannavano verso il luogo dell'assembramento.


Tommaso Campanella (1568-1639)

La città del sole
INTERLOCUTORI
OSPITALARIO e GENOVESE NOCHIERO DEL COLOMBO

OSPITALARIO - Dimmi, di grazia, tutto quello che t'avvenne in questa navigazione.
GENOVESE - Già t'ho detto come girai il mondo tutto e poi come arrivai alla Taprobana, e fui forzato metter in terra, e poi, fuggendo la furia di terrazzani, mi rinselvai, ed uscii in un gran piano proprio sotto l'equinoziale.
OSPITALARIO - Qui che t'occorse?
GENOVESE - Subito incontrai un gran squadrone d'uomini e donne armate, e molti di loro intendevano la lingua mia, li quali mi condussero alla Città del Sole.


Achille Campanile (1900-1977)

Agosto, moglie mia non ti conosco
"Figliuolo."
"Papà."
"Questo mi pare proprio l'albergo che fa per noi."
"Te lo stavo per dire."
"Pulito. Elegante. Almeno a giudicare dall'esterno. Ci staremo come papi. E di': sei contento di questo matrimonio?"
"Se sei contento tu, sono contento anch'io."
"Ma sei tu che devi sposare, figlio mio."
"Sono io? Oh, credevo che fossi tu."

Amiamoci in fretta
Erano circa le 7 di sera. Chiamai:
"Battista".
Nel tardo pomeriggio estivo, Battista dormiva seduto.
"Un momento," mi disse, senza aprir gli occhi "sto facendo un sogno importante."
L'eterno sognatore! Battista è superstizioso, crede ai sogni e, per trarre presagi, dorme spesso la notte e qualche volta un poco il giorno.
"Hai finito?" gli chiesi dopo qualche minuto.
Battista s'alzò.
"Continuerò dopo" disse.

Cantilena all'angolo della strada
La pretesa freschezza della natura all'alba è un'illusione. Tutto è così come l'avevamo lasciato al sopraggiungere della notte. Giacciono, sparsi sul lastrico della città, i rottami del giorno precedente. Senza contare che, in tutto il mondo, continuamente fa giorno. Se il telefono ce lo comunicasse, udiremmo a ogni istante, del giorno e della notte: spunta il sole, spunta il sole, spunta il sole. Vero è che riceveremmo continuamente altrettanti annunzi: il sole tramonta, il sole tramonta, il sole tramonta. Perciò, quando sembra che, al primo raggio che indora i fili di ragno fra i cespugli bagnati di rugiada, tutto il creato canti: "È giorno, è giorno", non è tutto il Creato che canta, e in quel momento c'è anche a qualche distanza da noi un luogo dove, sentendosi il primo brivido della sera, pare che il Creato mormori sul pianto delle cose: "Pentimento, pentimento, il giorno è finito!" Ma anche qui non è tutto il Creato, è un piccolo punto del Creato.

Celestino e la famiglia Gentilissimi
Miei cari,
vi ho promesso esatte relazioni della villeggiatura che sto facendo in questa amena spiaggia, ospite nella villa dei conti Gentilissimi, e voi sapete che non son uomo da non tener fede alla parola. Vi descriverò, per cominciare, la scena del mio arrivo, così come ho potuto ricostruirla per mezzo di frasi udite attraverso la parete di comunicazione.
Sono arrivato ch'era vicino mezzogiorno. Non avevo dato alcun preavviso, perché volevo fare un'improvvisata, e anche per evitare che i signori Gentilissimi mi facessero dire che non erano in casa. Quando Amalasunta, la cameriera, è venuta ad aprirmi la porta e mi ha visto con le mie due valige, mi ha fatto un mondo di feste.
- Accomodatevi, - mi ha detto - avverto subito i signori.
Mentre aspettavo, ho potuto intercettare dalla stanza accanto il seguente dialogo, benché esso si svolgesse a bassa voce:
DOMESTICA - C'è il signor Celestino.
CONTESSA GENTILISSIMI - Il signor Celestino? E che vuole?
CONTE GENTILISSIMI - Sarà venuto dalla città. Hai detto che ci siamo?
DOMESTICA - Sì.
CONTE GENTILISSIMI - Accidenti alla cretina che sei.

Chiarastella
Era vicina l'ora del tramonto e le sabbie, dopo avere scottato per una intera giornata, divenivano a poco a poco fresche. Nulla è più dolce di questa ora nel deserto. Il cielo prendeva colore e, avendo il sole quasi raggiunto l'estremo limite dell'orizzonte, la mia ombra s'allungava smisurata dietro di me.Nella grande solitudine non s'udiva il minimo rumore e qualche alito di vento, portando l'annuncio dell'imminente freschezza, pareva dire: Fra poco, qui, si farà una notte che nessuno vedrà.
Quando, all'improvviso, udii gridare: - Si tolga, si tolga di là! Presto!

Giovinotti, non esageriamo!
Il 12 di quel mese, sapete, quel mese così conosciuto, di cui si parla tanto, specialmente in poesia, ma sì, quel mese che fa rima con quella cosa, ce l'ho sulla punta della lingua.
Insomma il 12 di quel mese, al Chrystal Palace di Londra i 200.001 occhi degli spettatori che assistevano a una partita di calcio...
"Oh," diranno i lettori "c'era uno spettatore con un occhio di più."
No. C'era uno spettatore con un occhio di meno.
Un simpatico vecchietto a nome Peterson, che non mancava mai alle grandi partite di calcio, dovunque esse si svolgessero. Per assistervi, quest'uomo irrequieto compiva lunghi viaggi e spendeva un monte di quattrini. Una volta, in un resoconto, si lesse che la partita era seguita da centotrentamila occhi.
"Oh," dissero tutti "è morto Peterson."

In campagna è un'altra cosa
Giovedì.

Eccomi in campagna a visitare i miei possedimenti.
(Posseggo, difatti, in questa ubertosa regione, uno zio, una zia e due cugini.)

LO ZIO ALESSANDRO.

Mio zio vorrebbe che m'alzassi presto la mattina, per godere lo spettacolo della natura. Benedetto uomo. Gli dico: "Guardalo tu e riferiscimi". Ma non ci sente da quest'orecchio e insiste. L'umanità si divide in due categorie: quelli che s'alzan tardi e quelli che s'alzan presto. I primi se ne stanno tranquilli e buoni. Gli altri, invece, sostengono a spada tratta la necessità per tutti d'alzarsi presto.

Ma che cosa è quest'amore?
Alle 7 del mattino, Carl'Alberto entrò nella stazione di Roma e un facchino l'accompagnò al treno di Napoli.
"Veramente" osservò il giovane "io debbo andare a Firenze."
"Salga!" disse il facchino.
"Sempre prepotenze!" mormorò Carl'Alberto, prendendo posto nel treno di Napoli.
Mancava qualche minuto alla partenza.

Il povero Piero
La stanza da letto di Piero era caratterizzata dal disordine tipico delle camere dove da tempo giace un ammalato, che quasi non riceve visite, all'infuori di quelle del medico a ore fisse, le quali lasciano il tempo che trovano. I primi tempi veniva anche qualche amico, o, un po' meno, qualche parente. Poi, come succede, visto che la cosa prendeva per le lunghe non venne più nessuno. L'ultima volta, dopo una silenziosa e noiosa sosta accanto al letto (non sapevano di che cosa parlare), i visitatori, andandosene, dissero a bassa voce, sulla porta, alla moglie: "Ci avverta, se c'è qualcosa di nuovo": intendendo: "Se avviene la catastrofe". E lasciarono il numero del telefono. La moglie promise di telefonare; ma le cose erano stazionarie, non c'erano state necessità di chiamate, e nessuno s'era più fatto vivo.

Se la luna mi porta fortuna
È un peccato che lo spettacolo della levata del sole si svolga la mattina presto. Perché non ci va nessuno. D'altronde, come si fa ad alzarsi a quell'ora? Se si svolgesse nel pomeriggio o, meglio, di sera sarebbe tutt'altro. Ma così come stanno le cose, va completamente deserto ed è sprecato. Soltanto se un geniale impresario lo facesse diventare alla moda, vedremmo la folla elegante avviarsi di buon'ora in campagna per occupare i posti migliori; in questo caso, pagheremmo persino il biglietto, per assistere alla levata del sole, e prenderemmo in affitto i binocoli. Ma per ora allo spettacolo si trova presente qualche raro zotico che non lo degna nemmeno d'una occhiata e preferisce occuparsi di patate, o di pomodori.


Rossana Campo (1963)

L'attore americano
Questa giornata d'ottobre è iniziata con un'aura di aggressività e sfiga che aleggia tutt'intorno, a cominciare dal cielo parigino grigio piombo, dalla pioggia sottile e continua, una rottura di coglioni che dura da più di una settimana e non ha nessuna intenzione di finirla lì. D'accordo che la vita è una continua mutazione ma ci sono di queste giornate che iniziano col cattivo umore e magari sembra che possono andare a finire anche peggio.
Poi c'è la storia che sarebbe anche il giorno di compleanno della sottoscritta e forse dovrei fare un tentativo per organizzare qualcosa, una cena, quattro amici raccattati in giro.

Mai sentita così bene
Quella paracula della mia amica, la Monica, ne ha combinata un'altra delle sue. Ore nove e tre quarti mattutine e quella tutta isterica e schizzata c'ha già una parlantina da stenderti secca. Io ancora in coma per il risveglio pessimo, bocca impastata, pensieri allucinati, e lei a urlare nella cornetta: Oè, testona, che fine hai fatto? Che stavi facendo, porcate?
Io dico: Niente, due esercizi di danza del dragone...
CHEEEE??!
Ripeto: Danza del dragone.
E lei: Danza del dragone! Adesso si chiama così?


Albert Camus (1913-1960)

La chute
Puis-je, monsieur, vous proposer mes services, sans risquer d'être importun? Je crains que vous ne sachiez vous faire entendre de l'estimable gorille qui préside aux destinées de cet établissement. Il ne parle, en effet, que le hollandais. A moins que vous ne m'autorisiez à plaider votre cause, il ne devinera pas que vous désirez du genièvre. Voilà, j'ose espérer qu'il m'a compris; ce hochement de tête doit signifier qu'il se rend à mes arguments. Il y va, en effet, il se hâte, avec une sage lenteur. Vous avez de la chance, il n'a pas grogné. Quand il refuse de servir, un grognement lui suffit: personne n'insiste.
La caduta
Potrei, egregio signore, senza rischiare d'importunarla, offrirle i miei servizi? Temo che lei non sappia farsi intendere dall'esimio gorilla che presiede ai destini di questo locale. In effetti, egli parla soltanto olandese. Se non mi autorizza a patrocinare la sua causa, non indovinerà che lei desidera del ginepro. Ecco, oso sperare che m'abbia capito; quella scrollata di capo deve significare che si arrende alle mie ragioni. Infatti si muove, si affretta con saggia lentezza. Lei è fortunato, non brontola. Quando si rifiuta di servire, gli basta un brontolio: nessuno insiste.

(Traduzione: Sergio Morando)

L'étranger
Aujourd'hui, maman est morte. Ou peut-être hier, je ne sais pas. J'ai reçu un télégramme de l'asile: "Mère décédée. Enterrement demain. Sentiments distingués." Cela ne veut rien dire. C'était peut-être hier.
L'asile de vieillards est à Marengo, à quatre-vingts kilomètres d'Alger. Je prendrai l'autobus à deux heures et j'arriverai dans l'après-midi. Ainsi, je pourrai veiller et je rentrerai demain soir. J'ai demandé deux jours de congé à mon patron et il ne pouvait pas me les refuser avec une excuse pareille. Mais il n'avait pas l'air content. Je lui ai même dit: "Ce n'est pas de ma faute." Il n'a pas répondu. J'ai pensé alors que je n'aurais pas dû lui dire cela.
Lo straniero
Oggi la mamma è morta. O forse ieri, non so. Ho ricevuto un telegramma dall'ospizio: "Madre deceduta. Funerali domani. Distinti saluti." Questo non dice nulla: è stato forse ieri.
L'ospizio dei vecchi è a Marengo, a ottanta chilometri da Algeri. Prenderò l'autobus delle due e arriverò ancora nel pomeriggio. Così potrò vegliarla e essere di ritorno domani sera. Ho chiesto due giorni di libertà al principale e con una scusa simile non poteva dirmi di no. Ma non aveva l'aria contenta. Gli ho persino detto: "Non è colpa mia." Lui non mi ha risposto. Allora ho pensato che non avrei dovuto dirglielo.

(Traduzione: Alberto Zevi)

L'exil et le royaume (L'esilio e il regno)
Una mosca magra volava da qualche istante in quella corriera dai vetri ermeticamente chiusi. Inconsueta, andava e veniva senza far rumore, con un volo estenuato. Janine la perse di vista, poi la vide atterrare sulla mano immobile di suo marito. Faceva freddo. Ad ogni raffica del vento sabbioso che strideva sui vetri, la mosca aveva un fremito. Nella luce rara di quel mattino d'inverno, il veicolo avanzava a stento, beccheggiando, con gran fragore di lamiere e d'assali. Janine guardava suo marito. Spighe di capelli grigi piantati bassi sulla fronte angusta, naso largo, bocca irregolare. Marcel sembrava un fauno imbronciato.
(Traduzione: Sergio Morando)

L’Homme révolté
Qu'est-ce qu'un homme révolté? Un homme qui dit non. Mais s'il refuse, il ne renonce pas: c'est aussi un homme qui dit oui, dès son premier mouvement. Un esclave, qui a reçu des ordres toute sa vie, juge soudain inacceptable un nouveau commandement. Quel est le contenu de ce “non”? Il signifie, par exemple, “es choses ont trop duré”, “jusque-là oui, au-delà non”, “vous allez trop loin”, et encore, “il y a une limite que vous ne dépasserez pas”. En somme, ce non affirme l'existence d'une frontière. On retrouve la même idée de limite dans ce sentiment du révolté que l'autre “exagère”, qu'il étend son droit au-delà d'une frontière à partir de laquelle un autre droit lui fait face et le limite. Ainsi, le mouvement de révolte s'appuie, en même temps, sur le refus catégorique d'une intrusion jugée intolérable et sur la certitude confuse d'un bon droit, plus exactement l'impression, chez le révolté, qu'il est “en droit de…”. La révolte ne va pas sans le sentiment d'avoir soi-même, en quelque façon, et quelque part, raison. C'est en cela que l'esclave révolté dit à la fois oui et non. Il affirme, en même temps que la frontière, tout ce qu'il soupçonne et veut préserver en deçà de la frontière. Il démontre, avec entêtement, qu'il y a en lui quelque chose qui “vaut la peine de... “, qui demande qu'on y prenne garde. D'une certaine manière, il oppose à l'ordre qui l'opprime une sorte de droit à ne pas être opprimé au-delà de ce qu'il peut admettre.
L’uomo in rivolta
Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice di no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando. Qual è il contenuto di questo “no”? Significa, per esempio, “le cose hanno durato troppo”, “fin qui sì, al di là, no”, “vai troppo in là” e anche “c’è un limite oltre il quale non andrai”. Insomma, questo no afferma l’esistenza di una frontiera. Si ritrova la stessa idea di limite nell’impressione dell’uomo in rivolta che l’altro “esageri”, che estenda il suo diritto al di là di un confine oltre il quale un altro diritto gli fa fronte e lo limita. Così, il momento di rivolta poggia, ad un tempo, sul rifiuto categorico di un’intrusione giudicata intollerabile e sulla certezza confusa di un buon diritto, o più esattamente sull’impressione, nell’insorto, di avere “il diritto di…”. Non esiste rivolta senza la sensazione d’avere in qualche modo, e da qualche parte, ragione. Appunto in questo lo schiavo in rivolta dice ad un tempo di sì e di no. Egli afferma, insieme alla frontiera, tutto ciò che avverte e vuol preservare al di qua della frontiera. Dimostra, con caparbietà, che c’è in lui qualche cosa per cui “vale la pena di…”, qualche cosa che richiede attenzione. In certo modo, oppone all’ordine che l’opprime una specie di diritto a non essere oppresso al di là di quanto egli possa ammettere.

(Traduzione: Liliana Magrini)

Lettres à un ami allemand (Lettere a un amico tedesco)
Lei mi diceva: "La grandezza del mio paese non ha prezzo. È buono tutto quanto a questa grandezza contribuisce. E in un mondo nel quale non vi è più nulla che abbia senso, coloro che, come noi, giovani tedeschi, hanno la fortuna di trovarne uno nel destino della loro nazione, devono sacrificargli tutto." Le volevo bene, allora, ma è già da quel tempo che cominciavo ad allontanarmi da lei: "No" - le dicevo - "non posso credere che si debba asservire tutto allo scopo che si persegue. Vi sono mezzi che non si giustificano. Io vorrei poter amare il mio paese pur amando nel tempo stesso la giustizia.
(Traduzione: Maria Vasta Dazzi)

Le mythe de Sisyphe
Il n'y a qu'un problème philosophique vraiment sérieux: c'est le suicide. Juger que la vie vaut ou ne vaut pas la peine d'être vécue, c'est répondre à la question fondamentale de la philosophie. Le reste, si le monde a trois dimensions, si l'esprit a neuf ou douze catégories, vient ensuite. Ce sont des jeux; il faut d'abord répondre. Et s'il est vrai, comme le veut Nietzsche, qu'un philosophe, pour être estimable, doive prêcher d'exemple, on saisit l'importance de cette réponse puisqu'elle va précéder le geste définitif. Ce sont là des évidences sensibles au cœur, mais qu'il faut approfondir pour les rendre claires à l'esprit.
Il mito di Sisifo
Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. Il resto - se il mondo abbia tre dimensioni o se lo spirito abbia nove o dodici categorie - viene dopo. Questi sono giuochi: prima bisogna rispondere. E se è vero, come vuole Nietzsche, che un filosofo, per essere degno di stima, debba predicare con l’esempio, si capisce l’importanza di tale risposta, che dovrà precedere il gesto definitivo. Queste sono evidenze sensibili per il cuore che però devono venir approfondite per essere rese chiare allo spirito.

(Traduzione: Attilio Borelli)

La peste
Les curieux événements qui font le sujet de cette chronique se sont produits en 194..., à Oran. De l'avis général, ils n'y étaient pas à leur place, sortant un peu de l'ordinaire. A première vue, Oran est, en effet, une ville ordinaire et rien de plus qu'une préfecture française de la côte algérienne.
La cité elle-même, on doit l'avouer, est laide. D'aspect tranquille, il faut quelque temps pour apercevoir ce qui la rend différente de tant d'autres villes commerçantes, sous toutes les latitudes.
La peste
I singolari avvenimenti che dànno materia a questa cronaca si sono verificati nel 194... a Orano; per opinione generale, non vi erano al loro posto, uscendo un po' dall'ordinario: a prima vista, infatti, Orano è una città delle solite, null'altro che una prefettura francese della costa algerina.
La città in se stessa, bisogna riconoscerlo, è brutta. Di aspetto tranquillo, occorre qualche tempo per accorgersi di quello che la fa diversa da tante altre città mercantili, sotto tutte le latitudini.

(Traduzione: Beniamino Dal Fabbro)


Jean-Pierre Camus (1584-1652)

Palombe ou La femme honorable: histoire catalane
Tarragone est une cité fort ancienne; autresfois non seulement la capitale de Catalogne, mais qui donnoit le nom à cette partie d'Espagne, qui de son nom s'appelloit Tarraconoise, et qui comprenoit une grande part de l'Arragon, avec le royaume de Valence, et le païs des catalans. Maintenant elle est descheuë de cette magnificence et splendeur que l'histoire luy donne, parce que la ville jadis edifiee par le Comte De Barcine, à present appellee Barcelonne, soit pour la bonté de sa plage, soit pour le voiage de la mer, soit pour la commodité du port, soit pour la fertilité de son champ, s'estant renduë plus grande et plus peuplee.
Paloma o la donna onorevole: storia catalana
Tarragona è una città molto antica; ai suoi tempi non era soltanto la capitale della Catalogna, ma dava il nome a quella parte della Spagna che si chiamava appunto Tarragonese, e che comprendeva gran parte dell'Aragona, il regno di Valencia e le terre dei catalani. Ora è decaduta dalla magnificenza e dallo splendore datole dalla storia, in quanto la città un tempo edificata dal Conte di Barcine, ora chiamata Barcellona, per la bellezza delle sue spiagge e del panorama sul mare, per la comodità del porto, per la fertilità dei campi, è diventata sempre più grande e popolata.


Alessandro Canale (1959)

Razza canara
Pennacchi
Mi' padre manco pe' 'r cazzo che era normale. Solo che a quer tempo a nnoi 'n ce pareva. Pe' nnoi magari 'n giorno poteva esse 'n pezzo de mmerda, e quello dopo magari 'n bastardo o 'n fio de 'na mignotta. Ma che non era normale non ciavevàmo mai penzato. Ma poi che voleva di' esse normale? Che faceva chi era normale che Pennacchi non faceva? Magna' magnava, beve beveva, se sedeva, camminava, corèva. 'Nzomma quello che faceva lui, a Lanuvio più o mmeno 'o facevano tutti. E come 'o faceva, pe' mme e pe' mmi' fratello erano cazzi sua. 'A verità vvera è che mi' padre era dentro 'a capoccia che non era normale. Ma a quer tempo non è che ciavevàmo 'r cervello pe' capillo.


Elias Canetti (1905-1994)

Die Blendung (Auto da fé)
"Che fai qui, ragazzo?"
"Niente".
"E allora perché ci stai?".
"Così...".
"Sai già leggere?".
"Oh sì".
"Quanti anni hai?".
"Nove compiuti".
"Cosa ti piace di più: una tavoletta di cioccolata o un libro?".
"Un libro".
"Davvero? Ma bravo. Allora è per questo che te ne stai qui?".
"Sì".
"E perché non l'hai detto subito?".
"Papà mi sgrida".
"Ah, ecco. Come si chiama tuo padre?".
"Franz Metzger".

(Traduzione: Luciano e Bianca Zagari)

Die gerettete Zunge (La lingua salvata)
Il mio più lontano ricordo è intinto di rosso. In braccio a una ragazza esco da una porta, davanti a me il pavimento è rosso e sulla sinistra scende una scala pure rossa. Di fronte a noi, sul nostro stesso piano, si apre una porta e ne esce un uomo sorridente che mi si fa incontro con aria gentile. Mi viene molto vicino, si ferma e mi dice: "Mostrami la lingua!". Io tiro fuori la lingua, lui affonda una mano in tasca, ne estrae un coltellino a serramanico, lo apre e con la lama mi sfiora la lingua. Dice: "Adesso gli tagliamo la lingua". Io non oso ritirarla, l'uomo si fa sempre più vicino, ora toccherà la lingua con la lama. All'ultimo momento ritira la lama e dice: "Oggi no, domani". Richiude il coltellino con un colpo secco e se lo ficca in tasca.
(Traduzione: Amina Pandolfi e Renata Colorni)

Masse und Macht (Massa e potere)
Nulla l'uomo teme di più che essere toccato dall'ignoto. Vogliamo vedere ciò che si protende dietro di noi; vogliamo conoscerlo, o almeno classificarlo. Dovunque, l'uomo evita di essere toccato da ciò che gli è estraneo. Di notte o in qualsiasi tenebra il timore suscitato dall'essere toccati inaspettatatamente può crescere fino al panico. Tutte le distanze che gli uomini hanno creato intorno a sè sono dettate dal timore di essere toccati. Ci si chiude nelle case, in cui nessuno può entrare; solo là ci si sente relativamente al sicuro. La paura dello scassinatore non si riferisce soltanto alle sue intenzioni, ma è anche timore di qualcosa che dal buio, all'improvviso e inaspettatamente, si protende per agguantarci. La mano configurata ad artiglio è usata continuamente come simbolo di quel timore.
(Traduzione: Furio Jesi)


Ricardo Cano Gaviria (1946)

El pasajero Walter Benjamin (Il passeggero Walter Benjamin)
Il pomeriggio del mercoledì 25 settembre del 1940, lo scrittore ebreo-tedesco Walter Benjamin, di quarantotto anni d'età, dopo un'estenuante marcia di sette ore attraverso i Pirenei, arrivò al posto di frontiera di Port-Bou con il proposito di attraversare la Spagna e raggiungere il porto di Lisbona. Nel suo magro fardello di fuggitivo da Hitler, ridotto a una semplice borsa, portava, tra le altre cose, un biglietto di nave per New York e un breve manoscritto sul reale senso dell'idea di progresso, che oggi occupa un posto di rilievo nella parte filosofica delle sue Opere Complete.
(Traduzione: Alessandro Rocco)


Riccardo Capoferro (1975)

Oceanides
A detta di molti, il Nuovo Mondo pullulava di mostri: giganti, ciclopi, bestie dal muso di volpe, le orecchie di gufo e le chiappe di scimmia. Ma io non ne vidi mai. Solo una volta, esplorando la giungla di Darien, vidi un serpente guizzare con grazia sinistra in un intrico di mangrovie, e mi parve di scorgere una testa – una seconda testa – lì dove secondo natura ci sarebbe dovuta essere una coda. Ma quando mi avvicinai per guardare non c'era più niente, e tutt'intorno si agitava una moltitudine di creature, scolpite dall'ombra e dalla luce.


Truman Capote (1924-1984)

Answered Prayers
Somewhere in this world there exists an exceptional philosopher named Florie Rotondo.
The other day I came across one of her ruminations printed in a magazine devoted to the writings of schoolchildren. It said: If I could do anything, I would go to the middle of our planet, Earth, and seek uranium, rubies, and gold. I'd look for Unspoiled Monsters. Then I'd move to the country. Florie Rotondo, age eight.
Florie, honey, I know just what you mean - even if you don't: how could you, age eight?
Preghiere esaudite
In qualche parte del mondo esiste una filosofa straordinaria che si chiama Florie Rotondo.
L'altro giorno mi sono imbattuto in una delle sue riflessioni, stampata da una rivista consacrata agli scritti degli scolaretti. Diceva: "Se potessi fare quel che voglio, andrei al centro del nostro pianeta, la Terra, a cercare uranio, rubini e oro. Cercherei anche i Mostri non rovinati. Poi mi trasferirei in campagna. Florie Rotondo, 8 anni".
Florie, tesoro, io so cosa intendi dire - anche se tu non lo sai: come potresti a otto anni?

(Traduzione: Ettore Capriolo)

Breakfast at Tiffany's
I am always drawn back to places where I have lived, the houses and their neighborhoods. For instance, there is a brownstone in the East Seventies where, during the early years of the war, I had my first New York apartment. It was one room crowded with attic furniture, a sofa and fat chairs upholstered in that itchy, particular red velvet that one associates with hot days on a train. The walls were stucco, and a color rather like tobacco-spit. Everywhere, in the bathroom too, there were prints of Roman ruins freckled brown with age. The single window looked out on a fire escape. Even so, my spirits heightened whenever I felt in my pocket the key to this apartment; with all its gloom, it still was a place of my own, the first, and my books were there, and jars of pencils to sharpen, everything I needed, so I felt, to become the writer I wanted to be.
Colazione da Tiffany
Mi sento sempre attratto dai posti dove sono vissuto, le case e i loro dintorni. Per esempio, nella Settantesima Est c'è un edificio di pietra grigia dove, al principio della guerra, ho avuto il mio primo appartamento newyorchese. Era una stanza sola affollata di mobili di scarto, un divano e alcune poltrone paffute, ricoperte di quel particolare velluto rosso e pruriginoso che ricolleghiamo alle giornate d'afa in treno. Le pareti erano a stucco, di un colore che ricordava uno sputo tabaccoso. Dappertutto, perfino in bagno, c'erano stampe di rovine romane, molto vecchie e tempestate di puntolini scuri. L'unica finestra dava sulla scala di sicurezza. Ma, anche così, mi si rialzava il morale ogni volta che mi sentivo in tasca la chiave del mio appartamento; per triste che fosse, era un posto mio, il primo, e lì c'erano i miei libri, i barattoli pieni di matite da temperare, tutto quello che mi occorreva (o così almeno pensavo) per diventare lo scrittore che volevo diventare.

(Traduzione:Bruno Tasso )

The Grass Harp
When was it that first I heard on the grass harp? Long before the autumn we lived in the China tree; an earlier autumn, then; and of course it was Dolly who told me, no one else would have known to call it that, a grass harp.
If on leaving town you take the church road you soon will pass a glaring hill of bonewhite slabs and brown burnt flowers: this is the Baptist cemetery. Our people, Talbos, Fenwicks, are buried there; mi mother lies next to my father, and the graves of kinfolk, twenty or more, are around them like the prone roots of a stony tree. Below the hill grows a field of high Indian grass that changes color with the seasons: go to see it in the fall, late September, when it has gone red as sunset, when scarlet shadows like firelight breeze over it and the autumn winds strum on its dry leaves sighing human music, a harp of voices.
Beyond the fields begins the darkness of River Woods. It must have been on one of those September days when we were there in the coods gathering roots that Dolly said: Do you hear? that is the grass harp, always telling a story - it knows the stories of all the people on the hill, of all the people who ever lived, and when we are dead it will tell ours, too.
L'arpa d'erba
Quando ho sentito parlare per la prima volta dell'arpa d'erba? Molto tempo prima di quell'autunno in cui andammo ad abitare sul sicomoro. In un autunno molto remoto, dunque; e certo fu Dolly a parlarmene, perchè nessun altro avrebbe pensato a quel nome: arpa d'erba.
Se, uscendo dalla città, imboccate la strada della chiesa, rasenterete di lì a poco una abbagliante collina di pietre candide come ossa e di scuri fiori riarsi: è il cimitero Battista. Vi sono sepolti i membri della nostra famiglia, i Talbo, i Fenwick. Mia madre riposa accanto a mio padre e le tombe dei parenti e degli affini, venti o più, sono disposte intorno a loro come radici prone di un albero di pietra. Sotto la collina si stende un campo di alta saggina, che muta di colore ad ogni stagione; andate a vederlo in autunno, nel tardo settembre, quando diventa rosso come il tramonto, mentre riflessi scarlatti simili a falò ondeggiano su di esso ed i venti dell'autunno battono sulle sue foglie secche evocando il sospiro di una musica umana, di un'arpa di voci.
Al di là del campo le tenebre del Bosco del Fiume. Fu certo in una giornata di settembre, mentre raccoglievano radici nel bosco, che Dolly disse: "Senti? È l'arpa d'erba, che racconta qualche storia. Conosce la storia di tutta la gente della collina, di tutta la gente che è vissuta, e quando saremo morti racconterà anche la nostra."

(Traduzione: Bruno Tasso)

In Cold Blood
The village of Holcomb stands on the high wheat plains of western Kansas, a lonesome area that other Kansans call "out there." Some seventy miles east of the Colorado border, the countryside, with its hard blue skies and desert-clear air, has an atmosphere that is rather more Far West than Middle West. The local accent is barbed with a prairie twang, a ranch-hand nasalness, and the men, many of them, wear narrow frontier trousers, Stetsons, and high-heeled boots with pointed toes. The land is flat, and the views are awesomely extensive; horses, herds of cattle, a white cluster of grain elevators rising as gracefully as Greek temples are visible long before a traveler reaches them
A sangue freddo
Il villaggio di Holcomb si trova sulle alte pianure di grano del Kansas occidentale, una zona desolata che nel resto della stato viene definita "laggiù". Un centinaio di chilometri a est del confine del Colorado, il paesaggio, con i suoi duri cieli azzurri e l'aria limpida e secca, ha un'atmosfera più da Far West che da Middle West. L'accento locale ha pungenti risonanze di prateria, una nasalità da bovari, e gli uomini, molti di loro, portano stretti pantaloni da cowboy, cappello a larghe tese e stivali con tacchi alti e punte aguzze. Il terreno è piatto e gli orizzonti paurosamente estesi; cavalli, mandrie di bestiame, un gruppo di solos bianchi che si elevano aggraziati come templi greci, sono visibili parecchio prima che il viaggiatore li raggiunga.

(Traduzione: Mariapaola Ricci Dèttore)


Gaetano Cappelli (1954)

Parenti lontani
Sono un orfano, un povero orfano di padre e di madre: è la prima cosa certa che so della mia vita, ma non me la prendo. Voglio dire, all'inizio sarà stata dura, solo quasi non me lo ricordo più, l'inizio. Devo aver pianto molto - come è naturale - tipo: hai quattranni e te ne stai sempre attaccato alla mamma e a un certo punto lei, tua madre, parte e tutti - le zie, gli zii, presumo - ti ripetono che è partita ma poi torna, che non è il caso di disperarti; e invece lei, mia madre, non torna.

Il primo
Stamattina sono passato sotto casa di Guido Cieli, un palazzetto con tanto di colonne corinzie nascoste tra i rampicanti, e mi sono messo a scrivere la sua storia.
A trentacinquanni e quando avevo perso ormai ogni speranza nella vita, ero tornato a essere il primo senza sprecare neppure troppa fatica: m'era bastato vendere qualche libro.
No, non li avevo scritti io - bisogna essere una specie particolare di idiota per farlo. Mi limitavo a scegliere quelli che sarebbero entrati nelle librerie, che ci sarebero rimasti il più a lungo possibile; soltanto i grandi successi hanno questo privilegio - gli altri chi li vede più dopo qualche mese - e fino a un certo momento non avevo fallito un colpo.

Storia controversa dell'inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo
A vederla luccicare tra le colline sulla stradina di campagna, la giardinetta rossa piena zeppa di bambini - bambine, nella fattispecie - sembrava venir fuori da una di quelle scene di famiglie felici che, appena possono, i pubblicitari infilano nei loro filmati. Eppure, nella macchina mancava la mamma e Riccardo Fusco, il papà dello spot, smise di scazzottare il volante solo quando s'accorse che Ofelia, la più grande delle quattro figlie, lo fissava impensierita.

La vedova, il Santo e il segreto del Pacchero estremo
Aaron Kaminsky, era lui che Vera Gallo correva a cercare ogni qual volta si svegliava in preda a uno dei suoi terribili incubi e da tre anni, da quando cioè era caduta in miseria, questo accadeva sempre più spesso. Ma parlare di miseria forse è esagerato; diremo allora che Vera non poteva più permettersi il tenore di vita di una volta.


Paola Capriolo (1962)

Il nocchiero
Anche quel giorno, nel tardo pomeriggio, si incamminò per la via in salita. Quando ebbe raggiunto l'Hotel Excelsior andò a sedersi come sempre a un tavolino del caffè e vi rimase a lungo, contemplando ora il panorama, ora l'ambiente che lo circondava. Il caffè dell'Excelsior era il più elegante della città. Non lontano dal porto, gli dava tuttavia le spalle con indifferenza, e quelle salette rivestite di damasco, quell'ampia terrazza dalla balaustra di marmo sembravano a Walter l'avamposto di un mondo più nobile e sereno, per sua natura sottratto a qualsiasi preoccupazione materiale.

La spettatrice
Nessuno può dire con esattezza come si sia compiuto il destino di Vulpius, quali eventi, quali pensieri, quali ossessioni abbiano scandito la sua vicenda. Ai compagni, agli amici non fu mai concesso di decifrare il mistero di quell'anima, e colei che forse lo scrutò più da vicino orea non è in grado di offrirci alcuna testimonianza. Persino sull'autentica natura di Vulpius, sul significato delle sue azioni e sui motivi che le determinarono, i pareri sono discordi: chi tenta di spiegarsi quegli avvenimenti incomprensibili come l'estrema conseguenza della disperazione, chi li attribuisce a un germe di follia che si sarebbe sviluppato a poco a poco nella sua mente fino a soggiogarla del tutto.


Luigi Capuana (1839-1915)

Giacinta
"Colonnello!" disse la Giacinta, attaccandoglisi familiarmente al braccio e trascinandolo un po' verso la vetrata della terrazza con vivacità fanciullesca.
"È vero" continuò, parlandogli sottovoce "che il capitano Brogini ha un'amante brutta e vecchia la quale, per giunta, lo batte?"
"Perdoni, signorina... " rispose il colonnello che a quella domanda aveva cessato di sorridere e si era fatto serio serio.
"Al solito, gli scrupoli!" esclamò la Gicinta con una mossa di dispetto che fu sul punto di compromettere la serietà dell'uffiziale. "È una scommessa; me lo dica, mi faccia questo piacere: mi sgriderà poi, se ne avrà voglia... "

Il marchese di Roccaverdina
"C'è l'avvocato," annunziò mamma Grazia affacciandosi all'uscio.
E siccome il marchese non si voltò né rispose, la vecchia nutrice, fatti pochi passi nella stanza, esclamò:
"Marchese, figlio mio, sei contento? Avremo finalmente la pioggia!"
Infatti lampeggiava e tuonava da far credere che tra poco sarebbe piovuto a dirotto, e già rari goccioloni schizzavano dentro dall'aperta vetrata del terrazzino. Il marchese di Roccaverdina, con le mani dietro la schiena, sembrava assorto nel contemplare lo spettacolo dei fitti lampi che si accendevano nell'oscurità della serata, seguiti dal quasi non interrotto reoboare dei tuoni.
"C'è l'avvocato," replicò la vecchia accostandosi.


Enzo Fileno Carabba (1966)

Pessimi segnali
Morivano di continuo, come per un'ossessione. Non li capivo. Erano dappertutto: per le case e nelle strade. Noi li portavamo via, con la sirena che urlava e incendiava l'aria. Mi sembravano tutti uccisi. Correvamo nel ghiaccio e nel sole. Incidenti, malattia, lamiere, andavamo incontro a questo senza sapere nulla. L'unica cosa che sapevo era che sicuramente esisteva un colpevole, da qualche parte. C'è sempre un colpevole.


Giulia Carcasi (1984)

Io sono di legno
Questa storia comincia di domenica e non poteva cominciare in un altro giorno.
La domenica per te è un avanzo di settimana, per me è una zingara che fruga tra scatoloni e panni usati, che cerca roba ancora buona in mezzo a quello che è stato buttato via.
Credo che i migliori propositi si facciano di domenica.
Credo che le guerre finiscano di domenica.
Credo che Ulisse sia tornato di domenica, dopo il ballo delle onde, è tornato a casa come torni tu, dopo il ballo delle onde, ogni domenica.

Ma le stelle quante sono
Io la sento nei piedi la vita, nel va e vieni di ogni giorno.
Sono le sette e mezzo e sono pronta.
Do un bacio a mia madre e uno a Milla, rubo tre biscotti alla scatola e li mangio alla fermata.
Tre biscotti, non uno di meno non uno di più.
Solita corsa per occupare un posto libero sull'autobus, una conquista che dura un attimo.
"Ragazzina, mi fai sedere? Ho mal di schiena", solito vecchio che cerca di scipparmi il posto.
Mi do un'occhiata intorno: nessuno si alza, perché io?
Solito tentativo di fare come gli altri; poi però vince la diversità: mi alzo, gli lascio il sedile.
E ora c'è proprio tutto, anche il solito "Prego".

Tutto torna
"Il mio bambino, non trovo più il mio bambino," grida una donna, s'aggrappa a chi passa.
Le chiedono: calma, cos'è successo.
Il bambino vuole camminare senza essere tenuto per mano, certe volte si impunta così tanto che lei lo lascia fare, ma lo segue con lo sguardo, sta attenta. È stato un attimo, giura, un battito di ciglia e il bambino non c'era più. Maledice se stessa.
Le chiedono com'è fatto, quanti anni ha, come si chiama.
È un bambino sensibile al buio, risponde, come bastasse a riconoscerlo tra mille, di notte vuole la luce accesa sennò non s'addormenta. Gesù, se il bambino sta al buio è capace che impazzisce. Lei ha paura soltanto al pensiero che lui possa averne, nessuno in una vita intera, nessuno potrà arrivare a conoscerlo come lei lo ha conosciuto subito da subito, sentirlo come lei fa. Si piega sulle ginocchia e nello spavento si culla.


Lara Cardella (1969)

Volevo i pantaloni
Non ho mai sognato il Principe Azzurro.
E, dalle mie parti, chi non sogna il Principe Azzurro o sogna il Re dei Cieli o non sogna proprio. Io ho sognato il Re dei Cieli da quando avevo cinque anni e mi dicevano che quel barbuto fra le nuvole, con gli occhi erranti e l'indice maestoso, era mio padre.
Non ho mai amato mio padre, quello terreno, perché mi diceva di non portare i pantaloni e di non far vedere le gambe; invece quel Padre che dall'alto mi proteggeva mi dava la speranza di poter un giorno indossare i pantaloni, come mio fratello, e di far vedere le gambe, come Angelina, la figlia dell'ingegner Carasotti.


Marie Cardinal (1929-2001)

Le mots pour le dire (Le parole per dirlo)
Era un vicolo senza uscita, col selciato in rovina, tutto buchi e cunette, con due stretti marciapiedi in parte distrutti. S'infilava come un dito screpolato tra due file di villini a uno o due piani, stretti l'uno contro l'altro. In fondo era chiuso da due cancelli coperti da una misera vegetazione. Nulla trapelava dalle sue finestre, nessun cenno di intimità, nessuna attività. Sembrava di essere in provincia, invece si era nel centro di Parigi. Non c'era miseria, ma neppure ricchezza. Qui abitava la piccola borghesia, quella che nasconde i risparmi nelle calze di lana, dietro le crepe delle facciate, le persiane sdentate, le grondaie arrugginite e i muri decrepiti che si sgretolano pezzo dopo pezzo. Ma le porte erano solide e le finestre al pianterreno protette da robuste sbarre di ferro.
(Traduzione: Natalie Banas)


Dulce Maria Cardoso (1964)

Eliete. A vida normal (Eliete. Parte I. La vita normale)
Io sono io, e vaffanculo a Salazar. Arriva un dittatore, governa il Portogallo per quasi mezzo secolo, ne passa quasi un altro mezzo dalla sua morte e poi decide di entrare nella mia vita. E all’improvviso è come se fosse sempre stato qui e si appropriasse di tutto. Mica potevo lasciarglielo fare.
Quando hanno telefonato dall’ospedale per via di nonna, mancavano più di cinque mesi alla sera del nubifragio, ma sento che è stato quello il momento in cui Salazar ha cominciato a intrufolarsi nella mia vita.

(Traduzione: Daniele Petruccioli)


Edward Carey (1970)

Heap House
It all really began, all the terrible business that followed, on the day my Aunt Rosamud's door handle went missing. It was my aunt's particular door handle, a brass one. It did not help that she had been all over the mansion the day before with it, looking for things to complain about as was her habit. She had stalked through every floor, she had been up and down staircases, opening doors at every opportunity, finding fault. And during all her thorough investigations she insisted that her door handle was about her, only now it was not. Someone, she screamed, had taken it.
I segreti di Heap House
Tutto cominciò, con il terribile pasticcio che ne seguì, il giorno in cui scomparve la maniglia da porta di mia zia Rosamud. Era la sua maniglia da porta prediletta, interamente di ottone. Il giorno prima mia zia c'era andata in giro per tutto il palazzo, in cerca di cose di cui lamentarsi, com'era sua abitudine. Si era appostata a ogni piano, era salita e scesa per le scale, aprendo porte a ogni occasione, trovando difetti. E sosteneva di aver avuto con sé la maniglia d'ottone per l'intera durata di quelle indagini, solo che adesso non c'era più. Qualcuno, strillava, l'aveva presa.

(Traduzione: Sergio Claudio Perroni)

Observatory Mansions
I wore white gloves. I lived with my mother and father. I was not a child. I was thirty-seven years old. My bottom lip was swollen. I wore white gloves though I was not a servant. I did not play in a brass band. I was not a waiter. I was not a magician. I was the attendant of a museum. A museum of significant objects. I wore white gloves so that I would not damage any of the nine hundred and eighty-six objects in the museum. I wore white gloves so that I would not have to touch anything with my bare hands. I wore white gloves so that I would not have to look at my own hands.
I lived in a city, as many people do, a small city, an unspectacular city, a not very famous city. I lived in a large building but had access only to a small part of it. Other people lived around me. I hardly knew them.
Observatory Mansions
Indossavo guanti bianchi. Vivevo con mio padre e mia madre. Non ero un bambino. Avevo trentasette anni. Il mio labbro inferiore era gonfio. Indossavo guanti bianchi anche se non ero un domestico. Non suonavo in una banda. Non facevo il cameriere. Non ero un mago. Ero il custode di un museo. Un museo di oggetti significativi. Indossavo guanti bianchi per evitare danni ai novecentottantasei oggetti contenuti in quel museo. Indossavo guanti bianchi per evitare contatti diretti alle mie mani. Indossavo guanti bianchi per evitarmi la vista delle mie mani nude. Vivevo, come capita a molta gente, in una città, una città piccola, una città insignificante, una città non molto rinomata. Vivevo in un palazzo, ma avevo accesso solo a una piccola porzione di esso. Intorno a me vivevano altre persone. Le conoscevo appena.

(Traduzione: Sergio Claudio Perroni)


Jaqueline Carey (1964)

(Phedre Trilogy)

Kushiel's Dart
Lest anyone should suppose that I am a cuckoo's child, got on the wrong side of the blanket by lusty peasant stock and sold into indenture in a shortfallen season, I may say that I am House-born and reared in the Night Court proper, for all the good it did me.
It is hard for me to resent my parents, although I envy them their naivete. No one even told them, when I was born, that they gifted me with an ill-luck name. Phedre, they called me, neither one knowing that it is a Hellene name, and cursed.
Il dardo e la rosa
Affinché nessuno possa pensare che io sia un'illegittima - la figlia bastarda di qualche contadino lussurioso, venduta con contratto a termine in un periodo di magra - devo chiarire di essere nata in una Casa e cresciuta in modo appropriato alla Corte della Notte, per quel che mi è servito.
Mi è difficile provare risentimento verso i miei genitori, anche se invidio la loro ingenuità. Nessuno li aveva neppure avvertiti, al momento della mia nascita, di avermi fatto dono di un nome infausto: Phèdre, così mi hanno chiamata, senza sapere che si tratta di un nome elleno... e maledetto.

(Traduzione: Elisa Villa)

Kushiel's Chosen
No one would deny that I have known hardship in my time, brief though it has been for all that I have done in it. This, I think, I may say without boastfulness. If I answer now to the title of Comtesse de Montrève and my name is listed in the peerage of Terre d'Ange, still I have known what it is to have all that I possess torn from me; once, when I was but four years of age and my birth-mother sold me into servitude to the Court of Night-Blooming Flowers, and twice, when my lord and mentor Anafiel Delaunay was slain, and Melisande Shahrizai betrayed me into the hands of the Skaldi.
La prescelta e l'erede
Nessuno potrà negare che nel corso della mia pur breve esistenza io abbia conosciuto patimenti e privazioni, e vissute una grande quantità di situazioni straordinarie. Questo credo di poterlo affermare senza millanteria. Anche se adesso rispondo al titolo di contessa di Montrève, e il mio nome è scritto nell'elenco dei pari di Terre d'Ange, ho sperimentato cosa significa vedersi portare via tutto ciò che si possiede: una prima volta quando avevo soltanto quattro anni e la mia madre naturale mi vendette alla Corte dei Fiori Notturni destinandomi così al servaggio, e una seconda quando Anafiel Delaunay, mio signore e mentore, fu assassinato e Mélisande Shahrizai mi tradì consegnandomi nelle mani degli skaldi.

(Traduzione: Elisa Villa)

Kushiel's Avatar
It ended with a dream.
Ten years of peace, the ancient Oracle of Asherat-of-the-Sea promised me; ten years I had, and in that time, my fortune prospered along with that of Terre d'Ange, my beloved nation. So often, a time of great happiness is recognized only in hindsight. I reckoned it a blessing that the Oracle's promise served also as warning, and let no day pass without acknowledging its grace. Youth and beauty I had yet on my side, the latter deepening as the years tempered the former. Thus had my old mentor, Cecilie Laveau-Perrin, foretold, and if I had counted her words lightly in the rasher youth of my twenties, I knew it for truth as I left them behind.
La maschera e le tenebre
Terminarono con un sogno.
Dieci anni di pace, mi aveva promesso l'anziana sacerdotessa oracolo di Asherat-del-Mare; dieci anni avevo avuto, e in quel lasso di tempo la mia fortuna aveva prosperato insieme con quella di Terre d'Ange, la mia amata nazione. Troppo spesso un periodo di grande felicità viene riconosciuto soltanto col senno di poi; giudicando una benedizione il fatto che la promessa dell'oracolo fungesse anche da monito, non lasciai trascorrere neppure una di quelle giornate senza gioirne. Dalla mia avevo gioventù e bellezza; quest'ultima aumentava mentre gli anni attenuavano la prima. Era come mi aveva predetto la mia mentore, Cecilie Laveau-Perrin, e se nella sconsiderata giovinezza dei miei vent'anni avevo preso alla leggera le sue parole, ormai sapevo che erano la pura verità.

(Traduzione: Elisa Villa)

(Imriel Trilogy)

Kushiel's Scion
What does it mean to be good?
When I was a child, I thought I knew. It was easy then. I knew nothing of my birth or my heritage. My childhood was spent in the Sanctuary of Elua, where I was a ward. My days were spent in worklike play: scrambling the mountainsides and tending goats with the other children of the Sanctuary, climbing trees and swimming in the swift stream while our charges grazed.
I was steeped in the precept of Blessed Elua: Love as thou wilt. And I did. I loved without reserve, freely and easily—my playmates, the priests and priestesses of the Sanctuary, the goats I tended, the earth beneath my feet and the sky above my head. I am a D'Angeline; I loved Terre d'Ange, the country of my birth. With all my heart, I loved our gods, Elua and his Companions, and I knew myself loved in return. I was happy. I never thought to be anything else.
Il trono e la stirpe - Il sangue e il traditore
Cosa significa essere buono?
Quand'ero bambino pensavo di saperlo. Era facile, allora. Non sapevo niente della mia nascita e del mio lignaggio. Avevo trascorso l'infanzia al santuario di Elua, dov'ero sotto tutela. Occupavo le giornate in lavoretti simili a giochi, badando alle capre sulle pendici della montagna con gli altri bambini del santuario, arrampicandomi sugli alberi e nuotando nelle rapide acque dei torrenti mentre le nostre greggi pascolavano.
Ero immerso nel precetto del Beato Elua: Ama a tuo piacimento. E io amavo. Amavo senza riserve, liberamente e con semplicità: i miei compagni di giochi, i sacerdoti e le sacerdotesse del santuario, le capre che accudivo, la terra sotto i miei piedi e il cielo sulle nostre teste. Io sono un angeline; amavo Terre D'Ange, il regno dov'ero nato. Amavo con tutto il cuore i nostri dei, Elua e i suoi Compagni, e sapevo di essere amato a mia volta. Ero felice. Non avevo mai pensato di poter essere diverso.

(Traduzione: Gianluigi Zuddas)

Kushiel's Justice
By the time I was eighteen years of age—almost nineteen— I'd been many things. I'd been an orphan, a goatherd, and a slave. I'd been a missing prince, lost and found. I'd been a traitor's son and a heroine's. I'd been a scholar, a lover, and a soldier.
All of these were true, more or less.
Betimes it seemed impossible that one person's mere flesh could contain so many selves. Mine did, though. I was Prince Imriel de la Courcel, third in line for the throne of Terre d'Ange, betrothed to wed a princess of Alba and beget heirs to that kingdom with her. And, too, I was Imriel nó Montrève, adopted son of Comtesse Phèdre nó Delaunay de Montrève and her consort, Joscelin Verreuil.
Il principe e il peccato - La sposa e la vendetta
All’età di diciott’anni – quasi diciannove – ero stato molte cose. Ero stato un orfano, un guardiano di capre e uno schiavo. Ero stato un principe scomparso, perduto e ritrovato. Ero stato il figlio di una traditrice e il figlio di un’eroina. Ero stato uno studente, un amante e un soldato.
Tutte queste cose erano vere, più o meno.
A volte mi sembrava impossibile che un semplice corpo umano potesse contenere tante persone. Ero il principe Imriel de La Courcel, terzo nella linea del trono di Terre D’Ange, destinato a sposare una principessa d’Alba e generare con lei gli eredi di quel regno. Ed ero anche Imriel nó Montrève, figlio adottivo della contessa Phèdre nó Delaunay e del suo consorte, Joscelin Verreuil.

(Traduzione: Gianluigi Zuddas)

Kushiel's Mercy
There are people in my country who have never travelled beyond the boundaries of Terre d’Ange. Indeed, there are many who have never left the province in which they were born; contented crofters tilling the land, tending orchards, or raising sheep, never venturing farther than the nearest market.
Betimes, I envy them.
Already, as a young man, I have gone farther than I could have imagined as a boy daydreaming in the Sanctuary of Elua where I was raised. It did not begin by choice—as all the world knows, I was abducted by Carthaginian slave-traders, sold into slavery in Menekhet, and from thence taken to the land of Drujan, ruled by a madman who consorted with a dark and ancient god.
Il bacio e il sortilegio - La spada e la promessa
C’è gente nella mia patria che non ha mai viaggiato oltre i confini di Terre D’Ange. In effetti, molti non si allontanano mai dalla nazione dove sono nati; si accontentano di coltivare la terra, curare i frutteti o allevare le pecore, senza mai avventurarsi più lontano del mercato del paese.
A volte li invidio.
Da ragazzo avevo già visto luoghi più remoti di quanto avrei potuto sognare nella mia infanzia al santuario di Elua, dov’ero cresciuto. Non avevo cominciato quei viaggi per mia scelta poiché, come molti sanno, ero stato rapito da mercanti di schiavi cartaginesi che mi avevano venduto a Menekhet, e poi fatto portare in Drujan, una terra governata da un pazzo asservito alla religione di un oscuro e antico dio.

(Traduzione: Gianluigi Zuddas)

(Moirin Trilogy)

Naamah's Kiss
I was born to the Maghuin Dhonn. We are the folk of the Brown Bear and the oldest magic in Alba runs in our veins. Once, there were great magicians among us—men and women capable of seeing all the skeins of the future unwind in the great stone circles, capable of taking on the shape of the Maghuin Dhonn Herself.
No more.
It changed long before I was born, when a prince of Terre d'Ange wed a princess of the Cullach Gorrym, the folk of the Black Boar. The greatest magicians among us saw the seeds of our destruction in that union. They acted to avert it; and in the end, they succeeded.
Il dono e il sacrificio - La fiamma e la guerriera
Sono nata tra i Maghuin Dhonn.
Siamo la gente della Grande Orsa, e nelle nostre vene scorre la magia più antica di Alba. Una volta tra noi c’erano maghi potenti, uomini e donne capaci di vedere gli intrecci del futuro nei circoli di pietre erette, e di assumere la forma della Maghuin Dhonn.
Ora non più.
Fu prima della mia nascita che tutto cambiò, quando un principe di Terre d’Ange sposò una principessa dei Cullach Gorrym, il popolo del Cinghiale Nero. In quel matrimonio i maghi di allora videro il seme della nostra distruzione. Essi cercarono di evitarlo; e infine ci riuscirono.

(Traduzione: Gianluigi Zuddas)

Naamah's Curse (...)
As the city of Shuntian dwindled in the distance behind me, a mixture of dread and exhilaration filled me.
I was all alone in the vast empire of Ch’in.
It was by choice, my choice. If I had wished it, the Emperor’s daughter would have spoken a word in her father’s ear, and his Celestial Majesty would have provided me with a mighty escort. Indeed, the princess had begged me to let her do so, and I suspected there would be times that I wished I had consented. I was a young woman, a foreigner, travelling alone in a country halfway around the world from my home.
Home.

Naamah's Blessing (...)
Unable to sleep, I stood in the stern of the ship, watching the past fall farther behind me. The moon was bright and full, turning the ship’s wake into a wide, silvery path on the dark water behind us. A handful of seagulls winged across the night sky, following us, their presence lending credence to the captain’s claim that we would make port in Marsilikos on the morrow.
A thousand thoughts and memories crowded my mind.
I tried to still them as Master Lo Feng had taught me, breathing the Five Styles and emptying my mind.
Tonight, it didn’t work.


Leslie Cargill (Leslie Clarke) (1895-1964)

Death Goes by Bus (La morte viaggia in autobus)
Caleb Wainwright morì per un colpo d’arma da fuoco a bordo di un autobus in viaggio da Colborough a Netherton. Se Morrison Sharpe fosse stato un tipo d’uomo dal carattere più pratico, il mistero probabilmente non sarebbe mai stato risolto, perché il caso volle che il cruciverba sul giornale del mattino lo assorbisse tanto che il treno delle 8,47 partì prima che lui finisse la colazione. Eventi simili non erano insoliti. L’enigmistica lo affascinava in tutte le sue forme, e non si sentiva a posto con se stesso finché non arrivava alla soluzione.
(Traduzione: Bruno Amato)


Massimo Carlotto (1956)

Alla fine di un giorno noioso
Alla fine di un giorno noioso l'avvocato, nonché onorevole della Repubblica, Sante Brianese entrò alla Nena con il suo solito passo deciso. Un attimo dopo apparvero sulla porta la segretaria e il portaborse. Ylenia e Nicola. Belli, eleganti, giovani, sorridenti. Sembravano usciti da una serie televisiva americana.

L'amore del bandito
Martedì 31 ottobre 2006
Lo straniero ripassò per la terza volta davanti alla vetrina dell'elegante parrucchiere per signora. La donna dava le spalle allo specchio e stava scegliendo uno smalto, annuendo distrattamente ai consigli della manicure mentre un uomo sui cinquant'anni la pettinava con gesti sicuri e precisi.

Arrivederci amore, ciao
La carogna dell'alligatore galleggiava a pancia all'aria. Era stato abbattuto perché aveva iniziato ad avvicinarsi troppo all'accampamento e nessuno voleva rimetterci un braccio o una gamba. La puzza dolciastra della decomposizione si mescolava a quella della selva. La prima capanna distava da quella radura un centinaio di metri. L'italiano chiacchierava tranquillo con Huberto. Avvertì la mia presenza. Si voltò e mi sorrise. Gli strizzai l'occhio e lui riprese a parlare. Mi portai alle sue spalle, respirai a fondo e gli sparai alla nuca.

Blues per cuori fuorilegge e vecchie puttane
L'informatore sembrava un ex poliziotto. La divisa doveva averla chiusa nell'armadio con la naftalina già da qualche anno, eppure la piega dei pantaloni e la riga, che divideva ordinatamente i radi capelli biondi, suggerivano che fosse stato uno sbirro di basso rango. Non avevo a disposizione altri elementi ma il fiuto e l'esperienza mi fornivano la certezza necessaria. Sulla guancia destra aveva una piccola macchia scura e spessa quanto una moneta da cinque centesimi. Il fegato non era più quello di un tempo. E nemmeno il resto. Quando parlava di soldi lo sguardo si illuminava. Piccoli lampi che indicavano il bisogno di trasgredire alla routine di risparmio imposta dalla pensione.

Il corriere colombiano
Il corriere colombiano si sentì fottuto quando incontrò lo sguardo del poliziotto. Conosceva il genere d'occhiata. L'aveva vista mille volte nelle strade di Bogotà. Era quella che gli sbirri riservavano a un sospettato prima di fermarlo. Si guardò attorno. Gli altri passeggeri del volo Air France Parigi-Venezia attendevano i bagagli chiacchierando, scherzando e ridendo. Come veri turisti. In mezzo a più di centocinquanta persone lo sbirro aveva deciso che lui era l'unico a non averne l'aria. Intuito da vero professionista. Il colombiano sbirciò con discrezione il poliziotto. Il tizio continuava a fissarlo. Il panico cominciò ad invadergli lo stomaco pieno di ovuli di cocaina. Pura, colombiana, la migliore sul mercato.

Cristiani di Allah
Mercoledì 19 ottobre 1541.
Mi svegliai un attimo prima che il servo bussasse discretamente alla porta della camera. Il sonno era diventato leggero come una piuma in quelle notti di attesa. Con delicatezza aprii la mano per liberare quella di Othmane che spalancò gli occhi allarmato. Gli accarezzai la barba sotto il mento con un gesto rassicurante e lui sbuffò prima di girarsi su un fianco per continuare a dormire e smaltire il vino delle Canarie che aveva tracannato la sera prima nella taverna del bagno di Ali Arabagi.

E verrà un altro inverno
Robi continuava ad agitare le mani sotto lo spicchio di luce di un lampione che illuminava il cruscotto dell'auto. Assomigliava a un prestigiatore che prova un nuovo trucco di magia.

Il Francese
"L'ha rifatto" sbuffò irritata Valérie.
Il Francese sospirò, aumentando la velocità dei tergicristalli. Pioveva da almeno tre giorni e la temperatura era scesa di dieci gradi.

Il fuggiasco
Ho un passato ingombrante. Per metterlo da parte e pensare finalmente al futuro ho dovuto usare cinque grandi casse di legno. In una settimana di meticoloso lavoro, ho archiviato novantasei chili di atti giudiziari, migliaia tra lettere e telegrammi, centinaia di articoli di giornale, decine di videocassette di programmi televisivi - da Telefono Giallo a Portobello, da Mixer a Il Coraggio di Vivere. Le cinque casse, che adesso stanno in cantina, conservano la documentazione dei miei ultimi diciotto anni di vita. Quasi metà della mia esistenza.

Le irregolari. Buenos Aires Horror Tour
Santiago del Cile, lunedì 2 settembre 1996.
Ero triste e, purtroppo, assolutamente sobrio. Sotto il braccio sinistro tenevo un voluminoso pacco rettangolare. Il destro era impegnato a sostenere l'ombrello che mi riparava da una pioggia fitta e sottile. Mi trovavo esattamente al centro di Plaza de la Constitución e osservavo i movimenti delle guardie che presidiavano il portone centrale del palazzo della Moneda. Non potei fare a meno di pensare che avevano le stesse divise e le stesse facce di ventitré anni prima. Anche la piazza era la stessa: sulle facciate bagnate dei palazzi risaltava lo stucco con cui avevano riempito centinaia di fori di proiettili esplosi il giorno del golpe.
Improvvisamente la pioggia cessò. Raccattai un po' di coraggio e mi avviai in direzione del palazzo.

Il maestro di nodi
Udì lo scatto di un pulsante e il ronzio monotono dell'asciugacapelli. Poi sentì il getto d'aria calda e il tocco della spazzola sui capelli fradici di sudore. Lui voleva che continuasse ad avere un aspetto impeccabile. Aveva usato proprio questa parola. Tutto per lui doveva essere impeccabile. Era sempre attento ad asciugarle la saliva che colava dagli angoli della bocca tenuta spalancata da una palla di gomma dura. Una palla per cani. Impeccabile era anche la sua crudeltà. Non lasciava segni sul corpo, ma in alcuni momenti il dolore era insopportabile. Lui però sapeva anche farla godere: aveva già avuto due orgasmi da quando era iniziata la seduta. Anche quella parola era sua. In tutta la vita aveva sempre desiderato un dominatore così esperto e solo questa idea le impediva di continuare a pensare alla morte. Lui l'avrebbe uccisa. Ne era certa. Ma non riusciva ancora a immaginare come.

Il mistero di Mangiabarche
Il primo raggio di sole riuscì a penetrare il fitto intreccio di rami di pini, lecci secolari e illuminò debolmente la sagoma di un capriolo finemente cesellata sulla culatta di un fucile. L'uomo che lo imbracciava vi batté sopra l'unghia dell'indice per attirare la mia attenzione. "Se il cervo rappresenta la maestosità e il cinghiale la forza" sussurrò, "il capriolo è il simbolo della grazia e della delicatezza... La caccia a palla per eccellenza, la più difficile ed emozionante, perché si tratta dell'animale più diffidente del bosco: l'udito il suo senso più sviluppato, poi l'olfatto, quindi la vista. Se il frastuono di un aereo lo lascia del tutto indifferente, il 'crac' di un ramo spezzato lo mette immediatamente in allarme. I cacciatori devono trovarsi sul luogo scelto per l'appostamento prima dell'alba, avendo cura di mettersi sottovento. Il capriolo appare all'improvviso, come un fantasma nell'incerta luce del mattino, e bisogna decidere nello spazio di un solo secondo se valga la pena di abbatterlo...".

Nessuna cortesia all'uscita
"Ho un problema, Alligatore" annunciò il cliente con un cantilenante accento veneziano.
"Altrimenti non saresti qui" ribattei acido mentre sbirciavo le gambe della cameriera che ci aveva appena servito.
Il tizio si chiamava Pierluigi Barison detto Gigi Granseola per il suo sorriso sconnesso che ricordava le chele di un grosso granchio. Era un malavitoso di medio livello e di mezza età; l'avevo conosciuto tanti anni prima in una casa di reclusione e non mi era mai stato simpatico. Dalla tasca interna dell'elegante cappotto di cammello estrasse una busta marrone e l'appoggiò sul tavolo. Un mucchio di soldi. Non avevo mai ricevuto un anticipo così sostanzioso. Attese che terminassi di ammirare le banconote da cinquecentomila per spiegarmi in quale guaio si era cacciato. Accavallò le gambe con un gesto nervoso che mise in evidenza gli stivaletti di vernice con la cerniera dorata. "Il capo mi vuole eliminare" disse tutto d'un fiato.

Niente, più niente al mondo
Devo mettere a posto la spesa. Tra poco arriveranno e non voglio che trovino la casa in disordine. Ne troveranno solo nella sua camera ma lì niente più niente al mondo potrà mettere ordine.
Niente più niente al mondo servirà a mettere a posto le cose.
Sono stanca, la fermata dell'autobus è lontana dal Supermegafantadiscount e mi sono dovuta fare una bella camminata con le borse piene dopo una mattina di lavoro. Ma ne valeva la pena:

L'oscura immensità della morte
1989 - una città del Nordest.
L'imputato aveva il labbro spaccato, gli occhi pesti, il naso rotto e gonfio con due tamponi emostatici che spuntavano dalle narici e lo costringevano a respirare con la bocca. I due agenti della polizia penitenziaria che lo sorreggevano dovettero aiutarlo a sedersi. Era conciato male. Il giudice, seccato, guardò l'avvocato per cercare di capire se avrebbe tentato di rinviare l'interrogatorio. L'altro lo rassicurò alzando le spalle. Il suo cliente aveva ben altri problemi a cui pensare. Il giudice, sollevato, dettò al cancelliere le generalità dei presenti e chiese all'imputato se intendeva sottoporsi all'interrogatorio.

(Massimo Carlotto & Mama Sabot) Perdas de Fogu
Uno stormo di pernici si alzò in volo al passaggio del piccolo fuoristrada. Nina rallentò per infilare un viottolo che si perdeva nella macchia mediterranea. Le spine delle ginestre selvatiche raschiavano le fiancate dell'auto. Lei avrebbe preferito rinunciare all'aria condizionata e tenere i finestrini abbassati per lasciare i profumi dell'estate liberi di invadere l'abitacolo, ma non pioveva da almeno tre mesi e le ruote alzavano nuvole di polvere bianca e spessa. Costeggiò una parete di roccia calcarea venata da strati di selce nera e affrontò la brusca discesa di un antico torrente per ritrovarsi di fronte a un cancello arrugginito.

Per tutto l'oro del mondo
Donna di jazz. Quando avvicinava le labbra rosse al microfono per attaccare Good Morning Kiss trattenevo il fiato per godermi ogni singolo istante. Imitava voce e stile di Carmen Lundy ma bisognava sforzarsi per capirlo. Non avrebbe mai fatto carriera. nemmeno nei locali di provincia. Cantava brani jazz perché erano l'unica cosa in grado di tenerla aggrappata a una vita che faticava a sopportare.

Respiro corto
51.41°N 30.06°E
I lupi passarono sotto la grande ruota panoramica dirigendosi sottovento verso la giostra dell'autoscontro. Correvano veloci e sicuri nell'erba alta che iniziava a ingiallirsi per l'arrivo dell'autunno. Presto il giallo avrebbe virato al rosso insano dei tronchi degli alberi e a quello scuro, come sangue raggrumato, della ruggine che copriva la ferraglia del luna park. Solo la neve avrebbe avuto pietà di quel parco abbandonato, ricoprendolo di una coltre candida per alcuni lunghi mesi.

Senza sapere quando
Anna arrivava sempre per prima. Voleva prendersi il tempo di un bagno caldo, per avere la mente libera da pensieri e preoccupazioni, quando lui avrebbe aperto la porta. Una volta ogni tre settimane saltava nel vuoto con quell'uomo che le si era conficcato nella mente e nel ventre.
L'amore non c'entrava nulla. Lei lo riservava con qualche perplessità al marito, che la credeva al lavoro.

La signora del martedì
Era sempre l'ultimo ai provini. Per una questione di prestigio. La vecchia guardia non aveva nulla da dimostrare. Lui la gavetta l'aveva fatta da un pezzo, era passato il tempo in cui sgomitava per essere tra i primi a entrare e abbassarsi i pantaloni. Nel porno funziona così:
prima mostri l'ardiglione, poi si discute.

Il turista
Fu il rumore disinvolto e arrogante dei tacchi ad attirare la sua attenzione sulla donna. Si voltò quasi di scatto e la vide avanzare fendendo il folto gruppo di passeggeri che erano appena scesi da un treno ad alta velocità proveniente da Napoli. L'uomo ebbe il tempo di osservare la falda del soprabito primaverile che si apriva a ogni passo, permettendo un'occhiata fugace alle gambe dritte e tornite, messe bene in mostra da un vestito corto e leggero.

La verità dell'Alligatore
Quando la vidi entrare, tailleur costoso e borsa rigida da professionista, capii subito che mi sarei perso parte del concerto di Cooper Terry che stava iniziando in quel momento.
Solo il chiarore fioco irradiato dai tubi fluorescenti delle pubblicità delle varie marche di birra illuminava l'interno del locale in cui mi trovavo - il Noisebar Banale - uno scantinato trasformato nel club più frequentato di Padova, situato al Portello, quella zona della città un tempo gagliardo quartiere di malaffare, oggi popoloso rifugio-dormitorio per universitari fuori sede: ogni cinque portoni una pizzeria al trancio, dopo dieci una lavanderia a gettoni e ovunque cumuli di biciclette arrugginite, incatenate ai pali della segnaletica stradale.


Massimo Carlotto (1956) e Francesco Abate (1964)

Mi fido di te
La mamma era bella. La sbirciavo da quando le nostre auto si erano affiancate in attesa che il semaforo diventasse verde. Bella come se ne vedono in quelle pubblicità della pasta fatta in casa.
La ragazza era bella come se ne incontrano tante quaggiù. Razza femminile superiore, forgiata al sole e al beauty-center. Smerigliata dalla risacca della spiaggia di quarzo e da ore di allenamento acquagym. Un prodotto naturale potenziato, capace di far perdere la testa a chiunque.
La mamma era bella. Il moccioso no.


Massimo Carlotto (1956) e Marco Videtta (1956)

Ksenia. Le vendicatrici
Si sfilò la scarpa, chiuse gli occhi e fece scorrere la punta del piede sul parquet per saggiarne l'elasticità. Un gesto aggraziato che aveva ripetuto mille volte in allenamento e prima delle gare.

Le vendicatrici. Eva
Salì le scale di corsa e si fermò davanti alla porta aperta. Lo sentì respirare forte e si decise a entrare. Due mani le afferrarono le spalle e la spinsero contro la parete.
La baciò fino a farle mancare il respiro. Le sfilò il cappotto, la giacca, le sbottonò la camicetta e la spinse sul divano.
Lei si arrese senza condizioni al suo corpo muscoloso, travolta e sopraffatta come desiderava da molto tempo.
Sorrise al piacere di inebriarsi del suo profumo, proprio quello che aveva scelto per lui.

Sara. Le vendicatrici
"Perfetto", si disse Giorgio Manfellotti contemplando soddisfatto la tavola apparecchiata per due, con la tovaglia di lino comprata in Lituania e il runner verde perfettamente coordinato, posate thai in ottone disegnate a forma di bambù, candele intonate, il divano in pelle ricoperto di cuscini etnici.

Solo per amore. Le vendicatrici: Luz
Sapeva che era sbagliato. Che era una pessima idea. E che dopo sarebbe stato difficile se non impossibile rimettere a posto le cose. Ma la rabbia era incontrollabile. Una rabbia strana che non aveva mai provato prima, che la rendeva lucida nei movimenti e nei pensieri ma la dominava totalmente. Era consapevole che se ne sarebbe liberata solo sfogandola.

Nordest
Era stato un mercoledì come tanti. Un mercoledì d'inverno del Nordest. Nel corso della giornata le strade si erano riempite di pendolari e Tir. Lunghe file avevano intasato autostrade, statali e provinciali. A Padova e Vicenza, per l'ennesima volta, l'inquinamento aveva superato i limiti di legge. Il cavalcavia di Mestre, in piena notte, era ancora un serpentone di mezzi pesanti che avanzavano lentamente nei due sensi di marcia. Merci legali e illegali che andavano e venivano dai paesi dell'est. Quel giorno avevano chiuso i battenti altre quattro aziende, la più grossa aveva cinquantuno dipendenti. Altri quattro capannoni vuoti con la scritta affittasi, tradotta anche in cinese. Di capanoni aveva parlato nella mattina un docente di urbanistica della Facoltà di architettura di Venezia. Ai suoi studenti aveva spiegato che, a forza di costruire 2.500 capannoni l'anno, erano stati sottratti al paesaggio agrario ben 3.500 chilometri quadrati e che nella sola provincia di Treviso c'erano 279 aree industriali, una media di quattro per comune.


Thomas Carlyle (1795-1881)

Sartor Resartus
Considering our present advanced state of culture, and how the Torch of Science has now been brandished and borne about, with more or less effect, for five thousand years and upwards; how, in these times especially, not only the Torch still burns, and perhaps more fiercely than ever, but innumerable Rushlights, and Sulphur-matches, kindled thereat, are also glancing in every direction, so that not the smallest cranny or dog-hole in Nature or Art can remain unilluminated, it might strike the reflective mind with some surprise that hitherto little or nothing of a fundamental character, whether in the way of Philosophy or History, has been written on the subject of Clothes.
Sartor Resartus
Considerato lo stadio avanzato della nostra civiltà, e come la Fiaccola della Scienza sia stata brandita e sostenuta, con risultati alterni, per cinquemila anni e più; come, specialmente ai nostri tempi, non solo la Fiaccola ancora risplenda, forse più luminosa che mai, ma innumerevoli strumenti di conoscenza stiano facendo luce in ogni direzione, così che nemmeno la più piccola crepa o fessura della Natura o nella Cultura possa rimanere sconosciuta, è necessario inculcare nelle menti pensanti il sorprendente concetto che sinora poco o niente di fondamentale, sia in campo filosofico che storico, è stato scritto sull'argomento del Vestiario.


Francesco Carofiglio (1964)

L'estate del cane nero
Io non lo so se mi ricordo. O se quello che dico adesso è una cosa che ho immaginato.
Spesso la sera ci penso, quando rimango a scrivere fino a tardi. Fino a che la luce svanisce e devo sforzarmi, socchiudere gli occhi e continuare a leggere nella penombra, riconoscendo le righe e i tasti nella vasca azzurrina di una scrivania immaginaria. Non accendo la luce, lo faccio apposta. È una piccola superstizione. Come se, accendendola, le idee d'improvviso potessero sparire. Una stupida fissa a cui mi sono affezionato.
Insomma qualche volta la sera mi capita di pensare a quello che è successo allora e mi sembra che i contorni diventino ogni volta differenti, mutino, secondo una progressione di umori, fino a diventare i contorni di una storia diversa.
Ma il nucleo rimane. Quella paura.

Radiopirata
Arrivò con la sua vecchia automobile, una Citroën ds, ereditata dal padre.
L’auto aveva un unico sedile anteriore, di pelle marrone, e il volante era grande quanto quello di un camion.
Scese dinanzi al sagrato della chiesa, aveva viaggiato tutta la notte. In giro non c’era nessuno. Due leoni di marmo reggevano le colonne all’ingresso dell’edificio.
Fece qualche passo, fino al portale. Toccò la pietra fredda, poi guardò la piazza, era da poco passata l’alba. Solo qualche rumore di stoviglie, gli sembrava di vederle quelle case, donne che preparavano il caffè e uomini che si alzavano, l’odore saturo della notte.
Un uomo vestito di nero attraversò la piazza in bicicletta. Era piccolo e con il naso schiacciato. Posò la bici e si avvicinò.

Ritorno nella valle degli angeli
Da qualche parte del mondo c’è una strada uguale, una campagna e dei colori che sembrano gli stessi. Ma non lo sono. Sono diversi, niente è uguale a niente. E niente si ripete davvero.
Chiuse il libro e guardò fuori. C’erano case, che sparivano velocemente. E un’automobile che correva, parallela ai binari. All’improvviso sparì, come era apparsa, nella campagna.

With or without you
Il bello del piede cavo è che ci puoi strofinare l'altro e massaggiare e riscaldare e sentirti a casa anche a tremila chilometri di distanza in una stanza vuota solo con un letto e una lampada. Solo che io sono a casa, ma la stanza è lo stesso vuota solo con un letto e una lampada, fatta eccezione per l'armadio che è dello stesso colore delle pareti ed è come se non ci fosse.


Gianrico Carofiglio (1961)

Ad occhi chiusi
Non c'è nessuno che smetta di fumare.
Si sospende, al massimo. Per giorni. O per mesi; o per anni. Ma nessuno smette. La sigaretta è sempre lì, in agguato. Qualche volta salta fuori nel bel mezzo di un sogno, magari cinque, o dieci anni dopo aver "smesso".

L'arte del dubbio
"Per capire che una risposta è sbagliata non occorre una intelligenza eccezionale, ma per capire che è sbagliata una domanda ci vuole una mente creativa".
La riflessione sia teorica sia pratica su qualsiasi professione che preveda la proposizione di domande e includa la prerogativa di attendere, o addirittura pretendere, delle risposte deve tenere conto della verità custodita in questa massima.

La misura del tempo
– Che abbiamo oggi, Pasquale? – chiesi entrando in studio e pensando, nello stesso momento e per l’ennesima volta, che si trattava di un rituale di cui ero stanco.
– Vediamo… la Colella dovrebbe venire finalmente a pagare. Poi c’è il consulente tecnico del processo Moretti, la questione della lottizzazione; passa a prendersi le carte, ma dice che vuole parlare con lei cinque minuti. E alle sette una cliente nuova.
– Chi è?
Pasquale sfogliò, con il consueto lieve sussiego, il blocnotes a spirale che porta sempre con sé. Ognuno di noi ha qualcosa che lo identifica e in cui, se ne è consapevole, si identifica. Per Pasquale è il bloc-notes.

Il passato è una terra straniera
È appoggiata al banco, è sola e beve una spremuta. Per terra, vicino alle gambe, ha una borsa di pelle nera e non so per quale motivo vengo attirato proprio da questo particolare.
Mi fissa con un'insistenza imbarazzante. Quando i nostri sguardi si incrociano però si gira. Passano pochi secondi e mi guarda di nuovo. Questa sequenza si ripete diverse volte. Non la conosco, e all'inizio mi chiedo se stia guardando proprio me. Ho anche l'impulso di controllare se ci sia qualcuno alle mie spalle, ma mi trattengo. Dietro il mio tavolino c'è soltanto il muro e io lo so bene perché mi siedo lì quasi tutti i giorni.

Le perfezioni provvisorie
Tutto cominciò con un'innocua telefonata di un vecchio compagno di università.
Sabino Fornelli fa l'avvocato civilista. Quando un suo cliente ha un problema penale, lui chiama me, mi passa il caso e poi non vuole saperne più niente. Come molti civilisti, pensa che gli uffici giudiziari penali siano posti malfamati e pericolosi, e preferisce tenersene alla larga.

Ragionevoli dubbi
Quando Margherita disse che doveva parlarmi, pensai che aspettasse un bambino.
Era un tardo pomeriggio di settembre. Con tutta la luce drammatica dell'estate che finisce, che preannuncia la penombra e i misteri dell'autunno. Un buon momento per sapere che diventerai padre, pensai distintamente mentre ci sedevamo in terrazza, il sole basso alle nostre spalle.

Il silenzio dell'onda
Per la terza volta la incrociò davanti al portone del dottore, sempre di lunedì e sempre alla stessa ora. Era certo di averla già vista, prima di quegli incontri, ma non avrebbe saputo dire dove né quando.
Forse era anche lei una paziente e aveva l'appuntamento alle quattro, si disse salendo le scale verso lo studio.

Testimone inconsapevole
Ricordo molto bene il giorno prima - anzi il pomeriggio prima - che tutto cominciasse.
Ero arrivato in studio da un quarto d'ora e non avevo nessuna voglia di lavorare. Avevo già controllato la posta elettronica, la posta cartacea, riordinato qualche carta fuori posto, fatto un paio di telefonate inutili. Insomma avevo esaurito tutti i pretesti e quindi mi ero acceso una sigaretta.
Adesso mi godo tranquillamente la sigaretta e poi comincio.


Alejo Carpentier (1904-1980)

Los pasos perdidos
Hacía cuatro añs y siete meses que no había vuelto a ver la casa de columnas blancas, con su frontón de ceñudas molduras que le daban una severidad de palacio de justicia, y ahora, ante muebles y trastos colocados en su lugar invariable, tenía la casi penosa sensacíon de que el tiempo se hubiera revertido. Cerca del farol, la cortina de color vino; donde trepaba el rosal, la jaula vacía. Más allá estaban los olmos que yo había ayudado a plantar en los días del entusiasmo primero, cuando todos colaborábamos en la obra común; junto al tronco escamado, el banco de piedra que hice sonar a madera de un taconazo. Setrás, el camino del río, con sus magnolias enanas, y la verja enrevesada en garabatos, el estilo de la Nueva Orleáns.
I passi perduti
In quei quattro anni e sette mesi non ero più ritornato a veder la casa dalle colonne bianche, col suo timpano a profili severi che le dava l'austerità di un palazzo di giustizia. E ora, di fronte a mobili e oggetti rimasti fermi al loro posto, avevo l'impressione quasi penosa che il tempo avesse camminato all'indietro. Vicino al riflettore, la tenda color vino, dove si arrampicava il rosaio, la gabbia vuota. Più in là, diritti, gli olmi che avevo aiutato a piantare nei giorni del primo entusiasmo, quando tutti collaboravano all'opera comune. Vicino al tronco scorticato, la panchina di pietra dalla quale con un colpo di tallone trassi il suono del legno. Dietro, la riva del fiume con le sue magnolie nane e il cancello tutto intrecci e volute alla moda di New Orleans.

(Traduzione: Maria Vasta Dazzi)


Caleb Carr (1955)

The Alienist

January 8th, 1919

Theodore is in the ground.
The words as I write them make as little sens as did the sight of his coffin descending into a patch of sandy soil near Sagamore Hill, the place he loved more than any other on earth. As I stood there this afternoon, in the cold January wind that blew off Long Island Sound, I thought to myself: Of course it's a joke. Of course he'll burst the lid open, blind us all with that ridiculous grin and split our ears with a high-pitched bark of laughter. Then he'll exclaim that there's work to do - "action to get!" - and we'll all be martialed to the task of protecting some obscure species of newt from the ravages of a predatory industrial giant bent on planting a fetid factory on the little reptile's breeding ground. I was not alone in such fantasies; everyone at the funeral expected something of the kind, it was plain on their faces. All reports indicate that most of the country and much of the world feel tha same way. The notion of Theodore Roosvelt being gone is that - unacceptable.

L'alienista

8 gennaio 1919

Theodore è sottoterra.
Scrivo queste parole e mi sembrano senza senso, così come l'immagine della sua bara calata in una fossa di terra sabbiosa vicino a Sagamore Hill, il luogo che più amò nella vita. Lì, oggi pomeriggio, nel freddo vento di gennaio che soffiava dal Long Island Sound, pensavo fra me che doveva essere uno scherzo, che di lì a poco avrebbe forzato il coperchio e ci avrebbe folgorati con il suo straordinario sorriso, assordandoci con un'acuta risata. Avrebbe senz'altro esclamato che c'era da fare - "Al lavoro!" - ordinandoci di proteggere qualche oscura specie di tritone dagli attacchi di un avido colosso industriale deciso a costruire una fetida fabbrica sul luogo di cova del piccolo rettile. Non ero l'unico a nutrire simili fantasie: tutti, al funerale, si aspettavano qualcosa del genere, glielo si leggeva chiaro in faccia. Sembra proprio che il paese intero, forse addirittura il mondo intero, non riesca a farsene una ragione: l'idea che Theodore Roosevelt se ne sia andato è semplicemente inaccettabile.

(Traduzione: Annamaria Biavasco e Valentina Guani. Mondadori)


James (Joseph) Lloyd Carr (1912-1994)

A Month in the Country (Un mese in campagna)
Quando il treno si fermò scesi con passo incerto, trascinando e spingendo a calci lo zaino. Più indietro sulla banchina qualcuno gridava disperatamente: «Oxgodby... Oxgodby». Nessuno si offrì di aiutarmi, perciò risalii e rientrai nello scompartimento, di nuovo inciampando su piedi e caviglie per arrivare alla borsa da pesca (sulla rete portabagagli) e alla brandina pieghevole (sotto il sedile). Se quello era un campione rappresentativo della gente del Nord, allora mi trovavo in un paese nemico e avrei dovuto prestare la massima attenzione a ogni singola mossa. Un tizio accanto a me trattenne il respiro, un altro grugnì. Nessuno parlò.
(Traduzione: Silvia Castoldi)


John Dickson Carr (1906-1977)

Below Suspicion (Una croce era il segnale)
La prigione di Holloway, che ospita le donne in attesa di giudizio, oltre a essere un penitenziario femminile, si trova a Isligton. Il posto non è proprio molto allegro, neanche in estate. Quella sera poi, con un gelido vento marzolino che soffiava e gemeva tra gli scarsi lampioni, aveva un'aria addirittura luttuosa.
La berlina Rolls-Royce si fermò davanti ai cancelli della prigione. All'interno sedevano Charles Denham, procuratore legale, e Patrik Butler, avvocato penalista.
Ma quando Butler aprì la portiera della macchina per scendere e Denham fece per seguirlo, l'avvocato lo invitò con un gesto a non muoversi.

(Traduzione: A. M. Francavilla)

The Black Spectacles (anche: The Problem of the Green Capsule) (Occhiali neri)
Tutto ebbe inizio, come ricordò un tale, in una casa di Pompei. Costui non dimenticò mai il caldo, quieto pomeriggio, il silenzio della via dei Sepolcri rotto dal suono di voci inglesi, gli oleandri rossi nel giardino in rovina e la ragazza vestita di bianco in piedi fra un gruppo di persone con occhiali da sole, quasi fosse in mezzo a figure in maschera.
(Traduzione: Giovanni Viganò)

Deadly Hall
Towards one in the morning he faced the fact that he couldn't sleep. Not yet, at least.
He rolled on his left elbow, right hand finding the chain of the little bedside lamp. Light revealed the subdued luxury of Stateroom 340, on the sun deck at the stern of the steamboat's starboard–no, not starboard: its two-whistle Side. Its open window (never call windows portholes) overlooked the huge red-painted paddle-wheel, whose drowsy churning ought to have lulled him. And he was alone here, having paid for both beds.
La casa
Verso l'una del mattino si decise a prendere atto del fatto che non poteva dormire. O almeno, non ancora.
Si girò sul gomito sinistro, con la destra trovò la catenella della piccola lampada sul comodino. La luce rivelò l'eleganza discreta della cabina di lusso 340 sul ponte-sole di poppa a tribordo, non tribordo: sul lato di dritta. La finestra aperta (mai chiamare oblò le finestre) dominava l'enorme ruota a pale verniciata di rosso il cui sonnolento ansimare avrebbe dovuto cullare il suo sonno. Alloggiava da solo, dal momento che aveva pagato per entrambi i letti.
(Traduzione: Maria Rosaria Schisano)

Death Turns the Table (USA) - The Seat of the Scornful (UK) (Il giudice è accusato)
Signori della giuria, siete d'accordo sul verdetto?
- Sì
- Ritenete l'accusato Giovanni Edoardo Lypiatt colpevole o innocente del delitto?
- Colpevole.
- Il verdetto è all'unanimità?
- All'unanimità... ma raccomandiamo caldamente l'imputato alla clemenza della Corte - disse il presidente della giuria mangiandosi metà delle parole.
Il pubblico si agitò. Al momento del verdetto nella sala era passato un fremito seguito da un silenzio di morte: l'appello alla clemenza della Corte mancava di convinzione e non dava adito a grandi illusioni sulla sorte del condannato.

(Traduzione: ?)

The Emperor's Snuff-Box
When Eve Neill divorced Ned Atwood, the suit was not contested. And, even though the charge was infidelity with a famous woman tennis-player, it created far less scandal than Eve had expected.
La tabacchiera dell'imperatore
Quando Eve Neill intentò la causa di divorzio contro Ned Atwood, accusandolo di averla tradita con una famosa campionessa di tennis, Ned non sollevò contestazioni e la cosa provocò meno scandalo di quanto lei avesse temuto.

(Traduzione: Alberto Tedeschi)

The Red Widow Murders (I delitti della vedova rossa)
Quando il dottor Michael Tairlaine salì sull'autobus in quella sera di marzo, bisogna confessare che il suo polso abitualmente così fermo aveva delle pulsazioni piuttosto accelerate. Il distintissimo titolare della cattedra di inglese della Lyman Mannot di Harvard era, per essere precisi, eccitato come un bambino che giocava ai pirati.
(Traduzione: Giovanni Viganò)


Jennifer Lee Carrell (1962)

Interred With Their Bones
June 29, 1613
From the river, it looked as if two suns were setting over London.
One was sinking in the west, streaming ribbons of glory in pink and melon and gold. It was the second sun, though, that had conjured and unruly flotilla of boats and barges, skiffs and wherries, onto the dark surface of the Thames: Across from the broken tower of St. Paul's, a sullen orange sphere looked to have missed the horizon altogether and rammed itself into the southern bank. Hunkering down amid the taverns and brothels of Southwark, it spiked vicious blades of flame at the night.
W.
Dal fiume si sarebbe detto che su Londra stessero tramontando due soli.
Il primo a ovest, in un tripudio di striature color rosa, arancio e oro. Il secondo sole, a sud, aveva richiamato una folla di lance e battelli, chiatte e barconi sulle acque scure del Tamigi. Di fronte al troncone mozzo del campanile di Saint Paul, una cupa sfera arancione pareva aver mancato completamente l'orizzonte, per andare a schiantarsi sulla riva meridionale del fiume, dove, acquattate tra le taverne e i bordelli di Southwark, lanciava crude lame di fuoco verso il cielo della sera.

(Traduzione: Giovanni Garbellini)


Alessandro Carrera (1954)

La vita meravigliosa dei laureati in lettere
Renato e Rinaldo, per tutti Rino, erano due laureati in lettere. Uguale era la stella che avevano seguito, profondo il precipizio che li divideva: Renato era professore di ruolo in una scuola media della più grande penisola del Mediterraneo; Rino invece era disoccupato, perché aveva passato troppo tempo a occuparsi di cose che non erano importanti e da quando aveva smesso non c'erano più stati concorsi a cattedra. Renato,però, strano a dirsi, non era contento di fare l'insegnante di ruolo in una scuola media.


Gail Carriger (Tofa Borregaard) (1976)

Soulless (The Parasol Protectorate)
Miss Alexia Tarabotti was not enjoying her evening. Private balls were never more than middling amusements for spinsters, and Miss Tarabotti was not the kind of spinster who could garner even that much pleasure from the event. To put the pudding in the puff: she had retreated to the library, her favorite sanctuary in any house, only to happen upon an unexpected vampire.
Soulless. Il protettorato del parasole
Mis Alexia Tarabotti non si stava godendo la serata. Per una zitella come lei, queste feste da ballo non erano altro che mediocri occasioni di intrattenimento e non era neanche il tipo di zitella capace di trarre il seppur minimo piacere da un simile evento mondano. Quindi si era rifugiata nella biblioteca che, in qualsiasi casa si trovasse, era per lei un luogo sacro. E fu lì che, inaspettatamente, s’imbatté in un vampiro.

(Traduzione: )

Changeless (The Parasol Protectorate)
“They are what?”
Lord Conall Maccon, Earl of Woolsey, was yelling. Loudly. This was to be expected from Lord Maccon, who was generally a loud sort of gentleman – the earbleeding combination of lung capacity and large barrel chest.
Alexia Maccon, Lady Woolsey, muhjah to the queen, Britain’s secret preternatural weapon extraordinaire, blinked awake from a deep and delicious sleep.
Changeless. Il protettorato del parasole
“Sono… cosa?
Lord Conall Maccon, conte di Woolsey, stava gridando. Forte. C’era da aspettarselo da lui, un gentiluomo solitamente alquanto chiassoso – un’assordante combinazione di capacità polmonare e di considerevole ampiezza toracica.
Alexia Macco, Lady Woolsey, muhjah della regina, straordinaria arma segreta preternaturale di Gran Bretagna, socchiuse gli occhi risvegliandosi da un sonno profondo e ristoratore.

(Traduzione: )


Leonora Carrington (1917-2011)

The Hearing Trumpet
When Carmella gave me the present of a hearing trumpet she may have foreseen some of the consequences. Carmella is not what I would call malicious, she just happens to have a curious sense of humour. The trumpet was certainly a fine specimen of its kind, without being really modern. It was, however, exceptionally pretty, being encrusted with silver and mother o'pearl motives and grandly curved like a buffalo's horn. The aesthetic presence of this object was not its only quality, the hearing trumpet magnified sound to such a degree that ordinary conversation became quite audible even to my ears.
Il cornetto acustico
Quando Carmella mi regalò un cornetto acustico può darsi che ne prevedesse le conseguenze. Carmella non è quel che chiamerei una persona maliziosa, semplicemente ha un curioso senso dell’umorismo.
Il cornetto era un bell’oggetto nel suo genere; senz’essere veramente moderno era molto grazioso, tempestato di motivi floreali d’argento e madreperla e ampiamente incurvato come un corno di bufalo. La bellezza del cornetto non era la sua unica qualità, amplificava il suono a tal punto che una conversazione normale poteva essere udita perfino da me.

(Traduzione: Ginevra Bompiani)


Luigi Romolo Carrino (1968)

Non è di maggio
Maggio fa impazzire di giallo le ginestre e fa le teste bianche al mirto, scippa l’odore di resina al lentisco e lo spinge nella cucina e lo strascina sotto il porticato, lo caccia via dalla camera da letto, lo sale per le scale in pietra lavica e va a mischiarlo con la lavanda Mira Lanza delle lenzuola che Rosina ha sciorinato sulla loggia. Maggio promette al gelsomino una festa di ombrellucci candidi e dice all’aria un profumo che sa di incenso e si finge di essere una rosa a cento passi. Maggio porta, porta maggio, un calore nuovo per l’estate che sta arrivando e un Sole bambino che fa le smorfie di mattina e ride pe’ senza niente sulla capa delle donne di Procida uscite a far mercato. Maggio porta una luce che stopetea di luce i vigneti dell’aglianico e i corbezzoli e i limoni, come se gli volesse dire: Non è il vostro turno, guardate che arriva l’estate e voi avete già fatto le cose vostre i vostri fiori e i vostri frutti, come se gli volesse dire: Voi avete già fatto il vostro odore.


Lewis Carroll (Charles Lutwidge Dodgson) (1832-1898)

Alice's Adventures in Wonderland
Alice was beginning to get very tired of sitting by her sister on the bank, and of having nothing to do: once or twice she had peeped into the book her sister was reading, but it had no pictures or conversations in it, "and what is the use of a book," thought Alice, "withouth pictures or conversation?"
So she was considering in her own mind (as well as she could, for the hot day made her feel very sleepy and stupid), whether the pleasure of making a daisychain would be worth the trouble of getting up and picking the daisies, when suddendly a White Rabbit with pink eyes ran close by her.
Alice nel paese delle meraviglie
Alice cominciava ad essere veramente stufa di star seduta senza far niente accanto alla sorella, sulla riva del fiume. Una o due volte aveva provato a dare un'occhiata al libro che sua sorella stava leggendo, ma non c'erano né figure né filastrocche. "Che me ne faccio di un libro senza figure e senza filastrocche?" pensava Alice.
A dire la verità non era possibile pensare molto, perché faceva tanto caldo che Alice si sentiva tutta assonnata e con le idee confuse: adesso si stava domandando se valesse la pena di alzarsi e raccogliere fiori per fare una ghirlanda di margherite, quando ecco che improvvisamente le passò proprio davanti un Coniglio Bianco, con gli occhi rosa.

(Traduzione: Tommaso Giglio)

Sylvie and Bruno
LESS BREAD! MORE TAXES!
... and then all the people cheered again, and one man, who was more excited than the rest, flung his hat high into the air, and shouted (as well as I could make out) "Who roar for the Sub-Warden?" Everybody roared, but whether it was for the Sub-Warden, or not, did not clearly appear: some were shouting "Bread!" and some "Taxes!", but no one seemed to know what it was they really wanted.
All this I saw from the open window of the Warden's breakfast-saloon, looking across the shoulder of the Lord Chancellor, who had sprung to his feet the moment the shouting began, almost as if he had been expecting it, and had rushed to the window which commanded the best view of the market-place.
Sylvie e Bruno
MENO PANE! PIÙ TASSE!
... e quindi tutti applaudirono di nuovo, e un uomo, che era più eccitato degli altri, lanciò in alto il suo cappello, e gridò (per quanto potessi capire) "Chi è con il Vice Governatore?" Tutti urlarono, ma non apparve chiaro se queste urla erano o no indirizzate al Vice Governatore: qualcuno gridava "Pane!", qualcun altro "Tasse!", ma nessuno sembrava sapere cosa esattamente volesse. Vedevo la scena da una finestra aperta della sala da pranzo del palazzo del Governatore, sbirciando alle spalle del Lord Cancelliere, che si era alzato in piedi di scatto nel momento in cui si udirono le grida, quasi come se le stesse aspettando, e si era lanciato verso la finestra che offriva la migliore visuale della piazza del mercato.

A Tangled Tale
KNOT ONE
Excelsior

The ruddy glow of sunset was already fading into the sombre shadows of night, when two travelers might have been observed swiftly - at a pace of six miles in the hour - descending the rugged side of a mountain; the younger bounding from crag to crag with the agility of a fawn, while his companion, whose aged limbs seemed ill at ease in the heavy chain armour habitually worn by tourists in that district, toiled on painfully at his side.
As is always the case under such circumstances, the younger knight was the first to break the silence.
"A goodly pace, I trow!" he exclaimed. "We sped not thus in the ascent!"
"Goodly, indeed!'' the other echoed with a groan. "We clomb it but at three miles in the hour.
Una storia intricata
NODO I
Excelsior

Già il vermiglio brillio del tramonto tristemente sfumava nelle tenebre notturne quando si scorsero due viaggiatori scendere rapidi - a una velocità di sei miglia l'ora - lungo l'aspro pendio di una montagna; il più giovane balzava di roccia in roccia con l'agilità di un cerbiatto, mentre il suo compagno, le cui vecchie membra non parevano stare molto comode nella pesante corazza a maglia di cui abitualmente di coprivano coloro che percorrevano quella contrada, avanzava a fatica al suo fianco.
Come sempre accade in simili circostanze, fu il cavaliere più giovane il primo a spezzare il silenzio.
- Un buon ritmo, affé mia! - esclamò. - Non si andava così spediti nella salita!
- Buono davvero! - gli fece eco l'altro con un gemito. - Salimmo, sì, ma a tre miglia all'ora.

(Traduzione: Carla Muschio)

Through the Looking-Glass
One thing was certain, that the white kitten had had nothing to do with it: - it was the black kitten's fault entirely. For the white kitten had been having its face washed by the old cat for the last quarter of an hour (and bearing it pretty well, considering); so you see that it couldn't have had any hand in the mischief.
The way Dinah washed her children's faces was this: first she held the poor thing down by its ear with one paw, and then with the other paw she rubbed its face all over, the wrong way, beginning at the nose: and just now, as I said, she was hard at work on the white kitten, which was lying quite still and trying to purr - no doubt feeling that it was all meant for its good.
Attraverso lo specchio
Una cosa era certa: la gattina bianca non c'entrava per niente; la colpa era tutta della gattina nera. Infatti, la gattina bianca nell'ultimo quarto d'ora si era lasciata lavare il musino dalla vecchia gatta (con una discreta dose di pazienza, tutto sommato); e questo vi dimostra che lei non ci aveva messo mano nel misfatto.
Dinah usava questo sistema per lavare il muso alle sue gattine: prima bloccava la poverina afferrandola per le orecchie con una zampa, e poi con l'altra le strofinava tutto il muso, in contropelo, cominciando dal naso: e proprio in quel momento, come vi dicevo, stava strigliando di brutto la gattina bianca, che se ne stava lunga distesa tranquilla tranquilla, cercando di fare le fusa - evidentemente convinta che tutto era fatto per il suo bene.

(Traduzione: Milli Graffi)


Ciaran Carson (1948-2019)

Shamrock Tea (Tè al trifoglio)
Forse un giorno tornerò nel mondo in cui entrai la prima volta. Per ora vorrei scriverne un po', anche solo per ricordare a me stesso quel che sono.
Le prime cose di cui ho ricordo sono i colori della carta da parati della mia camera e quella loro sensazione di gesso sotto le unghie. Mi ci sarebbero voluti anni prima di imparare i nomi delle tonalità, il che mi riporta alla mia prima scatola di colori. Verde di Hooker, rosso vermiglio, blu di Prussia, terra di Siena bruciata: sapevo che dietro a quei nomi dovevano esserci delle storie e decisi che un giorno le avrei scoperte.
Quando imparai a parlare, capii che il verde era il colore della gelosia. Non sapevo ancora però che, a quanto si diceva, Napoleone fosse morto sull'isola di Sant'Elena respirando le esalazioni della carta da parati della sua camera, tinteggiata, con liberalità, di pigmento a base di arsenico conosciuto come smeraldo, o verde di Parigi; né sapevo che una luna verde aveva brillato in cielo per settimane dopo che il Krakatoa si era disintegrato il 28 agosto 1883, festa di santa Monica, madre di sant'Agostino.

(Traduzione: Eleonora Ottaviani)


Angela Carter (1940-1992)

The Infernal Desire Machines of Doctor Hoffman
I cannot remember exactly how it began. Nobody, not even the Minister, could remember. But I know it started well after my abysmal childhood was mercifully over. The nuns who buried my mother fixed me up with a safe berth; I was a minor clerk in a government office. I rented a room with a bed and a table, a chair and a gas ring, a cupboard and a coffee pot. My landlady was still comparatively young and extremely accommodating. I was always a little bored yet perfectly content. But I think I must have been one of the first people in the city to notice how the shadows began to fall subtly awry and curious sense of strangeness invaded everything. I had, you see, the time to see.
Le infernali macchine del desiderio
Non riesco a ricordare esattamente in che modo cominciò. Nessuno, nemmeno il ministro, riusciva a ricordarlo, ma so che cominciò quando la mia spaventosa infanzia era misericordiosamente finita da tempo. Le suore che avevano seppellito mia madre mi avevano sistemato con una sinecura: avevo un piccolo impiego in un ufficio governativo. Abitavo in una stanza d'affitto con un letto e un tavolo, una sedia e un fornello a gas, una credenza e una caffettiera. La padrona di casa era relativamente giovane e molto accomodante. Ero sempre un po' annoiato, ma del tutto soddisfatto. Pure, penso di essere stato uno dei primi in città a notare che le ombre cominciavano a mostrare una sottile distorsione , e una curiosa stranezza pervadeva ogni cosa. Avevo tempo per vedere, tutto qui.

(Traduzione: Lidia Perria)

Nights at the Circus
'Lor' you, sir! ' Fevvers sang out in a voice that clanged like dustbin lids_ 'As to my place of why, I first saw light of day right here in smoky old London, didn't I! Not billed the "Cockney Venus", for nothing, sir, though they could just as well 'ave called me "Helen of the High Wire", due to the unusual circumstances in which I come ashore — for I never docked via what you might call the normal channels, sir, oh, dear me, no; but, just like Helen of Troy, was hatched.
'Hatched out of a bloody great egg while Bow Bells rang, as ever is!'
The blonde guffawed uproariously, slapped the marbly thigh on which her wrap fell open and flashed a pair of vast, blue, indecorous eyes at the young reporter with his open notebook and his poised pencil, as if to dare him: 'Believe it or not!'
Notti al circo
«Per Dio, signore!», cantilenò Fevvers con una voce dagli echi metallici che ricordava il rumore di un coperchio sbattuto su un bidone della spazzatura. «Quanto al luogo in cui sono nata, be’, ho visto la luce proprio qui, nella vecchia Londra fumosa! Non per niente mi hanno soprannominata la Venere cockney, signore, anche se avrebbero potuto chiamarmi la Elena del trapezio, considerate le insolite circostanze in cui è avvenuta la mia nascita. Già, perché io non sono uscita da quelli che si potrebbero definire i
canali normali, signore, oh, no! Come Elena di Troia, sono uscita dall’uovo. Proprio così, sono uscita da un uovo bello grosso mentre suonavano le campane di Bow Church».
La bionda scoppiò a ridere rumorosamente, si batté la mano sulla coscia marmorea che sbucava dalla vestaglia e fece saettare lo sguardo impudico dei grandi occhi azzurri verso il giovane giornalista – taccuino aperto e matita a mezz’aria – quasi a dirgli: «Vediamo un po’ se mi credi!».

(Traduzione: Mariagiulia Castagnone)


Alfio Caruso (1950)

L'arte di una vita inutile
Andavamo verso il buio. Il cielo si era chiuso peggio dei nostri cuori. Ognuno portava la pena di un futuro sconosciuto. Gli altri dieci passeggeri della Laura Keene erano paisà che rientravano in Italia per controllare quanto fosse sopravanzato alla guerra. Provenivano dai posti più disparati degli Stati Uniti: niente sapevano di Nuovaiocche e niente volevano sapere. Mai sentito parlare dell'Hollywood. Manco lo dissi che io ci suonavo il piano all'Hollywood, il locale di Frank Costello e di Charles Luciano. Non l'avrebbero considerato un lavoro: per loro le mani dovevano servire ad arare campi, a tirare su palazzi, ad avvitare bulloni. Già avevano mostrato stupore davanti al mio nome: Willy Melodia? E che nome è? Troppo americano, che torna a fare in Italia?

Willy Melodia
E che minchia, sono rimasto l'ultimo... Anche il vecchio Joe ha reso l'anima al suo Dio. L'ha appena detto la televisione. Manco lo sapevo che Giuseppe Bonanno fosse ancora vivo: contava cinque anni più di me - lui del 1905, io del 1910 - e poteva essersene andato da quel dì. Invece ha dovuto tirare fino ai novantasette per cominciare a scontare i suoi peccati.


Raymond Carver (1938-1988)

Cathedral
Feathers
This friend of mine from work, Bud, he asked Fran and me to supper. I didn't know his wife and he didn't know Fran. That made us even. But Bud and I were friends. And I knew there was a little baby at Bud's house. That baby must have been eight months old when Bud asked us to supper. Where'd those eight months go? Hell, where's the time gone since? I remember the day Bud came to work with a box of cigars. He handed them out in the lunchroom. They were drugstore cigars. Dutch Masters. But each cigar had a red sticker on it and a wrapper that said IT'S A BOY! I didn't smoke cigars, but I took one anyway. "Take a couple," Bud said. He shook the box. "I don't like cigars either. This is her idea." He was talking about his wife. Olla.
Cattedrale
Penne
Questo amico che avevo sul lavoro, Bud, invitò me e Fran a cena. Non conoscevo sua moglie e lui non conosceva la mia. Eravamo pari. Comunque, con Bud eravamo amici. Sapevo che a casa sua c'era un bebè. Avrà avuto otto mesi quella volta dell'invito. Otto mesi finiti dove? Cavolo, ma dove sono finiti tutti i mesi trascorsi da allora? Mi ricordo il giorno che Bud arrivò al lavoro con una scatola di sigari. Ce li distribuì in mensa. Sigari da drugstore. Dutch Masters. Ognuno però con la sua fascetta rossa e l'involucro con su scritto È UN MASCHIETTO. Non fumavo sigari, ma uno l'accettai. "Pigliane un paio" mi disse Bud. Agitò la scatola. "Neanche a me piacciono. L'idea è stata sua." Si riferiva alla moglie. A Olla.

(Traduzione: Francesco Franconeri)

What We Talk About When We Talk About Love
Why Don't You Dance?
In the kitchen, he poured another drink and looked at the bedroom suite in his front yard. The mattress was stripped and the candy-striped sheets lay beside two pillows on the chiffonier. Except for that, things looked much the way they had in the bedroom - nightstand and reading lamp on his side of the bed, nightstand and reading lamp on her side.
His side, her side.
He considered this as he sipped the whiskey.
Di cosa parliamo quando parliamo d'amore
Perché non ballate?
In cucina si versò un altro bicchiere e guardò i mobili della camera da letto sistemati nel giardino. Il materasso era scoperto, mentre le lenzuola a righe colorate erano piegate sul cassettone, accanto a due cuscini. A parte questo dettaglio, tutto era disposto come lo era stato nella stanza: comodino e abat-jour dalla parte di lui, comodino e abat-jour dalla parte di lei.
La parte di lui, la parte di lei.
Sorseggiava whisky e rifletteva su questo punto.

(Traduzione: Riccardo Duranti)


Giovanni Giacomo Casanova (1725-1798)

Il duello
Un uomo nato a Venezia da poveri parenti, senza beni di fortuna e senza nessuno di que' titoli che nelle città distinguono le famiglie dalle ordinarie del popolo, ma educato, come piacque a Dio, nella guisa di quelli che sono destinati a tutt'altro fuorché a mestieri coltivati dal volgo, ebbe la disgrazia, nell'età di ventisett'anni, di incorrere nell'indignazione del governo; e, nell'età di vent'otto, ebbe la fortuna di fuggire dalle sacre mani di quella giustizia, della quale non soffriva di buona voglia il castigo. Fortunato è quel reo che può in pace soffrire la pena che meritò, aspettandone il termine con rassegnata pazienza; infelice è l'altro che, dopo aver errato, non ha il coraggio di compensare le sue colpe e cancellarle, soccombendo puntualmente alla sua condanna.

Histoire de ma vie (Storia della mia vita)
Comincio col dichiarare al lettore che, in tutto quanto ho fatto di buono o di cattivo durante la mia vita, son sicuro di averne avuto merito o demerito, e per conseguenza devo credermi fuori da ogni debito. La dottrina degli stoici, e di qualunque altra setta, sulla forza del Destino, è una chimera dell'immaginazione che si ricollega all'ateismo. Io non solo sono monoteista, ma cristiano fortificato dalla filosofia, che non ha mai guastato nulla.
Credo nell'esistenza di un Dio immateriale, creatore e signore di tutte le forme; e di non averne mai dubitato me lo dimostra il fatto che ho sempre avuto fiducia nella sua provvidenza, ricorrendo a Lui con la preghiera nelle mie necessità ed essendone sempre esaudito.

(Traduzione: Enrico Dall'Oglio)


Sveva Casati Modignani (Bice Cairati, 1938 e Nullo Cantaroni, 1928-2004

Qualcosa di buono
La luce dorata di un pomeriggio di fine settembre illuminava l'elegante sala-riunioni negli uffici milanesi del notaio Carlo Cajani. Di là da una grande finestra, le cime verdeggianti degli alberi del giardino si stagliavano contro il cielo dove navigavano matasse di nuvole bianche.
Il professor Pluda e i figli Giovanni, Wally e Chiara sedevano al tavolo della sala e aspettavano in silenzio che il notaio li raggiungesse per leggere il testamento di Alessandra Pluda Cavalli, moglie del professore e madre dei tre giovani, morta all'improvviso alla fine d'agosto.


Cristina Cassar Scalia (1977)

La logica della lampara
La vecchia lampara s’era decisa a funzionare, e ora penzolava dal suo gancio illuminando un metro quadro di mare.
Sante Tammaro se ne stava a poppa, in posizione precaria. A testa sotto, il naso infilato nel secchio col fondo di vetro, ogni tanto si voltava a controllare che fiocina e retino fossero a portata di mano.

Sabbia nera
La Muntagna s’era risvegliata quella mattina. Una nube nera densa di cenere incombeva sulla città, avvolgendola. Nei momenti di silenzio, i boati si udivano persino dal mare, a metà tra il rombo di un tuono e il botto di un fuoco d’artificio attutito dalla distanza.
La sabbia veniva giú senza requie, formando per terra un tappeto scricchiolante e scivolando sugli ombrelli aperti, rimediati qua e là da venditori ambulanti prontamente apparsi per le strade, come in un giorno di pioggia improvvisa.

La Salita dei Saponari
Lella Canton staccò il naso dal finestrino e controllò le foto appena scattate sul telefono. Ce n’erano un paio che su Instagram avrebbero fatto schiattare d’invidia tutte le sue colleghe. Cielo terso, nessuna nuvola, orizzonte perfetto. Negli ultimi dieci minuti sotto i suoi occhi erano passati prima le isole Eolie, poi lo stretto di Sicilia, infine lo scenario piú fantastico che le fosse mai capitato davanti. La montagna maestosa, la roccia nera spruzzata di neve e il pennacchio di fumo sulla sommità. Metteva quasi soggezione.

Il talento del cappellano
Aveva smesso di nevicare da un paio d’ore e il cielo s’era riempito di tutte le stelle che l’occhio umano è in grado di distinguere. Ai bordi della strada che s’inerpicava su per la muntagna, cumuli di neve seppellivano i muretti di pietra lavica. Cosí imbiancato, il paesaggio intorno, invisibile nel buio della notte, doveva essere uno spettacolo.

L'uomo del porto
La mattinata prometteva bene. Il sole s’era appena affacciato all’orizzonte e la pietra lavica dei palazzi e delle strade di Catania iniziava ad assorbire il calore dei primi raggi. Il profilo del Duomo si slanciava su un cielo limpido che piú azzurro non poteva essere, e che contrastava con il grigio e il bianco della cupola. Mattia camminava svelto per via Etnea, le mani affondate nelle tasche dei jeans, le spalle strette nell’eskimo verde chiuso fin sotto il mento. L’aria fresca gli sferzava il viso assonnato, ancora solcato dai segni del cuscino.


Carlo Cassola (1917-1987)

La ragazza di Bube
Mara sbadigliò. Era una bella noia essere costretta a stare in casa per colpa del fratello! Le venne in mente che avrebbe potuto lo stesso andarsene fuori: Vinicio si sarebbe messo a strillare, e poi la sera lo avrebbe raccontato alla madre; ma lei avrebbe potuto sempre dire che non era vero. E, dopo, gliele avrebbe anche date, a Vinicio.
Le piacque talmente l'idea che le venne una gran voglia di farlo. Ma poi indugiò a guardarsi nello specchio ovale del cassettone. Si mise le mani sotto i capelli, per vedere come sarebbe stata se li avesse avuti gonfi. Il vetro era scheggiato per traverso, sì che non ci si poteva specchiar bene: la faccia non entrava tutta.

Il taglio del bosco
Dopo Montecerboli i viaggiatori si ridussero a cinque: un giovanotto, un uomo, due donne e un bimbo.
Il fattorino si fregò le mani:
- Siamo proprio in famiglia, stasera, - disse soddisfatto.
L'uomo in fondo sorrise, poi si mise a guardare fuori del finestrino, benché non si vedesse nulla a causa del buio.

I vecchi compagni
Era mezzanotte quando Arnaldo bussò alla porta di Piero. Piero stesso andò ad aprire in camicia da notte:
"Che è successo?" fece vedendo l'amico.
"Sono venuto via da casa" rispose Arnaldo freddamente. "Dormirò per terra qui in cucina, se non ti dispiace," aggiunse guardandosi intorno.
"In coteste condizioni? No, aspetta." Fece alzare la moglie, e la mandò a dormire dai vicini; quindi portò Arnaldo a letto con sé.
Arnaldo si levò la giacca e i calzoni, e in camicia e mutande entrò nel letto.
"Sai, bisogna che venga via definitivamente," disse a Piero. "Sennò qualche giorno la strozzo."

La zampa d'oca
Liborio viveva in cima a un monte, come tutti i suoi contemporanei, sperava e temeva che l'anno Mille volesse dire la fine del mondo.
Per lui che era un eremita, la paura non avrebbe dovuto esistere. Giacché la fine del mondo voleva dire l'inizio della Vita Eterna: e nessuno la meritava quanto Liborio.
Era quello che gli ripetevano coloro che gli stavano intorno per consolarlo. Ma la paura, gliela ispirava il diavolo; e contro il diavolo, non c'era niente da fare.
Liborio credeva ciecamente nel diavolo che gli era venuto spesso nella capanna, assumendo l'aspetto di questo o di quello. Lui ogni volta se n'era accorto dalla zampa d'oca, che il diavolo non poteva nascondere.


Mimmi Cassola (1940)

Due felicissimi anni
"Peccato", pensò il professore fuggevolmente, studiando per un attimo la nuova paziente; una ragazza sui ventisei, giudicò, con occhi castani e lunghi capelli lisci appena più chiari, una faccia piacente dai tratti regolari, in quel momento stranamente rilassata, valutò, dato che le aveva appena enunciato diagnosi e prognosi. Concluse il rapido esame con un'occhiata clinica all'abbigliamento (in vista delle future parcelle), che gli parve troppo casuale, sebbene di buona qualità, per ammettere visite molto frequenti, e quindi soddisfacenti dal punto di vista finanziario.


Carlos Castaneda (1925-1998)

Journey to Ixtlan
On Saturday, May 22, 1971, I went to Sonora, Mexico, to see don Juan Matus, a Yaqui Indian sorcerer, with whom I had been associated since 1961. I thought that my visit on that day was going to be in no way different from the scores of times I had gone to see him in the ten years I had been his apprentice. The events that took place on that day and on the following days, however, were momentous to me. On that occasion my apprenticeship came to an end. This was not an arbitrary withdrawal on my part but a bona fide termination.
I have already presented the case of my apprenticeship in two previous work: The Teaching of Don Juan and A separate Reality.
My basic assumption in both books has been that the articulation points in learning to be a sorcerer were the states of nonordinary reality produced by the ingestion of psychotropic plants.
Viaggio a Ixtlan
Sabato 22 maggio 1971 andai a Sonora, in Messico, a trovare don Juan Matus, uno stregone indiano yaqui con cui ero stato in rapporto fin dal 1961. Pensavo che la mia visita di quel giorno non sarebbe stata diversa dalle tante altre dei dieci anni in cui ero stato suo discepolo. Gli avvenimenti di quel giorno e dei seguenti, invece, furono per me molto importanti. In quell'occasione il mio noviziato giunse alla fine. Non si trattò di un mio arbitrario ritiro, bensì di una conclusione in buona fede.
Ho già esposto il mio noviziato in due libri precedenti:
The Teachings of Don Juan e A Separate Reality.
In entrambi i libri mia assunzione di base era che i punti cruciali del tirocinio di stregone fossero gli stati di realtà non ordinaria prodotti dall'ingerimento di piante psicotrope.

(Traduzione: ?)

The Power of Silence (Il potere del silenzio)
In diverse occasioni don Juan tentò di dare un nome alla sua conoscenza, a mio beneficio. A suo parere il termine più adatto era nagualismo, anche se un po' oscuro. Dire semplicemente "conoscenza" rendeva tutto troppo vago, e chiamarla "negromanzia" era spregiativo. "La padronanza dell'intento" era troppo astratto e "la ricerca della libertà totale" troppo lungo e metaforico. Alla fine, non riuscendo a trovare un lemma più appropriato, la chiamò "magia", pur ammettendo una certa in accuratezza.
(Traduzione: ?)

The Teachings of Don Juan (A scuola dallo stregone)
Nell'estate del 1960, quando studiavo antropologia all'Università di California, Los Angeles, feci alcuni viaggi nel Sud-ovest per raccogliere informazioni sulle piante medicinali usate dagli indiani della zona. Gli avvenimenti qui descritti ebbero inizio durante uno dei miei viaggi. Ero in una cittadina di confine in attesa di un autobus della Greyhound, e chiacchieravo con un amico che mi aveva fatto da guida e da assistente nella mia ricerca. A un tratto questi si chinò verso di me e mi sussurrò che l'uomo seduto davanti alla finestra, un vecchio indiano dai capelli bianchi, sapeva molte cose sulle piante, specialmente sul pelote. Gli domandai allora di presentarmi a quell'uomo.
(Traduzione: ?)


Baldesar Castiglione (1478-1529)

Il libro del cortegiano
Quando il signor Guid'Ubaldo di Montefeltro, duca d'Urbino, passò di questa vita, io insieme con alcun'altri cavalieri che l'aveano servito restai alli servizi del duca Francesco Maria della Rovere, erede e successor di quello nel stato; e come nell'animo mio era recente l'odor delle virtú del duca Guido e la satisfazione che io quegli anni aveva sentito della amorevole compagnia di così eccellenti persone, come allora si ritrovarono nella corte d'Urbino, fui stimulato da quella memoria a scrivere questi libri del Cortegiano; il che io feci in pochi giorni, con intenzione di castigar col tempo quegli errori, che dal desiderio di pagar tosto questo debito erano nati.


Willa Cather (1876-1947)

The Affair at Grover Station
I heard this story sitting on the rear platform of an accommodation freight that crawled along through the brown, sun-dried wilderness between Grover Station and Cheyenne. The narrator was "Terrapin" Rodgers who had been a classmate of mine at Princeton, and who was then cashier in the B---- railroad office at Cheyenne. Rodgers was an Albany boy, but after his father failed in business, his uncle got "Terrapin" a position on a western railroad, and he left college and disappeared completely from our little world, and it was not until I was sent West, by the University with a party of geologists who were digging for fossils in the region about Sterling, Colorado, that I saw him again. On this particular occasion Rodgers had been down at Sterling to spend Sunday with me, and I accompanied him when he returned to Cheyenne.
Il caso di Grover Station
Mi hanno raccontato questa storia seduti sull’ultimo pianale di un treno merci che attraversava la scura e arida landa tra Grover Station e Cheyeenne. Il narratore, ‘Tartaruga’ Rodgers, era stato mio compagno di classe a Princetown e occupava ora il ruolo di cassiere della stazione ferroviara della B a Cheyenne. Rodgers veniva da Albany, ma dopo il fallimento dell’impresa paterna trovò un impiego grazie allo zio in una ferrovia dell’ovest e lasciata l’università, scomparve completamente dal nostro piccolo mondo. Fu soltanto quando anch’io venni inviato all’ovest dalla mia università con un gruppo di geologi in cerca di fossili nella zona intorno a Sterling, in Colorado, che ebbi l’occasione di rivederlo. Rodgers veniva a Sterling per trascorrere la domenica con me e poi io lo riaccompagnavo a Cheyenne.

(Traduzione: Katia Bagnoli)

Death Comes for the Archbishop
One summer evening in the year 1848, three Cardinals and a missionary Bishop from America were dining together in the gardens of a villa in the Sabine hills, overlooking Rome. The villa was famous for the fine view from its terrace. The hidden garden in which the four men sat at table lay some twenty feet below the south end of this terrace, and was a mere shelf of rock, overhanging a steep declivity planted with vineyards.
La morte viene per l'arcivescovo
Una sera d'estate dell'anno 1848, tre cardinali e un vescovo missionario giunto dall'America stavano cenando insieme nei giardini di una villa sui monti Sabini, affacciata su Roma. La villa era famosa per la splendida vista che si godeva dalla terrazza. Il giardino appartato in cui i quattro uomini sedevano a tavola si trovava a cinque o sei metri sotto il limite meridionale della terrazza, ed era un semplice ripiano roccioso sospeso su un erto declivio coltivato a vigneti.

(Traduzione: Giovanna Scocchera)

A Lost Lady
Thirty or forty years ago, in one of those grey towns along the Burlington railroad, which are so much greyer to-day than they were then, there was a house well known from Omaha to Denver for its hospitality and for a certain charm of atmosphere. Well known, that is to say, to the railroad aristocracy of that time; men who had to do with the railraod itself, or with one of the "land companies" which were its by-products. In those days it was enough to say of a man that he was "connected with the Burlington."
Una signora perduta
Trenta o quarant'anni fa, nei dintorni di una di quelle grigie cittadine che sorgono lungo la linea ferroviaria Burlington e che oggi sono tanto più grigie di quanto non fossero allora, c'era una casa assai nota, da Omaha a Denver, per la sua ospitalità e il particolare fascino della sua atmosfera. O, per meglio dire, era nota all'aristocrazia ferroviaria dell'epoca, agli uomini che avevano a che fare direttamente con la Burlington o con una delle svariate attività che ne costituivano il contorno. A quel tempo di un uomo bastava dire che era "nella ferrovia".

(Traduzione: Eva Kampmann)

My Antonia
I first heard of Antonia on what seemed to me an interminable journey across the great midland plain of North America. I was ten years old then; I had lost both my father and mother within a year, and my Virginia relatives were sending me out to my grandparents, who lived in Nebraska. I travelled in the care of a mountain boy, Jake Marpole, one of the `hands' on my father's old farm under the Blue Ridge, who was now going West to work for my grandfather. Jake's experience of the world was not much wider than mine. He had never been in a railway train until the morning when we set out together to try our fortunes in a new world.
La mia Antonia
Sentii parlare per la prima volta di Antonia durante quello che mi sembrò un viaggio interminabile lungo le grandi pianure centrali del Nord America. Avevo allora dieci anni; avevo perduto sia mio padre che mia madre nell'arco di un anno, e i miei parenti in Virginia mi avevano mandato dai miei nonni, che vivevano in Nebraska. Viaggiavo affidato alle cure di un montanaro, Jake Marpole, uno dei lavoranti della vecchia fattoria di mio padre sotto il Blue Ridge, che stava andando nell'Ovest a lavorare per mio nonno. L'esperienza del mondo di Jake non era molto più vasta della mia. Non era mai stato su un treno fino al giorno in cui ci eravamo trovati insieme a cercare fortuna in un mondo nuovo.

My Mortal Enemy (Il mio mortale nemico)
Avevo quindici anni la prima volta che incontrai Myra Henshawe, ma la conoscevo fin dall'età in cui cominciano i miei ricordi. A casa nostra, nei giorni di festa oppure durante le cene di famiglia, lei, la sua fuga d'amore, il suo matrimonio erano gli argomenti di conversazione più interessanti, a dire il vero gli unici interessanti. Mia madre e le zie si erano sempre tenute in contatto con Myra Driscoll, come la chiamavano, e di tanto in tanto zia Lydia andava a trovarla a New York. Tra tutti gli amici d'infanzia era stata lai la più affascinante, la più brillante. Tanto la sua vita era piena e movimentata, così la nostra monotona.
(Traduzione: Barbara Lanati)

O Pioneers!
One January day, thirty years ago, the little town of Hanover, anchored on a windy Nebraska tableland, was trying not to be blown away. A mist of fine snowflakes was curling and eddying about the cluster of low drab buildings huddled on the gray prairie, under a gray sky. The dwelling-houses were set about haphazard on the tough prairie sod; some of them looked as if they had been moved in overnight, and others as if they were straying off by themselves, headed straight for the open plain. None of them had any appearance of permanence, and the howling wind blew under them as well as over them.
O pionieri!
Un giorno di gennaio di trent'anni fa, la cittadina di Hanover, situata su un ventoso altopiano del Nebraska, stava tentando di non essere spazzata via dalla tempesta. Una nuvola di sottili fiocchi di neve avvolgeva, turbinando vorticosamente, il gruppo di bassi edifici incolori stretti l'un l'altro nella grigia prateria, sotto un cielo altrettanto grigio. Le case erano disposte in modo più o meno casuale sulle dure zolle della prateria; alcune sembrava come se fossero state spostate durante la notte, e altre come se si fossero allontanate da sole puntando verso l'aperta campagna. Nessuna di loro aveva una qualche apparenza di dimora stabile, e il vento urlante soffiava lambendone ogni angolo.

The Professor's House
The moving was over and done. Professor St. Peter was alone in the dismantled house where he had lived ever since his marriage, where he had worked out his career and brought up his two daughters. It was almost as ugly as it is possible for a house to be; square, three stories in height, painted the colour of ashes - the front porch just too narrow for comfort, with a slanting floor and sagging steps. As he walked slowly about the empty, echoing rooms on that bright September morning, the Professor regarded thoughtfully the needless inconveniences he had put up with for so long; the stairs that were too steep, the halls that were too cramped, the awkward oak mantles with thick round posts crowned by bumptious wooden balls, over green-tiled fire-places.
La casa del professore
Il trasloco era cosa fatta. Il professor St. Peter era solo nella casa vuota in cui aveva vissuto dal giorno del matrimonio, dove aveva iniziato la sua carriera e cresciuto le due figlie. Difficile immaginare una casa più brutta: quadrata, alta tre piani, tinteggiata di color cenere, la veranda troppo stretta per essere comoda, il pavimento inclinato e i gradini sconnessi. Camminando lentamente su e giù per le stanze echeggianti e deserte in quella luminosa mattinata di settembre, il professore fissava pensieroso gli inutili disagi che aveva sopportato per tanto tempo: le scale troppo ripide, i corridoi troppo angusti e, sopra i camini rivestiti di maioliche verdi, le prosaiche ciminiere in rovere, con le loro spesse colonne tondeggianti sormontate da pomposi globi di legno.

(Traduzione: Monica Pareschi)


Guido Cavani (1897-1967)

Zebio Còtal
Zuello Còtal, nativo di S. Rocco, frazione di Serra, era stato condotto in pianura all’età di nove anni.
Suo padre, Zebio Còtal, che aveva sei figli da mantenere, la moglie malaticcia e un piccolo podere su di una costa brulla, per alleggerire il bilancio familiare, aveva pensato di mettere il secondogenito a servire presso un suo fratello che si era arricchito in America ed aveva comperato un fondo sulle rive del Po. Così, un grigio mattino d’ottobre, Zaello aveva lasciato la madre a piangere sulla soglia di casa, ed era partito a piedi, col padre, raggiungendo dopo due giorni di viaggio la nuova dimora.


Jacques Cazotte (1719-1792)

Le Diable Amoureux
J'étais à vingt-cinq ans capitaine aux gardes du roi de Naples. Nous vivions beaucoup entre camarades, et comme de jeunes gens, c'est-à-dire, des femmes, du jeu, tant que la bourse pouvait y suffire; et nous philosophions dans nos quartiers quand nous n'avions plus d'autre ressource.
Un soir, après nous être épuisés en raisonnements de toute espèce autour d'un très petit flacon de vin de Chypre et de quelques marrons secs, le discours tomba sur la cabale et les cabalistes.
Un d'entre nous prétendait que c'était une science réelle, et dont les opérations étaient sûres; quatre des plus jeunes lui soutenaient que c'était un amas d'absurdités, une source de friponneries, propres à tromper les gens crédules et amuser les enfants. Le plus âgé d'entre nous, Flamand d'origine, fumait sa pipe d'un air distrait, et ne disait mot.
Il diavolo in amore
Ero a venticinque anni capitano delle guardie del re di Napoli: stavamo molto insieme tra noi commilitoni e vivevamo come tutti i giovani, cioè, di donne e di gioco, finché restava denaro in borsa: quando non avevamo più altra risorsa passavamo il tempo nei nostri alloggi a filosofare.
Una sera, dopo esserci sfibrati in ragionamenti d'ogni specie intorno a un fiaschetto di vino di Cipro e a qualche castagna secca, il discorso cadde sulla Cabala e sui cabalisti.
Uno di noi pretendeva che fosse una scienza reale, le cui pratiche fossero cosa certa; quattro fra i più giovani replicavano che si trattava di un mucchio di assurdità, una truffa bella e buona per ingannare i creduloni e far ridere i bambini. Il più anziano di noi, che era di origine fiamminga, fumava la pipa con aria distratta e non apriva bocca.

(Traduzione: Margherita Belardetto)

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