Incipit / DA-DH
Le frasi iniziali della letteratura di ogni tempo e paese.

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Giuseppe D'Agata (1927-2011)

Il segno del comando
Una berlina targata Gran Bretagna si arrestò davanti a un austero portone di via Margutta, all'altezza dello stabile contrassegnato dal numero 53/B. L'auto - una Jaguar un po' vecchiotta - era molto impolverata, come se avesse compiuto un lungo viaggio. Era una tarda mattinata di primavera, una classica giornata del marzo romano, quando l'aria frizzante sa di verde anche se non si scorgono né alberi né giardini. Dalla Jaguar era sceso un uomo vestito con sobria eleganza, biondo e con gli occhi azzurri, sui trentacinque-quarant'anni; un tipo disinvolto e piuttosto sicuro di sé, dall'aria inconfondibilmente britannica. Pareva compiaciuto di trovarsi nella lunga e stretta strada tradizionalmente abitata dagli artisti, sulla quale si affacciavano numerose le botteghe degli antiquari, dei falegnami e dei corniciai. Prese dall'auto una borsa di pelle e si soffermò ad osservare una targa che spiccava accanto al portone, scritta in caratteri neoclassici: "Studi di pittura e di scultura". Poi, con passo deciso, varcò la soglia del 53/B.


Stig Dagerman (1923-1954)

Tysk Höst! (Autunno tedesco)
Nell’autunno del 1946 gli alberi della Germania sono rimasti spogli per la terza volta dopo il famoso discorso di Churchill sull’imminente caduta delle foglie. È stato un triste autunno, con pioggia e freddo, crisi di fame nella Ruhr e fame senza crisi nel resto del vecchio Terzo Reich. Per tutto l’autunno sono arrivati i treni che trasportavano i profughi dall’Est verso le zone occidentali. Gente vestita di stracci, affamata e indesiderata si accalcava nei bunker senza luce e maleodoranti delle grandi stazioni ferroviarie o in quei bunker giganteschi, alti e senza finestre, simili a gassometri quadrangolari, che si innalzano come enormi monumenti alla sconfitta nelle città tedesche rase al suolo.
(Traduzione: Massimo Ciaravolo)


Alessandra MR D'Agostino (197?)

Giorni
Francesco controllò il numero della prenotazione e, afferrato il trolley, si avviò verso il corridoio di destra.
Lesse i numeri dal primo scompartimento, fermandosi davanti al quarto. Controllò se quello indicato sul vetro combaciasse col numero del suo cartoncino poi aprì la porta ed entrò, dirigendosi verso il posto ancora vuoto, quello lato finestrino.
Buongiorno.
Quelli dentro riposero al saluto spostandosi al suo passaggio.


Andrea D'Agostino (1977)

Mi mangiassero i grilli
Andavo in terza elementare quando ho scoperto che le ostie intinte nel miele sono buone. Era un sabato pomeriggio caldo e assolato, c'era catechismo. Suor Camilla ci aveva portato in una stanza umida e si stava esibendo in uno dei suoi assoli sui sette vizi capitali. Avevo fame, la nonna non aveva cucinato niente a pranzo. Mi infilai il mignolo nel naso, stuzzicai con l'unghia qualche capillare. Aspettai che il sangue fosse colato fino al mento, poi chiesi il permesso di uscire.


Roald Dahl (1916-1990)

The Bookseller (Il libraio che imbrogliò l'Inghilterra)
Se, in quei giorni, da Trafalgar Square v'incamminavate per Charing Cross Road, dopo pochi minuti, sul lato destro della via, avreste incontrato un negozio che alla sommità della vetrina recava la scritta: WILLIAM BUGGAGE - LIBRI RARI. Se poi sbirciavate nella vetrina stessa, avreste constatato che le pareti erano tappezzate di libri dal soffitto al pavimento; e se a questo punto aveste spinto la porta e foste entrati, avreste subito sentito il lieve odore di vecchio cartone e foglie di tè che pervade gli interni di tutte le botteghe londinesi di libri usati. Quasi sicuramente avreste trovato anche due o tre clienti: figure silenziose e spettrali, in soprabito e cappello floscio, intente a rovistare tra le serie di volumi di Jane Austen o Trollope, di Dickens o George Eliot nella speranza di trovare una rara prima edizione.
(Traduzione: Massimo Bocchiola)

Going Solo
The ship that was carrying me awat from England to Africa in the autumn of 1938 was called the SS Mantola. She was an old paint-peeling tub of 9,000 tons with a single tall funnel and a vibrating engine that rattled the tea-cups on the dining-room table.
The voyage from the Port of London to Mombasa would take two weeks and on the way we were going to call in at Marseilles, Malta, Port Said, Suez, Port Sudan and Aden. Nowadays you can fly to Mombasa in a few hours and you stop nowhere and nothing is fabulous any more, but in 1938 a journey like that was full of stepping-stones and East Africa was a long way from home, especially if your contract with the Shell Company said that you were to stay out there for three years at a stretch.
In solitario
La nave che nell'autunno del 1938 mi portava lontano dall'Inghilterra, verso l'Africa, Si chiamava
Mantola. Era una vecchia e scrostata carretta da 9.000 tonnellate con un unico, alto fumaiolo e un motore le cui vibrazioni facevano tintinnare le tazzine da tè sui tavoli della sala da pranzo.
La traversata dal porto di Londra a Mombasa sarebbe durata due settimane e per strada ci saremmo fermati a Marsiglia, Malta, Porto Said, Suez, Porto Sudan e Aden. Oggi si vola a Mombasa in poche ore senza fermarsi in nessun posto e non è niente di favoloso, ma nel 1938 un viaggio del genere comportava molti scali e l'Africa Orientale era lontanissima da casa, specialmente se il vostro contratto con la Shell prevedeva che vi fermaste laggiù per tre anni di fila.

(Traduzione: Mariarosa Giardina Zannini)

The Great Automatic Grammatisator
"Well, Knipe, my boy. Now that it's finished, I just called you in to tell you I think you've done a fine job."
Adolph Knipe stood still in front of Mr Bohlen's desk. There seemed to be no enthusiasm in him at all.
"Aren't you pleased?"
"Oh yes, Mr Bohlen."
"Did you see what the papers said this morning?"
"No, sir, I didn't."
Lo scrittore automatico
"Bene, Knipe, ragazzo mio. Adesso che tutto è finito, l'ho chiamata solo per dirle che penso proprio abbia fatto un buon lavoro.". Adolph Knipe era immobile, in piedi, davanti alla scrivania di Mr. Bohlen. Il suo volto non rivelava il minimo entusiasmo.
"Non è contento?"
"Oh, certo, Mr. Bohlen."
"Ha letto cosa dicevano I giornali di stamane?"
"No, signore, non li ho letti."

(Traduzione: Massimo Bocchiola)

Tales of the Unexpected (...)
Taste
There were six of us to dinner that night at Mike Schofield's house in London: Mike and his wife and daughter, my wife and I, and a man called Richard Pratt.


Antonio Dal Masetto (1938-2015)

Bosque (Bosque)
Erano tre ore che Mudo guidava per quella strada sempre uguale, attraverso i campi invernali, con le macchie di alberi e il bestiame immobile che appariva e scompariva nella nebbia. Rallentò quando vide un cartello crivellato di colpi dove si poteva ancora leggere: "Bosque 3 Km". Il bivio era sulla destra e prima di arrivarci Mudo uscì dall'asfalto e si fermò sull'erba. Scese e cominiciò a muoversi su e giù per sgranchire le gambe. Accese una sigaretta, l'ultima del pacchetto, e fumò appoggiato all'auto. Un sole pallido aveva appena rotto le nubi, la nebbia si stava dirandando e poté vedere davanti a sé la macchia chiara delle case di Bosque e il campanile al centro.
(Traduzione: Antonella Ciabatti)

Siempre es dificil volver a casa (È sempre difficile tornare a casa)
La Peugeot nera lasciò l'asfalto, attraversò davanti ai distributori di carburante e si fermò sotto l'ombra di un albero. I quattro uomini scesero, entrarono nel bar e ordinarono birra.
- Salute, - disse il primo.
- Salute, - rispose il secondo.
- Che domani sia un giorno fortunato. - disse il terzo.
- Che possiamo tornare a casa - aggiunse il quarto.
- A casa, in che senso?
- Ciascuno a casa sua.
- Dicono che la propria casa stia esattamente dove nasce l'arcobaleno.
- Allora non deve essere un posto facile da raggiungere.
- Certo che no.
Pagarono, uscirono e ripresero la strada.

(Traduzione: Laura Pariani)


Elizabeth Daly (1879-1967)

Arrow Pointing Nowhere
Schenck pushed the ball of crumpled paper across the table. "The trouble is," he said, "you don't get your mail."
Gamadge picked the thing up and smoothed it out. It proved to be a buff-colored envelope of good quality, addressed in neat typing to Blake Fenway, Esq., in the east seventies. A business address was printed in the upper left-hand corner: J. Hall. Rare Books. In the upper right-hand corner was a cancelled stamp; the postmark was dated January 29th.
Morte al telefono
Schenck fece rotolare sul tavolo il pezzo di carta appallottolato. «Il problema», disse, «è che la posta non ti arriva».
Gamadge lo prese e lo lisciò, scoprendo che era una busta color camoscio di buona qualità su cui era stato battuto ordinatamente a macchina l’indirizzo di Blake Fenway, oltre la Settantesima Strada Est. Nell’angolo in alto a sinistra era stampato un indirizzo commerciale,
J. Hall. Libri Rari, mentre in quello opposto spiccava un francobollo annullato da un timbro postale con la data del 29 gennaio.
(Traduzione: Sara Caraffini)


Richard Henry Dana (1815-1882)

Two Years Before the Mast
The fourteenth of August was the day fixed upon for the sailing of the brig Pilgrim on her voyage from Boston round Cape Horn to the western coast of North America. As she was to get under weigh early in the afternoon, I made my appearance on board at twelve o'clock, in full sea-rig, and with my chest, containing an outfit for a two or three year voyage, which I had undertaken from a determination to cure, if possible, by an entire change of life, and by a long absence from books and study, a weakness of the eyes, which had obliged me to give up my pursuits, and which no medical aid seemed likely to cure.
Due anni a prora
Il quattordici agosto era il giorno fissato per la partenza del brigantino Pilgrim, per un viaggio da Boston alla costa occidentale del Nord America, passando per Capo Horn. Quando si avvicinava il momento della partenza, prevista per il primo pomeriggio, feci la mia apparizione a bordo, a mezzogiorno, abbigliato in puro stile marinaro, e con un baule contenente l'equipaggiamento bastante per un viaggio di due o tre anni, che avevo intrapreso con l'intenzione di guarire, con un drastico cambiamento di vita e una prolungata astinenza dalla lettura e dallo studio, una malattia degli occhi che mi aveva obbligato ad abbandonare le mie occupazioni, e che nessuna medicina sembrava in grado di curare.


Gabriele D'Annunzio (1863-1938)

Il fuoco
Stelio, non vi trema il cuore, per la prima volta? - chiese la Foscarina con un sorriso tenue, toccando la mano dell'amico taciturno che le sedeva al fianco. - Vi veggo un poco pallido e pensieroso. Ecco una bella sera di trionfo per un grande poeta!
Uno sguardo le adunò negli occhi esperti tutta la bellezza diffusa per l'ultimo crepuscolo di settembre divinamente, così che in quell'animato cielo bruno le ghirlande di luce che creava il remo nell'acqua da presso cinsero gli angeli ardui che splendevano da lungi su i campanili di San Marco e San Giorgio Maggiore.
- Come sempre - ella soggiunse con la sua voce più dolce - come sempre ogni cosa è favorevole a voi. In una sera come questa, quale anima potrebbe restar chiusa ai sogni che vi piacerà di suscitare con le parole? Non sentite già che la folla è disposta a ricevere la vostra rivelazione?

Giovanni Episcopo
Dunque, voi volete sapere... Che cosa volete sapere, signore? Che cosa vi debbo dire? Che cosa? - Ah, tutto! - Bisognerà dunque che io vi racconti tutto, fin dal principio.
Tutto, fin dal principio! Come farò? Io non so più nulla; non mi ricordo più di nulla, veramente. Come farò, signore? Come farò?
Oh Dio! Ecco... - Aspettate, vi prego, aspettate. Abbiate pazienza. Abbiate un poco di pazienza; perché io non so parlare. Se pure mi ricorderò di qualche cosa, non ve la saprò raccontare. Quando ero tra gli uomini, ero taciturno. Ero taciturno, anche dopo che avevo bevuto: sempre.
No, non sempre. Con lui, parlavo; soltanto con lui. Certe sere d'estate, fuori di porta, o nelle piazze, nei giardini publici... Metteva il suo braccio sotto il mio, quel povero braccio scarno, così esile che quasi non lo sentivo. E andavamo insieme, ragionando.

L'innocente
Andare davanti al giudice, dirgli: "Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l'avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l'ho uccisa. Ho premeditato l'assassinio, nella mia casa, L'ho compiuto con una perfetta lucidità di coscienza, esattamente, nella massima sicurezza. Poi ho seguitato a vivere col mio segreto nella mia casa, un anno intero, fino ad oggi. Oggi è l'anniversario. Eccomi nelle vostre mani. Ascoltatemi. Giudicatemi." Posso andare davanti al giudice, posso parlargli così?
Non posso né voglio. La giustizia degli uomini non mi tocca. Nessun tribunale della terra saprebbe giudicarmi.
Eppure bisogna che io mi accusi, che io mi confessi. Bisogna che io riveli il mio segreto a qualcuno.
A CHI?

Notturno
Ho gli occhi bendati.
Sto supino sul letto, col torso immobile, col capo riverso, un poco più basso dei piedi.
Sollevo leggermente le ginocchia per dare inclinazione alla tavoletta che v’è posata.
Scrivo sopra una stretta lista di carta che contiene una riga. Ho tra le dita un lapis scorrevole. Il pollice e il medio della mano destra, poggiati su gli orli della lista, la fanno scorrere via via che la parola è scritta.

Il piacere
L'anno moriva, assai dolcemente. Il sole di San Silvestro spandeva non so che tepor velato, mollissimo, aureo, quasi primaverile, nel ciel di Roma. Tutte le vie erano popolose come nelle domeniche di maggio. Su la piazza Barberini, su la piazza di Spagna una moltitudine di vetture passava in corsa traversando; e dalle due piazze il romorio confuso e continuo, salendo alla Trinità de' Monti, alla via Sistina, giungeva fin nelle stanze del palazzo Zuccari, attenuato.
Le stanze andavansi empiendo a poco a poco del profumo ch'esalavan ne' vasi i fiori freschi. Le rose folte e larghe stavano immerse in certe coppe di cristallo che si levavan sottili da una specie di stelo dorato slargandosi in guisa d'un giglio adamantino, a similitudine di quelle che sorgon dietro la Vergine nel tondo di Sandro Botticelli alla Galleria Borghese. Nessuna altra forma di coppa eguaglia in eleganza tale forma: i fiori entro quella prigione diafana paion quasi spiritualizzarsi e meglio dare imagine di una religiosa o amorosa offerta.
Andrea Sperelli aspettava nelle sue stanze un'amante.

Trionfo della morte
Ippolita, quando vide contro il parapetto un gruppo di uomini chini a guardare nella strada sottoposta, esclamò soffermandosi:
- Che sarà accaduto?
Ella ebbe un piccolo moto di timore; e appoggiò involontariamente la mano sul braccio di Giorgio come per trattenerlo.
Giorgio disse, osservando i gesti di quegli uomini:
- Si sarà gettato giù qualcuno.
Soggiunse:
- Vuoi che torniamo indietro?
Ella esitò un poco, tra la curiosità e il raccapriccio. Rispose:
- No; seguitiamo.
Seguitarono pel viale estremo, lungo il parapetto. Involontariamente Ippolita accelerava il suo passo verso il gruppo dei curiosi.
In quel pomeriggio di marzo il Pincio era quasi deserto. Nell'aria grigia e sorda morivano i romori rari.
- È così - disse Giorgio - Qualcuno s'è ucciso.


Dante Alighieri (1265-1321)

Convivio
Sì come dice lo Filosofo nel principio de la Prima Filosofia, tutti li uomini naturalmente desiderano di sapere. La ragione di che puote essere ed è che ciascuna cosa, da providenza di prima natura impinta, è inclinabile a la sua propria perfezione; onde, acciò che la scienza è ultima perfezione de la nostra anima, ne la quale sta la nostra ultima felicitade, tutti naturalmente al suo desiderio semo subietti. Veramente da questa nobilissima perfezione molti sono privati per diverse cagioni, che dentro a l'uomo e di fuori da esso lui rimovono da l'abito di scienza.

Detto d'amore
Amor sì vuole, e par-li
Ch'i' 'n ogni guisa parli
E ched i' faccia un detto,
Che sia per tutto detto,
Ch'i' l'aggia ben servito.
Po' che'e m'ebbe 'nservito
E ch'i' gli feci omaggio,
I' l'ò temuto o maggio
E terrò giamà' sempre;

De vulgari eloquentia
Cum neminem ante nos de vulgaris eloquentie doctrina quicquam inveniamus tractasse, atque talem scilicet eloquentiam penitus omnibus necessariam videamus - cum ad eam non tantum viri sed etiam mulieres et parvuli nitantur, in quantum natura permittit -, volentes discretionem aliqualiter lucidare illorum qui tanquam ceci ambulant per plateas, plerunque anteriora posteriora putantes, Verbo aspirante de celis locutioni vulgarium gentium prodesse temptabimus, non solum aquam nostri ingenii ad tantum poculum aurientes, sed, accipiendo vel compilando ab aliis, potiora miscentes, ut exinde potionare possimus dulcissimum ydromellum.
De vulgari eloquentia
Non ritrovando che innanzi a me altri abbia trattato alquanto del parlar vulgare, e veggendo questo parlare a tutti essere necessario, dacché non soltanto gli uomini, ma e le femmine e i fanciulli, secondo lor consente natura, si studiano ad esso di pervenire; e volendo in qualche modo schiarir la mente di quelli che van per le piazze siccome orbi, e sovente credon le cose posteriori stare loro davanti; con l'aiuto che Dio dal Cielo ne concede, cercheremo di recare utilità al parlar delle genti vulgari, non tanto versando il tal coppa il succo del nostro ingegno, ma anche facendo tesoro o accogliendo da altri, e insieme mescendo le cose megliori, per farne bevanda di idromele dolcissimo.

(Traduzione: Giuseppe Lando Passerini)

La divina commedia
Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
che la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant'è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch'i' vi trovai,
dirò de l'altre cose ch'i' v'ho scorte.

Il fiore
I
Lo Dio d'Amor con su' arco mi trasse
Perch'i' guardava un fior che m'abellia,
Lo quale avea piantato Cortesia
Nel giardin di Piacer; e que' vi trasse.
Sì tosto ch'a me parve ch'e' volasse,
E disse: "I' sì ti tengo in mia balìa".
Alló gli piacque, non per voglia mia,
Che di cinque saette mi piagasse.
La prima à non' Bieltà: per li occhi il core
Mi passò; la seconda, Angelicanza:
Quella mi mise sopra gran fredore;
La terza Cortesia fu, san' dottanza;
La quarta, Compagnia, che fe' dolore;
La quinta apella l'uon Buona Speranza.

Monarchia
Omnium hominum quos ad amorem veritatis natura superior impressit hoc maxime interesse videtur: ut, quemadmodum de labore antiquorum ditati sunt, ita et ipsi posteris prolaborent, quatenus ab eis posteritas habeat quo ditetur. Longe nanque ab offitio se esse non dubitet qui, publicis documentis imbutus, ad rem publicam aliquid afferre non curat; non enim est lignum quod secus decursus aquarum fructificat in tempore suo, sed potius perniciosa vorago semper ingurgitans et nunquam ingurgitata refundens. Hec igitur sepe mecu recogitans, ne de infossi talenti culpa quandoque redarguar, publice utilitati non modo turgescere, quinymo fructificare desidero, et intemptatas ab aliis ostendere veritates.
Monarchia
Il principale officio di tutti gli uomini, i quali dalla natura superiore son tirati ad amare la verità, pare che sia questo: che come eglino sono arricchiti per la fatica degli antichi, così s'affatichino di dare delle medesime ricchezze a quelli che dopo loro verranno. Per che molto di lungi è dall'ufficio dell'uomo colui che, ammaestrato di pubbliche dottrine, non si cura di quelle alcuno frutto alla Repubblica conferire. Costui non è legno, il quale, piantato presso al corso delle acque nel debito tempo, frutti produce; ma è più tosto pestilenziale voragine, la quale sempre inghiottisce, e mai non rende. Pensando io questo spesse volte, acciocchè mai io non fussi ripreso del nascoso talento, ho desiderio di dare a' posteri non solamente copiosa dimostrazione, ma eziandio frutto, e dimostrare quelle verità, che non sono dagli altri tentate.

(Traduzione: Nicola Maggi)

Rime
I
Savete giudicar vostra ragione,
o om che pregio di saver portate,
per che, vitando aver con voi quistione,
com so rispondo a le parole ornate.
Disio verace, u' rado fin si pone,
che mosse di valore o di bieltate,
imagina l'amica oppinïone
significasse il don che pria narrate.
Lo vestimento, aggiate vera spene
che fia, da lei, cui desïate, amore,
e 'n ciò provide vostro spirto bene:
dico, pensando l'ovra sua d'allore.
La figura che già morta sorvene
è la fermezza ch'averà nel core.

Vita nuova
In quella parte del libro de la mia memoria dinanzi a la quale poco si potrebbe leggere, si trova una rubrica la quale dice: Incipit vita nova. Sotto la quale rubrica io trovo scritte le parole le quali è mio intendimento d'assemplare in questo libello; e se non tutte, almeno la loro sentenzia.
Nove fiate già appresso lo mio nascimento era tornato lo cielo de la luce quasi a uno medesimo punto, quanto a la sua propria girazione, quando a li miei occhi apparve prima la gloriosa donna de la mia mente, la quale fu chiamata da molti Beatrice li quali non sapeano che si chiamare. Ella era in questa vita già stata tanto, che ne lo suo tempo lo cielo stellato era mosso verso la parte d'oriente de le dodici parti l'una d'un grado, sì che quasi dal principio del suo anno nono apparve a me, ed io la vidi quasi da la fine del mio nono. Apparve vestita di nobilissimo colore, umile e onesto, sanguigno, cinta e ornata a la guisa che a la sua giovanissima etade si convenia.


Domenico Dara (1971)

Malinverno
Quando venni al mondo avevo dodici anni, cinque mesi e centosessantaquattro ore. Perché non nasciamo il giorno in cui vediamo la luce, nell'attimo in cui braccia sconosciute ci trascinano nell'infinito e indecifrabile corso della storia, ma molto prima, quando il pensiero di noi si è insinuato nella mente ancora libera di uomini e donne, quando il nome d'un essere inesistente appare nell'orizzonte sfumato d'una vita possibile. Siamo fatti di pensieri più che di carne, e quei pensieri ci vengono distillati nel sangue dalle idee di chi ci ha voluti, così che noi ereditiamo non solo il colore dei capelli o l'arrendevolezza degli sguardi o la cedevolezza del cuore, ma anche le illusioni, le speranze, i rimpianti della nostra ascendenza, che a sua volta li ha ereditati ancora più in là e ancora più in là, attraverso generazioni di erecti e rudolfensi, fino a giungere al primo uomo, cosicché ognuno porta in sé miniaturizzata la storia dell'umanità intera.


Charles Darwin (1809-1882)

The Voyage of the Beagle
After having been twice driven back by heavy southwestern gales, Her Majesty's ship Beagle, a ten-gun brig, under the command of Captain Fitz Roy, R. N., sailed from Devonport on the 27th of December, 1831. The object of the expedition was to complete the survey of Patagonia and Tierra del Fuego, commenced under Captain King in 1826 to 1830, - to survey the shores of Chile, Peru, and of some islands in the Pacific - and to carry a chain of chronometrical measurements round the World. On the 6th of January we reached Teneriffe, but were prevented landing, by fears of our bringing the cholera: the next morning we saw the sun rise behind the rugged outline of the Grand Canary island, and suddenly illuminate the Peak of Teneriffe, whilst the lower parts were veiled in fleecy clouds. This was the first of many delightful days never to be forgotten.
Viaggio di un naturalista intorno al mondo
Dopo essere stata respinta due volte da un forte vento di sud-ovest, la nave di Sua Maestà,
Beagle, un brigantino con dieci cannoni comandato dal capitano Fitz Roy, salpò da Devenport il 27 dicembre 1831. Scopo della spedizione era di completare il rilevamento della Patagonia e della Terra del Fuoco, cominciato dal capitano King negli anni fra il 1826 ed il 1830, rilevare le coste del Cile, del Perù e di alcune isole del Pacifico ed eseguire una serie di osservazioni cronometriche intorno al mondo. Il 6 gennaio raggiungemmo Teneriffa, ma ci fu impedito di sbarcare per timore che portassimo il colera; il mattino seguente vedemmo sorgere il sole dietro l'aspro profilo dell'isola Gran Canaria ed illuminare improvvisamente il Picco di Teneriffa, mentre le rocce più basse erano velate da fiocchi di nubi. Questo fu il primo di molti giorni deliziosi che non potranno mai essere dimenticati.
(Traduzione: Mario Magistretti)


Silvio D'Arzo (1920-1952)

All'insegna del Buon Corsiero
Ad accorgersi che due carrozze, gentilizia l'una e trainata da due cavalli neri, più vasta ed alta, tanto da ricordare un po' la diligenza, la seconda, avanzavano pacatamente per la strada, lungo i fossi, probabilmente dirette al "Buon Corsiero", fu uno staffiere della locanda stessa.
Aveva appena liberato un morello dalle briglie, che era allora giunto spossato alla locanda portando un ufficiale doganiere, e già stava per condurre la bestia nella stalla, quando gli parve di avvertire un tintinnio di campanelli in lontananza. Lo scalpitio seppure pacato e stanco della bestia sopra le pietre erbose del cortile gli impedì sul momento di accertarsene: e già stava per dimenticarsi del tutto degli squilli portati dalla prim'aria serale fino a lui, quando questi gli giunsero di nuovo, se non più nitidi e precisi, in modo tale che non poté più dubitarne.

Casa d'altri
All'improvviso dal sentiero dei pascoli, ma ancora molto lontano, arrivò l'abbaiare di un cane.
Tutti alzammo la testa.
E poi di due o di tre cani. E poi il rumore dei campanacci di bronzo.
Chini attorno al saccone di foglie, al lume della candela, c'eravamo io, due o tre donne di casa, e più in là qualche vecchia del borgo. Mai assistito a una lezione di anatomia? Bene. La stessa cosa per noi in certo senso. Dentro il cerchio rossastro del moccolo, tutto quel che si poteva vedere erano le nostre sei facce, attaccate una all'altra come davanti a un presepio, e quel saccone di foglie nel mezzo, e un pezzo di muro annerito dal fumo e una trave annerita anche più. Tutto il resto era buio.
"Sentito niente voi donne?" dissi io alzandomi subito in piedi.
La più vecchia prese il moccolo in mano e lentamente andò ad aprir la finestra. Per un minuto fummo tutti nel buio.

Essi pensano ad altro
Quando egli giunse al numero sette bis di Via Marsala, il cielo d'un color morto e compatto d'alluminio era malinconico come gli sbadigli e l'acqua delle pozzanghere, ed un po' meno dell'asfalto forse su cui i pneumatici delle macchine e dei camions davano uno strano rumore
"Forse non riuscirò a trovarla" penso poi. Perché viaggiava per la prima volta e le sue scarpe erano ancora così terribilmente goffe e lucide e quasi inesperte ancora di vie e pietre, da sentirsi vagamente convinto che arrivare a destinazione e trovare casa numero e cortile si potesse solo per un caso o una fortunata combinazione, non per altro.

Maschere. Racconti di paese e di città
Rivalità selvaggia
Cadeva la neve sfarfallando e svolazzando come un fitto sciame di candidi coriandoli, danzando soffice e leggera come piume di cigno, indugiando un attimo sospesa fra terra e cielo, confondendosi nell'argento trasparente dell'aria, e posandosi infine sul cristallino bagliore dell'immensa distesa di spuma.
Se il gelido vento del nord, che sollevava passando raffiche rabbiose di nevischio col suo alito possente, non avesse fatto curvare verso di noi la testa verdastra di un gracile cipresso abbandonato, e se, per il cielo d'alluminio, più bianco della neve che scendeva tremula e ondeggiante, non fosse di quando in quando passato un triangolo grigio e compatto di starne dai rauchi e tristi richiami, avremmo potuto credere di trovarci sperduti in un nordico deserto desolato.

L'osteria
Marek vedovo, da che la moglie gli era stata sepolta nella valle assieme ai vecchi amici carrettieri, non metteva più piede nella strada, benché né ricordi, o particolari pene o nostalgia lo tenessero chiuso in quel suo andito dall'odore di notte o acqua notturna.
"Ehi, ehi" gli andavano gridando qualche volta di giù i vecchi compagni, e uno magari portava lettere o pacchi nei cortili, magari uno teneva in mano una scopa antica e dura per aiutare il volo delle foglie "ehi, ehi, mi sembra che Marek vedovo ora esageri."

Penny Wirton e sua madre
Suonarono in quel momento le otto. Le otto del 12 maggio del 1721. La Contea di Pictown si era appena svegliata.
"Sono le otto e tutto va male" cominciò a gemere il Cieco davanti alla porta del Duomo. "Lor signori, per grazia, non avrebbero niente da mettere nella ciotola del povero Cieco per fargli passare un po' meno poveramente la sua povera, povera, così povera giornata di accattone e straccione? Neanche un misero, un orfano pfenning, che non serve nemmeno a comprarsi un po' d'aria?"
Passavano allora proprio di là, per andare alla scuola, Jim Turner e Bobby Shelton e Anacleto Vincaufeld.
"Pesca magra" gli dissero. "Siamo scolari e nient'altro: e tutto quel che abbiamo son libri, che servono anche meno di un pfenning."

Il pinguino senza frac
Quando un uovo va in cocci, si sa, succedono sempre pasticci: e più grosso l'uovo, più grossi i pasticci. E anche questo è più chiaro del sole. Bene. Quando alla fine quell'uovo andò in pezzi - ed era proprio un ovone così - quello che avvenne fu invece una festa.
Il fatto è che dall'uovo in parola mise subito fuori la testa un pinguino di un giorno, di un'ora e un minuto: e se a questo mondo si può essere davvero felici, Mamma e Babbo lo furono proprio, e si davano un bel mucchio d'arie.
"Dio, che fronte! Ma hai visto che fronte?" diceva estasiata la Madre. "Mi fa quasi soggezione. Parola."
"Tre volte quella del Maestro a dir poco" tossiva il Padre facendo la ruota. "Una fronte d'artista. Ecco tutto."

Un ragazzo d'altri tempi
La nostra famiglia è composta di mio padre, mia madre, di me e di Davide, mio fratello minore. Mio padre è uomo assai colto, di molto spirito, spesso anche finemente ironico (ma più tardi mi accorgerò che questa è la sua unica arma per difendersi, e celare la sua fondamentale timidezza): egli ha una predilezione affatto particolare per la letteratura inglese, trovando in essa (a prescindere dai valori artistici) doti di virilità e di fermezza che non si riscontrano in alcun'altra: egli ammira i personaggi delle opere inglesi (anche con quel tanto di convenzionale che tutti essi hanno) come si ammira in genere tutto ciò che noi non potremo mai essere, e perché questi modelli sono immensamente lontani da quelli che egli vede giornalmente per le nostre strade.

Una storia così
Il signor Tobia Corcoran dirigeva da più di vent'anni il Premiato Collegio Minerva. E fin qui niente di strano, d'accordo. Centinaia di persone dirigono da più di vent'anni un premiato Collegio e nessuno si prende la briga per questo di indicarli per strada col dito: a meno che proprio non si decidano a uscire un bel giorno portando la giacca a rovescio.
Ma nessuno può dire, in coscienza, di aver mai incontrato il signor Tobia Corcoran con la giacca indossata a quel modo. Il suo lato strano era un altro: aveva in testa soltanto un'idea.

Tobby in prigione
Le cose stavano proprio così.
Tutto intorno, a corona, non c'erano altro che boschi: e giù in fondo, nel mezzo, una grande pianura: e nella pianura, proprio nel mezzo anche qui, c'era la casa di Tobby e di Lamba, e di sua madre e del Maestro Laerte e degli altri duecento Castori.
Nella casa c'era tutto quel che occorreva, come un bel prato, erba soffice e fresca, e perfino un laghetto grande come una piazza a dir poco; e anche quel che non occorreva per niente: come, per esempio, le gabbie. E attorno alla casa si stendeva una rete lunghissima ed alta e tutta quanta di filo spinato. E questa, poi, occorreva anche meno.

L'uomo che camminava per le strade
Carlo Stresa compiva ventinove anni quel giorno. E il numero gli fece uno strano effetto. Suono sgradito, inconsueto. Si era abituato a dire ventotto, ventotto, ventotto, per trecentosessantacinque giorni in fila e adesso non riusciva a capacitarsi di non poterlo più dire. E per un solo giorno, poi: per le ultime ventiquattr'ore soltanto neutre e grigie come le migliaia d'ore passate da quand'era nato. Fino a martedì, ieri, aveva ventotto anni, e adesso un anno di più, di punto in bianco; ora ne aveva ammucchiato di colpo ventinove; come uno, quel droghiere là, per esempio, sulla piazzetta che domani, fra solo dodici ore e qualche cosa, ne potrebbe anche compiere trenta.


Alphonse Daudet (1840-1897)

Lettres de mon moulin
Par- devant maître Honorat Grapazi, notaire à la résidence de Pampérigouste,
"A comparu:
"Le sieur Gaspard Mitifio, époux de Vivette Cornille, ménager au lieudit des Cigalières et y demeurant:
"Lequel par ces présentes a vendu et transporté sous les garanties de droit et de fait, et en franchise de toutes dettes, privilèges et hypothèques,
"Au sieur Alphonse Daudet, poète, demeurant à Paris, à ce présent et ce acceptant,
"Un moulin à vent et à farine, sis dans la vallée du Rhône, au plein coeur de Provence, sur une côte boisée de pins et de chênes verts; étant ledit moulin abandonné depuis plus de vingt années et hors d'état de moudre, comme il appert des vignes sauvages, mousses, romarins, et autres verdures parasites qui lui grimpent bout des ailes; ...
Lettere dal mio mulino
"Davanti a me, Honorat Grapazi, notaio in Pampérigouste
È comparso:
Il signor Gaspard Mitiflo, marito di Vivette Cornille, mezzadro della località Cigalières ed ivi residente:
Il quale con il presente atto vende e trasferisce, con le garanzie di diritto e di fatto, e libero da debiti, privilegi, ipoteche,
Al signor Alphonse Daudet, poeta, residente a Parigi, qui presente e contraente,
Un mulino a vento per la farina, sito nella valle del Rodano, nel cuore della Provenza, su di una costa boscosa (pini e lecci); essendo detto mulino abbandonato da più di vent'anni e non più atto alla macinatura, come risulta dalle viti selvatiche, muschi, rosmarini, ed altre piante parassitarie cresciute sin sulle ali; ...

(Traduzione: Angelo Fiocchi)

Sapho (...)
"Regardez-moi, voyons... j'aime la couleur de vos yeux... Comment vous appelez-vous?
- Jean.
- Jean tout court?
- Jean Gaussin.
- Du Midi, j'entends ça... Quel âge?
- Vingt et un ans.
- Artiste?
- Non, madame.
- Ah! tant mieux..."
Ces bouts de phrases, presque inintelligibles au milieu des cris, des rires, des airs de danse d'une fête travestie, s'enchangeaient - une nuit de juin - entre un pifferaro et une femme fellah dans la serre de palmiers, de fougères arborescentes, qui faisait le fond de l'atelier de Déchelette.

Tartarin de Tarascon
Ma première visite à Tartarin de Tarascon est restée dans ma vie comme une date inoubliable; il y a douze ou quinze ans de cela, mais je m'en souviens mieux que d'hier.
L'intrépide Tartarin habitait alors, à l'entrée de la ville, la troisième maison à main gauche sur le chemin d'Avignon. Jolie petite villa tarasconnaise avec jardin devant, balcon derrière, des murs très blancs, des persiennes vertes, et sur le pas de la porte une nichée de petits savoyards jouant à la marelle ou dormant au bon soleil, la tête sur leurs boîtes à cirage.
Du dehors, la maison n'avait l'air de rien.
Jamais on ne se serait cru devant la demeure d'un héros.
Tartarino di Tarascona
La prima visita ch'io feci a Tartarino di Tarascona è rimasta nella mia vita una data incancellabile: sono passati dodici o quindici anni da quel giorno e la ricordo ancora come un fatto avvenuto ieri.
L'intrepido Tartarino abitava, all'entrata della città, la terza casa a destra sulla strada di Avignone. Una graziosa casetta tarasconese, col giardino davanti, un terrazzino dietro, le mura bianche e le persiane verdi: sulla porta una nidiata di ragazzi savoiardi che giuocavano alla bella insalatina, o addormentati al sole colla testa appoggiata alla loro cassetta di lustrascarpe.
Una casa che non lasciava trasparire nulla al di fuori.
Chi avrebbe detto di trovarsi dinanzi alla dimora di un eroe?

(Traduzione: Aldo Palazzeschi)


Gian Dauli (Giuseppe Ugo Nalato) (1884-1945)

Perdizione
Piazza del Popolo era inondata di sole, e le quattro fontane dell'obelisco di Sisto V parevano zampillare rubini, berilli, ametiste, che ricadevano, sciogliendosi, nei bacini rotondi, come nelle fauci spalancate di mostri assetati. Ai lati dell'imboccatura del Corso le due chiesuole sorelle erano chiuse, addormentate, mentre la chiesa maggiore di Santa Maria del Popolo, dall'altra parte della Piazza, pareva essersi ritirata in quell'angolo, a ridosso della Porta, in cerca dell'ombra. Oltre la Porta del Popolo indovinavasi la polvere, il sudiciume di via Flaminia, con i negozi e le trattorie immonde, con gli orti sventrati da giochi di bocce. La terrazza del Pincio, sovrastante i due viali, che salgono a fatica, intrecciandosi tra la vegetazione tropicale, s'affacciava sulla Piazza, come su di una conca infocata, e si aveva l'impressione che tutto quel verde non avrebbe tardato ad appassire.


Alessandro D'Avenia (1977)

Bianca come il latte rossa come il sangue
Ogni cosa è un colore: Ogni emozione è un colore. Il silenzio è bianco. Il bianco infatti è un colore che non sopporto: non ha confini. Passare una notte in bianco, andare in bianco, alzare bandiera bianca, lasciare il foglio bianco, avere un capello bianco... Anzi, il bianco non è neanche un colore. Non è niente, come il silenzio. Un niente senza parole e senza musica. In silenzio: in bianco. Non so rimanere in silenzio o da solo, che è lo stesso.

Cose che nessuno sa
Compie quattordici anni e sta seduta a prua. Gli occhi verdi, ridenti e malinconici, sono calamitati dall’orizzonte: una linea troppo netta per non averne paura. Il mondo è una conchiglia. Fa eco alla luce, dà tutta quella che riceve, anche sotto forma di ombre. E la luce è l’unico comandamento dell’alba. Un comandamento ruvido, perché quando si viene alla luce viene anche da piangere.
«Sembri una polena!» le urla il padre cercando di vincere il rumore del vento che sospinge la barca al largo della Baia del Silenzio. Gabbiani accarezzano l’acqua in cerca di prede e stanchi si posano sul mare.
L’odore secco della costa è già lontano.
Margherita, le gambe abbandonate al vento e al vuoto, si volta e stende sul legno dello scafo i suoi quattordici anni nuovi di zecca.


Guido Da Verona (Guido Verona) (1881-1939)

I promessi sposi
Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e dello rientrare di quelli (tali notizie noi ricaviamo da un Manoscritto dei Milleseicento, nel quale è narrata la presente istoria) è un lago esclusivamente d'acqua dolce, a differenza del Mar Caspio, o del Mar Morto, che son salati per pura combinazione. Il suddetto ramo, strada facendo, vien, quasi d'un tratto, a restringersi formando in luogo la città di Lecco, i cui abitanti diconsi Leccobardi; gente industriosa e di grande malizia, che, per potervi gettar sopra un ponte, constrinsero il lago a divenire un fiume.


T. L. Davidson (David Landsborough Thomson) (1901-1964)

The Murder in the Laboratory (Omicidio in laboratorio)
A metà della seconda rampa delle ampie scale di pietra George Wroxham fu assalito dall’improvvisa sensazione che i suoi piedi fossero insolitamente grandi e maldestri. Il normale orario di lavoro era terminato da tempo e, benché le luci fossero ancora accese, gli atri e i corridoi dell’enorme Medical Building erano silenziosi e deserti. George, pur non essendo soggetto al nervosismo più di quanto lo fossero i comuni studenti universitari, trovò sgradevolmente sonoro il ticchettio metallico delle sue scarpe sulla pietra.
(Traduzione: Sara Caraffini)


Carys Davies (19??)

West
From what she could see he had two guns, a hatchet, a knife, his rolled blanket, the big tin chest, various bags and bundles, one of which, she supposed, contained her mother's things.
"How far must you go?"
"That depends."
"On where they are?"
"Yes."
"So how far? A thousand miles? More than a thousand miles?"
"More than a thousand miles, I think so, Bess, yes."
Bellman's daughter was twirling a loose thread that hung down from his blanket, which until this morning had lain upon his bed. She looked up at him. "And then the same back."
West
A colpo d'occhio lui aveva due fucili, un'accetta, un coltello, la coperta arrotolata, la grande cassetta di latta, borse e fagotti vari, uno dei quali doveva contenere le cose di sua madre.
“Devi andare tanto lontano?”
“Dipende.”
“Da dove sono loro?”
“Sì.”
“Cioè quanto? Mille chilometri? Più di mille chilometri?”
“Sì, Bess, penso di sì. Più di mille chilometri.”
La figlia di Bellman attorcigliava un filo allentato della coperta che, fino a quella mattina, era stata stesa sul letto di suo padre. Sollevò gli occhi su di lui. “E altrettanto al ritorno.”
(Traduzione: Giovanna Granato)


Peter Ho Davies (1966)

The Welsh Girl
Prologue:
September 1944
Outside, the Technicolor sunset is giving way to the silvery sweep of searchlights over distant Cardiff as a hand tugs the blackout curtain across the sky. There's scraping of chairs, then the snap of a switch as the projector starts up. The room fills with the sharp chemical smell of acetate, the ionized stink of scorched dust.
"Lights," Rotheram calls, and the lamps are extinguished. On the makeshift screen - a bed sheet tacked to the wall, ironed creases still visible - an image blooms, blurred at first, then twisted in focus. Clouds.
La ragazza gallese
Prologo
Settembre 1944
Fuori, il tramonto in technicolor lascia il posto al fluire argenteo della luce dei riflettori della lontana Cardiff, mentre una mano tira la pesante tenda per oscurare il cielo. Si sente un rumore di sedie trascinate, poi uno scatto quando parte il proiettore. La stanza si riempie del pungente odore chimico di acetato, del puzzo ionizzato di polvere bruciata.
"Le luci" ordina Rotheram, e le lampade si spengono. Sullo schermo improvvisato - un lenzuolo appeso alla parete. le pieghe della stiratura ben visibili - sboccia un'immagine, inizialmente indistinta, poi messa a fuoco. Nuvole.
(Traduzione: Simona Garavelli)


Elizabeth Day (1978)

The Party
The interview room is small and square. A table, three plastic chairs, a high frosted window, the glass grimy with dust, strip lighting; Our faces cast in dingy yellow shadow.
Two cups of tea: one for the female police officer, one for me. White with two sugars. Too much milk, but I'm not in a position to complain. The rim of my cup is patterned with indentations where, a few minutes previously, I bit into the polystyrene.
Il party
La stanza dell’interrogatorio è piccola e quadrata. Un tavolo, tre sedie di plastica, una grande finestra alta con il vetro smerigliato sudicio di polvere, l’illuminazione al neon; le nostre facce immerse in un’ombra giallo sporco.
Due tazze di tè: una per l’agente di polizia, una donna, e l’altra per me. Al latte, con due cucchiaini di zucchero. Troppo latte, ma non sono nella condizione di potermi lamentare. Il bordo della mia tazza è segnato dalle impronte dei denti là dove, qualche minuto fa, ho morso il polistirene.
(Traduzione: Serena Prina)


Osamu Dazai (1909-1948)

Shayo (Il sole si spegne)
La mamma si lasciò sfuggire un debole lamento. Stava mangiando la minestra, in sala da pranzo.
Pensai che qualcosa di disgustoso fosse caduto nella minestra. "Un capello?" le domandai.
"No." La mamma si versò in bocca un'altra cucchiaiata di minestra, come se nulla fosse accaduto. Poi volse il capo da un lato, diresse lo sguardo sul ciliegio in pieno fiore, fuori della finestra di cucina e, la testa ancora reclina, vibrò un'altra cucchiaiata di minestra fra le labbra. La mamma mangia in modo così diverso da come prescrivono le riviste femminili, che, nel suo caso, la parola "vibrare" non è un semplice modo di dire.

(Traduzione: Luciano Bianciardi)


Massimo Taparelli d'Azeglio (1798-1866)

Ettore Fieramosca
Al cadere d'una bella giornata d'aprile dell'anno 1503 la campana di San Domenico in Barletta sonava gli ultimi tocchi dell'avemaria. Sulla piazza vicina in riva al mare, luogo di ritrovo degli abitanti tranquilli che, nelle terricciuole dei climi meridionali specialmente, sogliono sulla sera essere insieme a barattar parole al sereno per riposarsi dalle faccende del giorno, stavano col fine medesimo dispersi in varii gruppi molti soldati spagnuoli ed italiani, alcuni passeggiando, altri fermi, o seduti, od appoggiati alle barche tirate a secco, delle quali era ingombra la spiaggia; e, com'è costume delle soldatesche d'ogni età e d'ogni nazione, il loro contegno era tale che pareva dire: il mondo è nostro.


Sandrone Dazieri (1964)

La bellezza è un malinteso
Li osservo uscire dal portone di un brutto palazzo di piazzale Greco.
Prima un uomo anziano, forse suo padre. Lei si chiama Antonella, spunta subito dopo tenendo la mano al figlio più piccolo. Michele, dieci anni, alto per la sua età. La donna ha un cappotto nero con il bavero di pelliccetta e due scarpe troppo leggere per il freddo che fa. Il bambino ha una berretta di lana e una sciarpa che gli arriva fino agli occhiali.

Bestie
Max mi fissava con gli occhi spenti porgendomi il caffè sul bancone del bar. Era il primo giorno di primavera, faceva freddo e pioveva. L'albergo Capriolo sembrava ancora più vecchio e triste nella sua solitudine da Provinciale della Val Brembana. Il punto esatto sulla carta era tra Isola di Fondra e Trabuchello, a settecento metri di altitudine e quarantacinque chilometri da Bergamo. I turisti di passaggio erano una miseria, nonostante la vista del Monte Torcola e, con il bel tempo, della cima di Pietra Quadra. Si riempiva solo a Natale, quando le stazioni sciistiche intorno a Foppolo erano al completo. Per il resto dell'anno dovevamo accontentarci delle coppiette clandestine e di qualche comitiva di tedeschi finita fuori strada. Oltre ai camionisti della San Pellegrino, che si fermavano a pranzo attratti dal menù casalingo a prezzo fisso.

La cura del Gorilla
Odio la puzza degli ospedali. Non quella della malattia e nemmeno l'odore alcolico dei medicinali. Quella del cibo, invece, che mi prende alla gola. Sa di purè, minestrina, tè Lipton con le fette biscottate, mela cotta e prugna cotta. Ristagna, aleggia, penetra le coperte e la pelle. Di notte, quando non riesco più a sopportarla, prendo l'ascensore di servizio sino all'ultimo piano, scassino il lucernario ed esco sul tetto piatto, tra le cacche d'uccello e le pozzanghere di acqua stagnante.

La danza del Gorilla
Nel settembre di quell'anno vivevo ad Amsterdam, in una casa galleggiante sul canale a poche centinaia di metri dalla Hungarian Street, la via del quartiere a luci rosse dove lavoravano le ragazze dell'Est.

È stato un attimo
Fu il freddo a riportarmi nel mio corpo. Lo sentivo salire lungo la schiena, disegnandomi i nervi e i muscoli. Ero disteso su una superficie dura e gelida, con gli occhi chiusi e le gambe aperte.

Gorilla blues
Dopo quattro giorni passati all'Aeroporto di Malpensa sono conciato da sbattere via, sarà per l'odore chimico del linoleum o per tutte le facce di allegri vacanzieri che ho visto andare e venire. Dovessi rimanere qui ancora un po', mi troverebbero mummificato in uno dei punti ristoro, tra le brioche surgelate e i panini Contadino.

Il karma del Gorilla
La telefonata che diede inizio alla più disastrosa serie di avvenimenti che avesse mai coinvolto la mia persona arrivò in contemporanea con il tifone Katrina su New Orleans. Io e Piero stavamo seguendo la diretta sulla Cnn, unici due abitanti svegli del complesso di loft a buon mercato che ci faceva da casa. La notte prima, tutti i miei vicini avevano festeggiato la fine dell'estate con un rave nel cortile, andando avanti fino alle sei del mattino con la musica a palla e qualcosa come seicento ragazzotti che ballavano e vomitavano in tutti gli angoli. Capita, quando i tuoi vicini sono tutti giovani di tendenza, che campano con lavori creativi e improbabili. Anche Piero era un giovane di tendenza, visto che gestiva un atelier di moda, ma invece di andare a dormire era venuto a bussare alla mia porta a mezzogiorno, con l'ultima bottiglia di vodka ancora intatta, e io l'avevo accolto facendogli posto sul divano.

Il male che gli uomini fanno
Quando il suo purgatorio cominciò, Amala era seduta sull'autobus che si allontanava da Cremona. Oltre il finestrino si alternavano gruppi di case a uno o due piani e campi di mais cresciuto più del solito a causa del caldo esagerato che c'era stato tutto settembre. Nell'autobus si soffocava, anche se la maggior parte degli studenti che lo avevano affollato erano scesi un po' alla volta alle fermate precedenti.

Il Re di Denari
Buio.
Dante soffoca. Il buio lo schiaccia come cemento, lo stritola, gli frantuma le ossa. Gli entra in bocca e nei polmoni. Non riesce a urlare. Non riesce a muoversi e nemmeno a vomitare. Sviene di nuovo, e il suo sonno esausto è uno schermo nero nel quale i suoi ricordi bruciano. Vede una donna in verde che gli sorride coperta di sangue. Il suono di un'esplosione.
Le urla.
Le urla lo svegliano.

Uccidi il padre
Il mondo è una parete curva di cemento grigio. Il mondo ha suoni ovattati ed echi. Il mondo è un cerchio largo due volte le sue braccia aperte. La prima cosa che il ragazzo ha imparato in quel mondo circolare sono stati i suoi nuovi nomi. Ne ha due. Figlio è il nome che preferisce. Ne ha diritto quando fa le cose giuste, quando obbedisce, quando i suoi pensieri sono limpidi e veloci. Altrimenti il suo nome è Bestia. Quando si chiama Bestia, il ragazzo viene punito. Quando si chiama Bestia, il ragazzo ha freddo e fame. Quando si chiama Bestia, il mondo circolare puzza.


Sandrone Dazieri (1964) e Marco Martani (1968)

Cemento armato
Si risveglia a notte fonda con le mani legate dietro la schiena, sdraiato a faccia in giù. L'asfalto gli gratta il viso, sente odore di umido ed erba. Appena prova a muoversi, il dolore lo inchioda. Come minimo ha un paio di costole rotte, le sente scricchiolare, e la spalla destra sembra slogata. Respira con la bocca, dietro il bavaglio, perché il naso è gonfio e intasato di sangue secco. Si sforza di rimanere calmo. Sapeva che sarebbe successo, prima o poi. Tutta colpa dei debiti, del maledetto supermercato che hanno aperto a pochi metri dal suo negozio, e che gli ha succhiato tutti i clienti. Che cosa poteva fare, se non chiedere i soldi all'unico disposto a prestarglieli? Ma gli interessi del mille per cento sono stati impossibili da saldare. Il mille per cento!


Edmondo De Amicis (1846-1908)

Amore e ginnastica
Al canto di via dei Mercanti il segretario fece una profonda scappellata all'ingegner Ginoni, che gli rispose col suo solito: - Buon giorno, segretario amato!- poi infilò via San Francesco d'Assisi per rientrare in casa. Mancavano venti minuti alle nove: era quasi certo d'incontrar per le scale chi desiderava.
A dieci passi dal portone intoppò sul marciapiedi il baffuto maestro di ginnastica Fassi, che leggeva delle prove di stampa: questi si soffermò, e mostrandogli i fogli, disse che stava scorrendo le bozze d'un articolo sulla sbarra fissa della maestra Pedani, scritto per il "Nuovo Agone", giornale di ginnastica, del quale egli era uno dei principali redattori.

Cuore
17, lunedì
Oggi primo giorno di scuola. Passarono come un sogno quei tre mesi di vacanza in campagna! Mia madre mi condusse questa mattina alla Sezione Baretti a farmi iscrivere per la terza elementare: io pensavo alla campagna e andavo di mala voglia. Tutte le strade brulicavano di ragazzi; le due botteghe di libraio erano affollate di padri e di madri che compravano zaini, cartelle e quaderni, e davanti alla scuola s'accalcava tanta gente che il bidello e la guardia civica duravan fatica a tenere sgombra la porta. Vicino alla porta, mi sentii toccare una spalla: era il mio maestro della seconda, sempre allegro, coi suoi capelli rossi arruffati, che mi disse: - dunque. Enrico, siamo separati per sempre? - Io lo sapevo bene; eppure mi fecero pena quelle parole.


Fabrizio De André (1940-1999) e Alessandro Gennai (1943-2000)

Un destino ridicolo
Li aveva sognati tante volte, in quegli anni, senza capirne il motivo, con maschere azzurre come il cielo di luglio e mantelli di vento che gli vorticavano intorno e lo facevano ansimare nel sonno. Poi d'improvviso si faceva notte e un ragazzo più grande compariva nel cortile di un carcere ballando in controfuoco una danza scomposta; incoronato d'aglio si proclamava re dei braccianti e reggeva tra le mani una testa di cane tagliata a metà.
Coriandoli e stelle filanti erano sparsi nei corridoi e negli scompartimenti del treno e nel prendere posto accanto al prete, la lunga veste nera gli era sembrata un costume da carnevale.


Seamus Deane (1940)

Reading in the Dark
On the stairs, there was a clear, plain silence.
It was a short staircase, fourteen steps in all, covered in lino from which the original pattern had been polished away to the point where it had the look of a faint memory. Eleven steps took you to the tum of the stairs where the cathedral and the sky always hung in the window frame. Three more steps took you on to the landing, about six feet long.
'Don't move,' my mother said from the landing. 'Don't cross that window.'
I was on the tenth step, she was on the landing. I could have touched her.
'There's something there between us. A shadow. Don't move.'
I had no intention. I was enthralled. But I could see no shadow.
'There's somebody there. Somebody unhappy. Go back down the stairs, son.'
Le parole della notte
Sulle scale c'era un silenzio di tomba.
Era una scala breve, quattordici gradini in tutto, coperta di un linoleum il cui motivo ornamentale originario era stato raschiato via a tal punto da avere ormai l'aspetto di un pallido ricordo. Undici gradini ti portavano fino all'angolo delle scale, dove nella cornice del telaio della finestra erano sempre sospesi la cattedrale e il cielo. Con altri tre gradini eri sul pianerottolo, lungo un paio di metri.
“Non muoverti,” disse mia madre da lì. “Non passare davanti alla finestra.”
Io ero sul decimo gradino, lei sul pianerottolo. Avrei potuto toccarla.
“C'è qualcosa lì, tra noi. Un'ombra. Non muoverti.”
Non ne avevo la minima intenzione. Ero incantato dalle sue parole. Ma non vedevo ombre.
“C'è qualcuno, lì. Un infelice. Torna indietro, figliolo, scendi.”
(Traduzione: Vincenzo Mantovani)


Augusto De Angelis (1888-1944)

Giobbe Tuama & C.
L'uomo andava pei viali del giardino pubblico, interessandosi a tutto con placidità contemplativa.
Si fermava a guardare i cigni nel laghetto, il pellicano sull'erba, le scimmie nella gabbia, la foca a piatto sulla riva. I bimbi, che giravano a tondo; le bimbe che a passetti misurati avanzavano e cantavano, tenendosi per le manine: «Ecco l'ambasciatore col trallarillallero...». Non si curava affatto però degli uomini e delle donne sulle panchine, come se per lui non contassero che le anime innocenti – cigni, pellicano, scimmie, foca, bimbi – e anco gli alberi e l'erba dei prati, l'acqua e il giuoco del sole tra le fronde.

Il mistero di Cinecittà
Dodici persone si trovavano riunite nella serra d'inverno dell'albergo.
Dodici persone visibili, di sangue carne muscoli e ossa, che vestivano panni, pensavano, agivano: e una tredicesima invisibile, tanto più presente nella sua essenza incorporea. Sicché ognuna delle altre poteva averla accanto e addosso, muta, inavvertita e implacabile.
Dodici persone, provenienti da lontane parti del mondo, o che da assai lontano tornavano. Inconsapevolmente legate a un comune destino, quotidianamente giocavano col tragico e consideravano la tragedia materia di speculazione artistica e di commercio, ideandola, plasmandola, rendendola parlante e viva sullo schermo.


Maurizio De Angelis (1956)

I Cavalieri con la tavola rotonda, maestri di surf
"Cera una volta, c'era un'altra volta, in quel castello si scivolava sempre. Per non scivolare, la Regina decise di mettere in tutto il castello una grande moquette; perciò convocò dalla Francia i tre moquettieri."


Pietro De Angelis (1973)

Il mistero di Paradise Road
5 dicembre 1890
Broadmoor Asylum, Bracknell Forest, Berkshire

Egregio Professor Durkhardt,
le scrivo, saltando ogni formalità, per metterla al corrente di alcuni eventi accaduti di recente. Ho davanti a me l'ultima edizione di due quotidiani della sera in cui si discute sull'opportunità o meno di tenere riservati i dati personali dei nostri pazienti. Come forse le è noto, la regola del nostro istituto prevede che debbano trascorrere cinque generazioni di discendenti, prima di rendere cartelle e registri disponibili all'esterno. Una politica di cui siamo particolarmente orgogliosi, intesa a difendere le famiglie dei lunatici non solo dal pericolo immediato di ritorsioni, ma anche dalla macchia indelebile del pregiudizio.


Stefano De Bellis (1973) e Edgardo Fiorillo (1973)

Il diritto dei lupi
Il rumore della cote sul ferro accarezzava i timpani dello sfregiato e lo aiutava a concentrarsi. L'uomo si prendeva cura delle sue siche come un leone dei suoi artigli: assecondava i sobbalzi del carro, facendo scorrere con studiata lentezza la pietra sopra le lame curve, si godeva il momento e intanto ripassava tra sé le cose da fare, organizzandole in una sequenza precisa.
Affilava la sua determinazione a uccidere.


Andrea De Carlo (1952)

Di noi tre
Misia Mistrani l'ho conosciuta il 12 febbraio del 1978. Al mattino mi ero laureato in storia antica, con una tesi sulla Quarta Crociata che aveva provocato una quasi-rissa con la commissione per come mi era venuta polemica e coinvolta, dopo di che ero stato liquidato con 110 senza lode, anche se avevo lavorato un anno e scritto duecentocinquanta pagine abbastanza appassionate e documentate. Il presidente mi aveva detto nella sua voce monocroma "La Storia è prospettiva. Non si può parlare di eventi di sette secoli fa come se fossero successi l'altro ieri e lei ci fosse stato in mezzo. Le mancano totalmente il distacco e l'equilibrio, la capacità di una valutazione a mente fredda". Non aveva torto, su questo: mi sembrava che non mi bastassero le scorte di indignazione e di rabbia e di paura e di parzialità per tornare indietro nel tempo, altro che distacco.

Due di due
La prima volta che ho visto Guido Laremi eravamo tutti e due così magri e perplessi, così provvisori nelle nostre vite da stare a guardare come spettatori mentre quello che ci succedeva entrava a far parte del passato, schiacciato senza la minima prospettiva. Il ricordo che ho del nostro primo incontro è in realtà una ricostruzione, fatta di dettagli cancellati e aggiunti e modificati per liberare un solo episodio dal tessuto di episodi insignificanti a cui apparteneva allora.
In questo ricordo ricostruito io sono in piedi dall'altra parte della strada, a guardare il brulichio di ragazzi e ragazze che sciamano fuori da un vecchio edificio grigio, appena arginati da una transenna di metallo che corre per una decina di metri lungo il marciapiede.

Mare delle verità
Il 24 novembre mattina fuori c'erano almeno quaranta centimetri di neve, e mio fratello ha telefonato per dirmi che nostro padre era morto.
Quando mi ero svegliato e avevo aperto gli scuri della finestra ero rimasto a guardare il bianco che copriva in modo uniforme alberi e campi e boschi e case lontane, fino all'orizzonte dove le ondulazioni delle colline si confondevano con il grigio molto chiaro del cielo. Avevo ascoltato il silenzio, inspirato l'aria gelata fino in fondo ai polmoni, soffiato fuori vapore. Alcuni fiocchi mi si erano posati sulla fronte e sul petto e sulle mani, il freddo mi era passato sulla pelle nuda. É una zona dove nevica con troppa frequenza perché uno possa provare il senso di magia di quando era bambino, eppure ogni volta mi affascina il modo in cui i suoni si smorzano e le distanze si allungano, i legni secchi e i rovi e le pietre e le buche e i crepacci scompaiono sotto la superficie bianca in un'illusione di paesaggio perfettamente omogeneo. Sapevo che lo stupore per la trasformazione non sarebbe durato a lungo, e che presto sarebbero affiorate ogni genere di complicazioni pratiche, ma per i primi minuti mi ero lasciato incantare, mentre mi vestivo con molti strati di cotone e lana.

Tecniche di seduzione
Nel novembre del Novanta lavoravo nella redazione di "Prospettiva", con un contratto di praticante perché non avevo ancora dato l'esame di giornalista. Gli uffici erano al secondo piano di un enorme palazzo di vetro e cemento, adagiato in un'isola di prati stagnanti alla periferia est di Milano, tra quartieri satellite e capannoni industriali e depositi di camion e svincoli e superstrade piene di traffico da e per la città. La disposizione interna era a pianta aperta, così che tutti erano sotto gli occhi di tutti in ogni momento della giornata: teste e busti e braccia in movimento tra barricate di armadietti metallici e paraventi di compensato.

Treno di panna
Alle undici e venti di sera guardavo Los Angeles dall'alto: il reticolo infinito di punti luminosi. Stanco com'ero cercavo di seguire la vibrazione dei motori, così come arrivava al mio sedile attraverso la struttura di metallo in tensione. Ero sicuro di scoprire qualche cambiamento improvviso al ritmo, o vuoto di frequenza. Cercavo anche di leggere le scritte al neon in basso, man mano che venivano a galla nel buio; i contorni della freeways vicino al mare.
Non mi piaceva girare in circoli nel vuoto, inclinato di tre quarti e quasi senza equilibrio; sospeso in aria per pura brutalità di motori. Non mi piacevano le fodere gialle a fiori viola dei sedili, l'effetto d'insieme che creavano fila dopo fila. Non mi piacevano le hostess che parlavano tra loro e si annodavano foulards al collo e guardavano orologi senza occuparsi dei passeggeri.

Uccelli da gabbia e da voliera
Alle tre del pomeriggio sto guidando la mia MG bianca lungo Goldfinch Avenue verso le colline, con una cassetta dei Rolling Stones a tutto volume sullo stereo, e salto uno stop senza accorgermene. Vedo una Chevette verde chiaro che mi arriva da destra, scivola verso me come un piccolo cetaceo sott'onda. Non cerco di frenare, o di girare il volante, o. Guardo il verde chiaro che si avvicina, senza togliere il piede dall'acceleratore. C'è un rumore completo, perfetto: una specie di PTRAC molto concentrato, dove le diverse note si sovrappongono una all'altra invece di dilatarsi in varie direzioni com'è normale. È un suono che ne racchiude molti, li semplifica e arricchisce di sfumature allo stesso tempo.

I veri nomi
Quando avevo ventitré anni una tipa di nome Enrica Rivatti con le labbra pallide e gli occhi acquosi e i capelli fritti color paglia mi ha telefonato una sera tutta concitata per dirmi di chiamare al più presto il suo amico Damiano Diamantini che cercava un esperto di rock per una collana di libri sulla musica. L'avevo conosciuta all'università e dovevo essere l'unica persona associabile al rock che le era venuta in mente, per come manifestavo estraneità tutto il tempo e per come ogni tanto mi portavo dietro una brutta chitarra acustica giapponese con le corde troppo alte e la suonavo nei chiostri tra una lezione e l'altra.

Yucatan
È abbastanza tipico aspettare Dru Resnik qui a Heathrow, adesso. Quasi tutti i suoi film iniziano o finiscono in un aeroporto; ho letto da qualche parte che è una specie di simbolo della casualità provvisoria della vita, o qualcosa del genere. Forse anche uno degli ingredienti che ogni regista del suo livello usa per rendere subito identificabili le sue cose e dar lavoro a critici e interpretatori semiprofessionali.


Giancarlo De Cataldo (1956)

Alba nera
Nella campagna a sud di Roma, in un casale diroccato lungo la via Nettunense, due ragazzi stanno litigando.
Jaime ha diciassette anni. Ramon ventidue. La cicatrice che gli solca la fronte è il segno del comando. Nella pandilla di Giardinetti è il più alto in grado. Jaime gli deve obbedienza e devozione.

Io sono il castigo
Un uomo in redingote, con una penna d’oca in mano, verga righe frettolose su un foglio. Alle sue spalle una donna molto bella, in abito da sera. Sono in un ampio salotto, con un caminetto e una tavola imbandita. Mentre l’uomo scrive, la donna si avvicina alla tavola, prende un bicchiere e lo porta alle labbra. D’improvviso s’accorge del coltello affilato che scintilla accanto a un piatto di ceramica e, accertatasi che l’uomo non possa vederla, ghermisce lesta l’arma. L’uomo posa la penna, appone un sigillo sul foglio, lo ripiega e si dirige verso la donna per abbracciarla.

Onora il padre
Nonostante il riscaldamento, il gelo umido della notte è riuscito a infiltrarsi nel piano alto di questo vecchio albergo che nasconde dietro stucchi pretenziosi il suo inevitabile decadimento. Il mare è una tavola nera lacerata da una lama di luna giallognola. La grande spiaggia è bianca, deserta. Niente ombrelloni, niente sdraio. Adoro l'inverno. Nel freddo Rimini diventa persino sopportabile.

Romanzo criminale
Se ne stava rannicchiato fra due auto in sosta e aspettava il prossimo colpo cercando di coprirsi il volto. Erano in quattro. Il più cattivo era il piccoletto, con uno sfregio di coltello lungo la guancia. Tra un assalto e l'altro scambiava battute al cellulare con la ragazza: la cronaca del pestaggio. Menavano alla cieca, per fortuna. Per loro era solo un gran divertimento. Pensò che potevano essergli figli. A parte il negro, si capisce. Pischelli sbroccati. Pensò che qualche anno prima, solo a sentire il suo nome, si sarebbero sparati da soli, piuttosto che affrontare la vendetta. Qualche anno prima. Quando i tempi non erano ancora cambiati. Un attimo fatale di distrazione. Lo scarpone chiodato lo prese alla tempia. Scivolò nel buio.
- Annamo, - ordinò il piccoletto, - me sa che questo non s'alza più!

Il suo freddo pianto
Quando il presidente della sesta sezione del tribunale gli dette la parola, Manrico Spinori della Rocca, pubblico ministero in Roma, si alzò e, prima di pronunciare la requisitoria, si soffermò sugli imputati, seduti accanto al loro avvocato, con sei nerboruti agenti della polizia penitenziaria piazzati a gambe larghe e braccia conserte alle loro spalle. Lei doveva essere stata una bellezza, prima che la coca iniziasse la sua opera devastatrice. Il basista era un bellimbusto dall’aria stolida: lí la coca doveva aver già fatto strage di neuroni. Quanto al terzo, aveva rinunciato a comparire. Tossici e rapinatori. Una delle tante storiacce di cocaina, neanche fra le piú turpi, per una grande città come Roma. Il caso era elementare.

La svedese
Due giorni dopo l'arresto, Vitaliano Currò, trent'anni, astro nascente dell'omonima cosca jonica, ricevette la visita del detenuto spesino.

La triade oscura
Quella notte di maggio, al centralino c'era Panebianco, che tutti consideravano, e a ragione, un perfetto imbecille.


Alba De Céspedes (1911-1997)

Dalla parte di lei
Incontrai per la prima volta Francesco Minelli a Roma, il venti ottobre del mille novecento quarantuno. Io stavo preparando la tesi di laurea e mio padre, da un anno, era divenuto quasi cieco a causa di una cateratta. Abitavamo in uno dei nuovi casamenti sul lungotevere Flaminio, dove avevamo preso alloggio subito dopo la morte di mia madre. Io potevo considerarmi figlia unica sebbene, prima della nascita, un mio fratello avesse avuto il tempo di venire al mondo, rivelarsi un fanciullo prodigioso e morire annegato a tre anni. Di lui si vedevano, in casa, molte fotografie nelle quali la sua nudità era appena difesa da una camiciola bianca che scivolava sulle spalle rotonde; era anche ritratto bocconi sopra una pelle d'orso, ma mia madre, fra tutte, ne prediligeva una piccola che lo mostrava in piedi, con una mano tesa verso la tastiera del pianoforte. Ella sosteneva che, se fosse vissuto, sarebbe stato un grande compositore come Mozart. Si chiamava Alessandro e quando io nacqui, pochi mesi dopo la sua morte, mi venne imposto il nome di Alessandra per rinnovare la sua memoria e nella speranza che in me si manifestassero alcune di quelle virtù che avevano lasciato di lui un inestinguibile ricordo. Questo legame al piccolo fratello defunto pesò moltissimo sui primi anni della mia infanzia.

Nessuno torna indietro
Sulla grande casa grigia il portone s'apriva come una gola oscura; una vetrata che divideva l'androne fermava l'ultima luce del crepuscolo e, oltre questa, si vedevano passare, per attimi, imprecise forme nere. Fuori, sulla piazza, la gente passeggiava adagio, per trattenersi nell'ora e nella stagione; era giorno ancora e però già le selci s'illividivano, sembravano farsi gelate. Nel gomito di strada in salita ove stava la grande casa, volava bassa una rondine, un volo fiacco, pigro: dietro la rondine svolazzava una nòttola, giravano assieme, sfioravano i balconcini.
Spenti ancora tutti i lumi della città: soltanto sulla grande casa grigia quattro finestre in fila, a pianterreno, trasparivano di luce calda. La luce era incerta, come di candela; di là trapelava un vocío monotono, docile. Erano, si capiva, voci giovani.


Luciano De Crescenzo (1928-2019)

Croce e delizia
Chi sono le stelle del cinema? Sono Clark Gable, Gary Cooper, Ava Gardner, Marilyn Monroe e via elencando. A parte le stelle, poi, ci sono i pianeti (gli attori comprimari) e i satelliti (generici, stunt-man e comparse), e dietro le macchina da presa il pulviscolo interstellare, ovvero i cinematografari. Ora, tanto per ristabilire il senso delle proporzioni, il pulviscolo costituisce, a detta degli astronomi, il 99,99 per cento della materia esistente; come dire che, anche se non si vede, rappresenta la quasi totalità dell'Universo.
Il milite ignoto del cinema italiano è in genere un individuo che ha sacrificato tutta la vita per dar modo alle stelle di luccicare. A lui non va alcun riconoscimento artistico che non sia quello, è ovvio, della paga settimanale.


Carlo F. De Filippis (19??)

Le molliche del commissario
Il rumore dei passi e il fruscio della veste producevano un’eco soffocata. Quasi un brusio che riverberava dal colonnato fino in fondo, verso l’abside. Vicino a uno degli inginocchiatoi accanto al confessionale una donna pregava.
«… cognovimus, per passionem eius et crucem, ad resurrectionis gloriam perducamur. Per eundem Christum Dominum nostrum. Amen.»
Don Costantino non le badò, era di fretta, sfilò a passo svelto nella penombra, fece un inchino davanti all’altare e sparì dietro al coro.


Daniel Defoe (1660-1731)

The Fortunes and Misfortunes of the Famous Moll Flanders
My true name is so well known in the records or registers at Newgate, and in the Old Bailey, and there are some things of such consequence still depending there, relating to my particular conduct, that it is not be expected I should set my name or the account of my family to this work; perhaps, after my death, it may be better known; at present it would not be proper, no not though a general pardon should be issued, even without exceptions and reserve of persons or crimes.
Fortune e sfortune della famosa Moll Flanders
Il mio vero nome è così noto negli incartamenti e nei registri di Newgate e dell'Old Bailey, e vi si ricollegano fatti di tale importanza, per quel che riguarda la mia personale condotta, che non ci si può aspettare che scriva per esteso in questo libro il mio nome o una relazione sulla mia famiglia. Forse, dopo la mia morte, sarà meglio conosciuto; attualmente non sarebbe davvero conveniente, nemmeno se concedessero una amnistia generale, senza eccezione né riserva di persone e reati.

(Traduzione: Ugo Dèttore)

A Journal of the Plague Year
It was about the beginning of September, 1664, that I, among the rest of my neighbours, heard in ordinary discourse that the plague was returned again in Holland; for it had been very violent there, and particularly at Amsterdam and Rotterdam, in the year 1663, whither, they say, it was brought, some said from Italy, others from the Levant, among some goods which were brought home by their Turkey fleet; others said it was brought from Candia; others from Cyprus. It mattered not from whence it came; but all agreed it was come into Holland again.
Diario dell'anno della peste
Eravamo più o meno all'inizio di settembre del 1664, quando, dai discorsi dei miei vicini di casa, sentii dire che la peste era di nuovo ricomparsa in Olanda. Secondo loro era stata un'epidemia molto violenta, particolarmente ad Amsterdam e a Rotterdam, dove, l'anno precedente, era stata portata qualcuno diceva dall'Italia, altri dal levante, fra le mercanzie delle flottiglie turche; altri ancora dicevano che proveniva da Candia o da Cipro. Comunque, importava poco da dove fosse venuta, tutti erano d'accordo sul fatto che fosse nuovamente ricomparsa in Olanda.

Lady Roxana
I was born, as my friends told me, at the city of Poitiers, in the province or county of Poitou in France, from whence I was brought to England by my parents, who fled for their religion about the year 1683, when the Protestants were banished from France by the cruelty of their persecutors.
I, who knew little or nothing of what I was brought over hither for, was well enough pleased with being here. London, a large and gay city, took with me mighty well, who from my being a child loved a crowd and to see a great many fine folks.
Lady Roxana
A quanto mi hanno detto gli amici, nacqui nella città di Poitiers, nella provincia o contea di Poitou, in Francia, da dove fui portata in Inghilterra dai miei genitori, fuggiti per motivi religiosi intorno al 1683, quando i protestanti furono banditi di Francia dalla crudeltà dei loro persecutori.
Ignara o quasi della ragione per cui mi avevano condotta qua, fui ben lieta di trovarmici. Londra, la grande e animata città, mi piacque molto, anche perché fin da bambina amavo la folla e mi piaceva guardare le persone eleganti, quante ce n'erano.

(Traduzione: Giorgio Spina)

The Life, Adventures, and Pyracies of the Famous Captain Singleton
As it is usual for great persons, whose lives have been remarkable, and whose actions deserve recording to posterity, to insist much upon their originals, give full accounts of their families, and the histories of their ancestors, so, that I may be methodical, I shall do the same, though I can look but a very little way into my pedigree, as you will see presently.
If I may believe the woman whom I was taught to call mother, I was a little boy, of about two years old, very well dressed, had a nursery-maid to attend me, who took me out on a fine summer's evening into the fields towards Islington, as she pretended, to give the child some air; a little girl being with her, of twelve or fourteen years old, that lived in the neighbourhood.
Le avventure del capitano Singleton
Poiché i grandi uomini, i quali ebbero vita notevole, e le cui azioni meritano di essere ricordate alla posterità, usano insistere a lungo sulle proprie origini, dare conto per disteso della propria famiglia e della storia dei propri antenati; così, per procedere secondo metodo, intendo di fare io pure; anche se non sia dato a me di guardare gran che indietro nella mia genealogia, come subito vi avvedrete.
Se devo credere a quella donna a cui mi si insegnò a dar nome di madre, ero io un ragazzino di un paio d'anni all'incirca, assai riccamente vestito, con una governante che mi accudiva: la quale una bella sera d'estate m'aveva condotto a passeggio pei campi verso Islington, con lo scopo, pare dicesse, di far prendere aria al bambino; aveva insieme una fanciulletta, di un dodici o quattordici anni, che abitava nel vicinato.

(Traduzione: Alberto Rossi)

The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe
I was born in the year 1632, in the city of York, of a good family, though not of that country, my father being a foreigner of Bremen, who settled first at Hull. He got a good estate by merchandise, and leaving off his trade, lived afterwards at York, from whence he had married my mother, whose relations were named Robinson, a very good family in that country, and from whom I was called Robinson Kreutznaer; but, by the usual corruption of words in England, we are now called - nay we call ourselves and write our name - Crusoe; and so my companions always called me.
La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe
Sono nato nell'anno 1632, nella città di York, da una buona famiglia, ma non del paese; mio padre era uno straniero di Brema che si era stabilito in un primo tempo a Hull. Si fece una buona posizione con il commercio, poi, ritiratosi dagli affari, andò a vivere a York, città da cui aveva menato in sposa mia madre, i cui parenti si chiamavano Robinson, ed erano un'ottima famiglia del paese; dal loro nome io fui chiamato Robinson Kreutznaer; ma, per l'abitudine che si ha in Inghilterra di storpiare le parole, siamo ora chiamati, anzi ci chiamiamo e scriviamo il nostro nome, Crusoe;, e così mi chiamavano sempre i miei compagni.

(Traduzione: Oriana Previtali)

The Farther Adventures of Robinson Crusoe
That homely proverb, used on so many occasions in England, viz. "That what is bred in the bone will not go out of the flesh," was never more verified than in the story of my Life. Any one would think that after thirty-five years' affliction, and a variety of unhappy circumstances, which few men, if any, ever went through before, and after near seven years of peace and enjoyment in the fulness of all things; grown old, and when, if ever, it might be allowed me to have had experience of every state of middle life, and to know which was most adapted to make a man completely happy; I say, after all this, any one would have thought that the native propensity to rambling which I gave an account of in my first setting out in the world to have been so predominant in my thoughts, should be worn out, and I might, at sixty one years of age, have been a little inclined to stay at home, and have done venturing life and fortune any more.
Le ulteriori avventure di Robinson Crusoe
Il vecchio e familiare proverbio tanto spesso citato nei nostri paesi, e cioè: "Il lupo perde il pelo, ma non il vizio", non si dimostrò mai tanto vero quanto nella storia della mia vita. Chiunque penserebbe che, dopo trentacinque anni di disavventure e una varietà di circostanze disgraziate quali pochi uomini (e forse nessuno) ebbero a soffrire prima di me, e dopo sette anni di pace e di godimento nell'abbondanza di tutte le cose, vecchio ormai e quando finalmente mi sarebbe stato concesso di sperimentare tutti gli aspetti della media condizione di vita ed apprendere quale fosse il più adatto a rendere l'uomo completamente felice; dopo tutto questo, ripeto, chiunque avrebbe pensato che la innata tendenza al vagabondaggio (che al tempo della mia prima partenza era, come ho descritto, il mio pensiero dominante) fosse ormai esaurita in me e del tutto sfogata, o almeno sufficientemente calmata; e che io, all'età di sessantun anni, fossi abbastanza disposto a starmene a casa e avessi ormai rinunciato a rischiare vita ed averi.

(Traduzione: Oriana Previtali)


Riccardo De Gennaro (1957)

I giorni della lumaca
La notte era nera. Come la cattiveria delle seppie, come la pinna affilata sulla schiena del pescecane. C'era una luna rossa, che scendeva lentamente sul mare e andava in pezzi dicendo io muoio.
Fino a qualche settimana fa ogni cosa mi sembrava semplice e insospettabile. La sera sedevo in veranda per difendermi dal sudore. Cinque mosche orbitavano intorno alla lampada spenta, disegnavano quadrilateri irregolari, triangoli, o incomprensibili spezzate che poi, per un'esigenza di precisione, dovuta a chissà quale razionalità, ricostruivano tornando al punto d'origine. Il caldo era come un peso schiacciante. Talvolta uno degli insetti scompariva all'improvviso, come inghiottivo dal vuoto. Gli altri proseguivano il volo in silenzio, senza preoccuparsi del compagno.


Maurizio De Giovanni (1958)

Angeli, per i Bastardi di Pizzofalcone
Il sole entrava di taglio dalla finestra alta, raggi intensi dentro i quali danzava un pulviscolo che distraeva i bambini.

Anime di vetro. Falene per il commissario Ricciardi
Il ragazzo stringe gli occhi per abituarli alla penombra della stanza.
Il sole fiammeggiante del pomeriggio allunga le dita attraverso le imposte chiuse, e la polvere danza nella luce. La donna di età indefinibile che lo ha fatto entrare si dilegua in silenzio e chiude la porta della stanza con un lieve scatto.

La condanna del sangue. La primavera del commissario Ricciardi
Nessuno poteva saperlo, ma quel pomeriggio c'era stata l'ultima pioggia dell'inverno. La strada rifletteva il fioco chiarore delle lampade sospese, ferme nell'aria senza più vento. L'unica luce a quel punto della sera proveniva dal locale del barbiere. All'interno, un uomo lucidava l'ottone di uno specchio.

Cuccioli
Prima di addormentarsi, Lara sognò.
Non fu un sogno vero e proprio.
Piuttosto uno di quei lampi tra coscienza e incoscienza che attraversano la mente quando il sonno avanza. Immagini e visi e percezioni che non passano per la coerenza di un ragionamento, che non devono pagare dazio a una storia; un groviglio senza senso, privo dello sviluppo che la logica impone. Sensazioni.

Dodici rose a settembre
Gelsomina Settembre, detta Mina, camminava nel bosco, in piena notte.
L'ambiente non era certo accogliente, con rami e foglie e lieve vento dal nord che rendeva la pelle simile a quella di un pollo appena spennato, ma Mina sapeva che c'era di peggio, di molto peggio, quindi si godeva la passeggiata nella consapevolezza che ogni bella cosa ha una fine, come peraltro le aveva suggerito l'accordo introduttivo di I will survive che il subconscio le aveva acutamente proposto.

Fiori per i Bastardi di Pizzofalcone
Prima di morire, dovete regalarvi un giorno di primavera a Pizzofalcone.

I guardiani
Il panorama. La vista.
Forse, sa, la differenza è tutta lì.
Lo penso spesso, anche quando mi ritrovo a cercare di ricostruire ogni cosa, a scavare nei dati e a elaborare la miriade di notizie e di numeri. Per capire il cammino che è stato fatto e quello che resta da fare. Quando mi chiedo il perché, anche se Dio sa quanto e come io cerchi di evitare di pormi questa terribile domanda.

In fondo al tuo cuore
Cade, il professore.
Cade, e mentre cade allarga le braccia, come se volesse cingere la rovente notte d'estate che lo accoglie.
Cade, e siccome durante la breve colluttazione ha buttato fuori tutta l'aria che aveva nei polmoni, adesso il suo corpo incoerentemente gli impone di inspirare, anche se quel nuovo ossigeno non servirà a niente, non farà nemmeno in tempo ad arrivargli nel sangue.

Una lettera per Sara
La porta si aprì, e l'acchiappasogni emise la solita delicata melodia.
La proprietaria l'aveva comprato durante un viaggio in Sudamerica quando era giovane, più o meno nel Cretaceo superiore, e ci teneva moltissimo; la ragazza invece lo trovava snervante.

Nozze
Che poi, un matrimonio in febbraio.
Ma pensi che la gente sia scema?
Sì, l'ho sentita la storia che sei andata dicendo in giro, che banalità i matrimoni a maggio o a giugno, quando si sposano tutti, che palle. Che poi ti ritrovi dovunque con altre coppie, valigie firmate nuove di zecca e camicie a fiori, all'aeroporto alle sei di mattina. Io, hai detto, voglio andare al mare quando gli altri hanno i cappotti addosso. Dall'altra parte del mondo, in mano un drink con l'ombrellino, al sole, a pensare a voi che lavorate tremando dal freddo o sotto la pioggia.

Gli occhi di Sara
A vederla, era solo una donna che guardava da una finestra lungo un corridoio.

L'omicidio Carosino. Le prime indagini del commissario Ricciardi
Il bambino giocava nel cortile. Aveva trovato un pezzo di legno che poteva sembrare una sciabola, e aveva deciso di esplorare i dintorni.
Stava pensando di essere Sandokan: tigri feroci o feroci pirati, qualche nemico feroce alla fine lo avrebbe trovato. Si avventurò nel piccolo vigneto, e l'ombra confortevole nascondeva nella fantasia pericoli e mistero.

Pane per i Bastardi di Pizzofalcone
Il Principe dell'Alba si mette in cammino venti minuti prima delle quattro.
Non sono molti i gesti che deve compiere, e il Principe li conosce a memoria; potrebbe eseguirli a occhi chiusi. Ma quella è l'ora, e tutto va fatto come va fatto, senza deroghe. Oggi, poi, sarà una di quelle giornate che ti invitano a ringraziare Iddio di essere vivo. È vero che fino a poco fa ha piovuto, e neppure poco, ma già si capisce che verrà il sereno.

Le parole di Sara
E guardalo, allora.
Osserva il suo profilo, non appena la vista si è abituata alla lieve luminescenza che, obliqua, arriva da un lampione giù in strada, luce giallastra mossa dal vento. Riconosci nella penombra la linea della fronte e la curva del naso, uno skyline che ti spacca il cuore; riconosci la dolcezza e l'incanto e l'immensa tenerezza che sai nascondergli così bene.

Il pianto dell'alba. Ultima ombra per il commissario Ricciardi
Considerate adesso un colpo di vento.
Consideratelo nel momento della sua nascita, in una terra remota, ignaro della strada che dovrà percorrere, fatta di notte e di mare.
Immaginatelo figlio del freddo che viene dalle stelle, perché abbia del padre la distanza dalle cose e la noncuranza per chi dovrà sfiorare; e dell'aria calda che sale dalla sabbia del deserto dopo una torrida giornata di sole, perché abbia la follia e l'imprevedibilità della madre.

Il purgatorio dell'angelo. Confessioni per il commissario Ricciardi
Tommaso amava l'alba.
Non avrebbe saputo spiegarlo bene, faceva il pescatore e si limitava a esprimere concetti semplici e diretti. I pescatori, è noto, parlano poco e, a meno di essere come Carmeluzzo di San Giovanni, che tutti sfottevano chiamandolo 'o Poeta, sia perché cantava sempre sia perché si divertiva a parlare difficile, dicono solo ciò che è necessario, e solo se non possono farne a meno: se parli mentre sei in barca, i pesci non si sentono considerati e vanno via. I pesci vogliono attenzione.

Rondini d'inverno. Sipario per il commissario Ricciardi
Mi dispiace, brigadie'.
Mi dispiace assai.
Ma vale la pena di provare a spiegarvi qualcosa, perché forse la colpa, alla fine, non è mia. O meglio, non solo. Anche se mio è il dito che ha premuto il grilletto.

Sara al tramonto
La donna invisibile sedeva sulla penultima panchina, la seconda a uscire dal pomeriggio e a entrare nella sera.

Sara che aspetta
Rannicchiata nella macchina, ascoltando le folate improvvise di vento gelido che si infrangono sulle poche auto in transito lungo la strada, Sara aspetta.

Il senso del dolore. L'inverno del commissario Ricciardi
Il bambino morto stava all’impiedi, fermo sull’incrocio tra Santa Teresa e il Museo. Guardava i due ragazzi che, seduti a terra, facevano il giro d’Italia con le biglie. Li guardava e ripeteva: “Scendo? Posso scendere?”.

Serenata senza nome. Notturno per il commissario Ricciardi
Non c'è abbastanza luce. Il ragazzo lo ha pensato sempre, fin dalla prima volta: in quella stanza non c'è abbastanza luce.

Una Sirena a Settembre
Se volete una storia, dovete andare dalla Signora.
Arrivarci non è banale. La Signora sta alla fine di un vicolo privo di uscita, in cima ai Quartieri Spagnoli; l'imboccatura della stradina è nascosta fra due sporgenze di antichi palazzi in rovina, cresciuti nel tempo -- al pari delle costruzioni circostanti -- come organismi viventi, una propaggine alla volta, un balcone qui e una finestra là, due muri e un'intercapedine man mano che servivano un ripostiglio, una stanzetta per la creatura o un po' d'aria per mammà che sta poco bene, e che sarà mai.

Souvenir per i Bastardi di Pizzofalcone
La luna faceva la sua parte, enorme e ferma nello spazio a illuminare il silenzio della tarda sera di primavera.

Un volo per Sara
Quando il motore di sinistra si spense, il comandante Stefano Tommasi stava pensando a Maria.

Vuoto per i Bastardi di Pizzofalcone
Lo senti il rumore di questa carezza?
Lo so che avverti il tocco, il passaggio lieve della mia mano sull'incavo del fianco, dal basso verso l'alto affinché la leggerezza sia bilanciata dal contropelo. Lo so che senti il movimento dei polpastrelli e del palmo, anche se hai gli occhi chiusi e il mezzo sorriso che ti increspa le labbra quando capisci i miei pensieri e ascolti le mie parole sussurrate.


Len Deighton (1929)

SS-GB
'Himmler's got the King locked up in the Tower of London,' said Harry Woods. 'But now the German Generals say the army should guard him.'
The other man busied himself with the papers on his desk and made no comment. He thumped the rubber stamp into the pad and then on to the docket, 'Scotland Yard. 14 Nov. 1941 It was incredible that the war had started only two years ago. Now it was over; the fighting finished, the cause lost. There was so much paperwork that two shoe boxes were being used for the overflow; Dolcis shoes, size six, patent leather pumps, high heels, narrow fitting. Detective Superintendent Douglas Archer knew only one woman who would buy such shoes: his secretary.
'Well, that's what people are saying,' added Harry Woods, the elderly Sergeant who was the other half of the 'murder team'.
SS-GB. I nazisti occupano Londra
«Himmler ha fatto rinchiudere il re nella Torre di Londra» dichiarò Harry Woods. «Adesso, però, i generali tedeschi dicono che a tenerlo d'occhio dovrebbe essere l'esercito».
L'altro uomo, immerso nelle carte sparse sulla sua scrivania, non fece commenti. Premette il timbro di gomma sul tampone, poi lo impresse sul ruolino: «Scotland Yard. 14 nov. 1941». Pareva incredibile che la guerra fosse cominciata solo due anni prima. E che fosse finita; finiti gli scontri, persa la causa. C'era una quantità tale di scartoffie da smaltire che si era fatto ricorso a due scatole da scarpe: décolleté di vernice, marca Dolcis, misura 39, tacco alto, pianta stretta. Il soprintendente Douglas Archer conosceva una sola donna capace di acquistare scarpe simili: la sua segretaria.
«Be', così si dice in giro» aggiunse Harry Woods, l'anziano sergente che costituiva l'altra metà della «squadra omicidi».

(Traduzione: Simona Fefè)


E. M. Delafield (Edmée Elizabeth Monica Dashwood) (1890-1943)

The Diary of a Provincial Lady
November 7th. - Plant the indoor bulbs. Just I am in the middle of them, Lady Boxe calls. I say, untruthfully, how nice to see her, and beg her to sit down while I just finish the bulbs. Lady B. makes determined attempt to sit down in armchair where I have already placed two bulb-bowls and the bag of charcoal, is headed off just in time, and takes the sofa.
Do I know, she asks, how very late it is for indoor bulbs? September, really, or even October, is the time.
Diario di una lady di provincia
7 novembre
Oggi piantatura dei bulbi. Nel bel mezzo della quale arriva Lady Boxe. Le dico, mentendo spudoratamente, che è un piacere vederla, si accomodi, la prego, finisco con i bulbi e sono da lei. Lady B. punta dritta verso la poltrona dove ho già sistemato due vasi e il sacco di carbone, ma riesco a pilotarla appena in tempo verso il divano.
Ma non lo sa, fa lei, che è spaventosamente tardi per i bulbi da interno? Il periodo giusto è settembre, in realtà, massimo ottobre.

(Traduzione: Monica Pareschi)


Grazia Deledda (1871-1936)

Canne al vento
Tutto il giorno Efix, il servo delle dame Pintor, aveva lavorato a rinforzare l'argine primitivo da lui stesso costruito un po' per volta a furia d'anni e di fatica, giù in fondo al poderetto lungo il fiume: e al cader della sera contemplava la sua opera dall'alto, seduto davanti alla capanna sotto il ciglione glauco di canne a mezza costa sulla bianca "Collina dei Colombi".
Eccolo tutto ai suoi piedi, silenzioso e qua e là scintillante d'acque nel crepuscolo, il poderetto che Efix considerava più suo che delle sue padrone: trent'anni di possesso e di lavoro lo han fatto ben suo, e le siepi di fichi d'India che lo chiudono dall'alto in basso come due muri grigi serpeggianti di scaglione in scaglione dalla collina al fiume, gli sembrano i confini del mondo.

Cenere
Cadeva la notte di San Giovanni. Olì uscì dalla cantoniera biancheggiante sull'orlo dello stradale che da Nuoro conduce a Mamojada, e s'avviò pei campi. Era una ragazza quindicenne, alta e bella, con due grandi occhi felini, glauchi e un po' obliqui, e la bocca voluttuosa il cui labbro inferiore, spaccato nel mezzo, pareva composto da due ciliegie. Dalla cuffietta rossa, legata sotto il mento sporgente, uscivano due bende di lucidi capelli neri attortigliati intorno alle orecchie: questa acconciatura ed il costume pittoresco, dalla sottana rossa e il corsettino di broccato che sosteneva il seno con due punte ricurve, davano alla fanciulla una grazia orientale. Fra le dita cerchiate di anellini di metallo, Olì recava striscie di scarlatto e nastri coi quali voleva segnare i fiori di San Giovanni, cioè i cespugli di verbasco, di timo e d'asfodelo da cogliere l'indomani all'alba per farne medicinali ed amuleti.

Cosima
La casa era semplice, ma comoda: due camere per piano, grandi, un po' basse, coi pianciti e i soffitti di legno; imbiancate con la calce; l'ingresso diviso in mezzo da una parete: a destra la scala, la prima rampata di scalini di granito, il resto di ardesia; a sinistra alcuni gradini che scendevano nella cantina. Il portoncino solido, fermato con un grosso gancio di ferro, aveva un battente che picchiava come un martello, e un catenaccio e una serratura con la chiave grande come quella di un castello. La stanza a sinistra dell'ingresso era adibita a molti usi, con un letto alto e duro, uno scrittoio, un armadio ampio, di noce, sedie quasi rustiche, impagliate, verniciate allegramente di azzurro: quella a destra era la sala da pranzo, con un tavolo di castagno, sedie come le altre, un camino col pavimento battuto. Null'altro. Un uscio solido pur esso e fermato da ganci e catenacci, metteva nella cucina. E la cucina era, come in tutte le case ancora patriarcali, l'ambiente più abitato, più tiepido di vita e d'intimità.

L'edera
Era una sabato sera, la vigilia della festa di San Basilio, patrono del paese di Barunèi. In lontananza risonavano confusi rumori; qualche scoppio di razzo, un rullo di tamburo, grida di fanciulli; ma nella straducola in pendio, selciata di grossi ciottoli, ancora illuminata dal crepuscolo roseo, s'udiva solo la voce nasale di don Simone Decherchi.
"Intanto il fanciullo è scomparso" diceva il vecchio nobile, che stava seduto davanti alla porta della sua casa e discuteva con un altro vecchio, ziu Cosimu Damianu, suocero d'un suo figlio. "Chi l'ha veduto? dov'è andato? Nessuno lo sa. La gente dubita che l'abbia ucciso il padre... E tutto questo perchè non c'è più timor di Dio, più onestà... Ai miei tempi la gente non osava neppure figurarsi che un padre potesse uccidere il figlio..."

Elias Portolu
Giorni lieti s'avvicinavano per la famiglia Portolu, di Nuoro. Agli ultimi di aprile doveva ritornare il figlio Elias, che scontava una condanna in un penitenziario del continente; poi doveva sposarsi Pietro, il maggiore dei tre giovani Portolu.
Si preparava una specie di festa: la casa era intonacata di fresco, il vino ed il pane pronti; pareva che Elias dovesse ritornare dagli studi, ed era con un certo orgoglio che i parenti, finita la sua disgrazia, lo aspettavano.
Finalmente arrivò il giorno tanto atteso, specialmente da zia Annedda, la madre, una donnina placida, bianca, un po' sorda, che amava Elias sopra tutti i suoi figliuoli. Pietro, che faceva il contadino, Mattia e zio Berte, il padre, che erano pastori di pecore, ritornarono di campagna.

La madre
Anche quella notte, dunque, Paulo si disponeva ad uscire.
La madre, nella sua camera attigua a quella di lui, lo sentiva muoversi furtivo, aspettando forse, per uscire, ch'ella spegnesse il lume e si coricasse.
Ella spense il lume ma non si coricò. Seduta presso l'uscio si stringeva una con l'altra le sue dure mani di serva, ancora umide della risciacquatura delle stoviglie, calcando i pollici uno sull'altro per farsi forza; ma di momento in momento la sua inquietudine cresceva, vinceva la sua ostinazione a sperare che il figlio s'acquetasse, che, come un tempo, si mettesse a leggere o andasse a dormire. Per qualche minuto, infatti, i passi furtivi del giovane prete cessarono: si sentiva solo, di fuori, il rumore del vento accompagnato dal mormorio degli alberi del ciglione dietro la piccola parrocchia: un vento non troppo forte ma incessante e monotono che pareva fasciasse la casa con un grande nastro stridente, sempre più stretto, e tentasse sradicarla dalle sue fondamenta e tirarla giù.

Marianna Sirca
Marianna Sirca, dopo la morte di un suo ricco zio prete, del quale aveva ereditato il patrimonio, era andata a passare alcuni giorni in campagna, in una piccola casa colonica che possedeva nella Serra di Nuoro, in mezzo a boschi di soveri.
Era di giugno. Marianna, sciupata dalla fatica della lunga assistenza d'infermiera prestata allo zio, morto di una paralisi durata due anni, pareva uscita di prigione, tanto era bianca, debole, sbalordita: e per conto suo non si sarebbe mossa né avrebbe dato retta al consiglio del dottore che le ordinava di andare a respirare un po' d'aria pura, se il padre, che faceva il pastore ed era sempre stato una specie di servo del fratello prete, non fosse sceso apposta dalla Serra a prenderla, supplicandola con rispetto:
"Marianna, dà retta a chi ti vuol bene. Obbedisci".

Il paese del vento
Nonostante tutte le precauzioni e i provvedimenti del caso, il nostro viaggio di nozze fu disastroso.
Ci si sposò di maggio, e si partì subito dopo. Rose, rose, ci accompagnavano: le fanciulle le gettavano dalle loro finestre, con manciate di grano e sguardi d'invidia amorosa: la stazione ne era tutta inghirlandata; e rosseggianti anche le siepi della valle. Rose e grano: amore e fortuna: tutto ci sorrideva.
La mèta del nostro viaggio era sicura, adatta alla circostanza: una casetta fra la campagna e il mare, dove il mio sposo aveva già qualche volta villeggiato: una donna anziana, discreta, brava per le faccende domestiche, da lui già conosciuta, doveva incaricarsi di tutti i nostri bisogni materiali.


Antonio Delfini (1907-1963)

Il fanalino della Battimonda
Solo nel centro di una città desolata terminava i suoi pensieri più assurdi, Ludovis, il mercante ebreo rinnegato, figlio di uomini che avevano guadagnato molto denaro. Come sarebbe andata a finire? Sarebbe partito? Forse un giorno o l’altro, quando il cerchio dei meschini gli si fosse sciolto d’attorno. Senza speranza, pieno di astio avrebbe continuato.


Attilio Del Giudice (1935)

Una barchetta di carta
C’era un prete col basco e una bicicletta.
Il prete pedalava come un pazzo su un filo, a cento metri d’altezza o, almeno, così sembrava a lui, tanta era l’ansia.
In realtà, correva lungo una strada asfaltata di fresco e il suo bel profilo si specchiava, con rapidi flash, nelle finestre sbarrate dei pianiterra di giallastri caseggiati per civili abitazioni, che l’Istituto Case Popolari doveva assegnare, spulciando da una lunghissima lista di senzatetto.
La strada si chiamava: Via Antonio Gramisci.
L’idea era venuta al vice sindaco, che l’aveva proposta in una tumultuosa assemblea consiliare, una sera che l’opposizione voleva vederci chiaro in un’oscura faccenda di appalti.
La bicicletta era una Bianchi, la marca per la quale correva Fausto Coppi, il Campionissimo.
Questa, però, che un carpentiere aveva dimenticato in parrocchia prima di partire emigrante per la Svizzera, era vecchia e sgangherata. Il prete, invece, era giovane e bello, anche di prospetto, e si chiamava Pio. Anzi, don Pio, come si usa per i preti.

Bloody muzzare'
L'inverno, quell'anno, tutto sommato era stato mite ma con l'entrata ufficiale della primavera aveva voluto fare il suo canto del cigno. Marzo, si sa,è pazzoide, però cinque giorni consecutivi di pioggia gelata e un vento di tramontana che scendeva dai monti come un castigo, a bruciare i fiori di pesco e di mandorlo che già da tempo erano comparsi nelle vallate, e a infilarsi in tutte le fessure delle case con paurosi ululati, non lasciavano pensare a un capriccio passeggero. "Accattammece o' capitone, che mo vene Natale!" diceva la gente. Invece, domenica, San Teodoro vescovo, venne la bella giornata.

Città amara
Chissà perché gli piaceva la parola "ossimoro". Gli era capitata sulla punta della lingua, una volta, leggendo il giornale, e fu amore a prima vista.
Dapprincipio, pensò che designasse un osso di colore scuro, un osso speciale, magari da far gola, come l’ossobuco; ma quando andò a consultare il G. Devoto e G.C. Oli (centoventimila, in dieci rate mensili), due volumacci, che troneggiavano nella cristalliera, tra sei tazzine di porcellana cinese e otto bicchierini per il rosolio (quanti ne erano rimasti del servizio da dodici), e lesse: "S. m. Figura retorica consistente nell’accostare, nella medesima locuzione, parole che esprimono concetti contrari", il brigadiere Vincenzo Capece capì e non capì, ma, senza esitazione, l’assunse quale parola chiave e interpretativa di uomini e cose e, talvolta, dell’intero sistema planetario."E’ tutto un ossimoro, è tutto un ossimoro!" soleva dire.

Morte di un carabiniere
Con quella calura che ammosciava pure le mosche, frequentatrici del trilocale sito in Via Cavour 18 (sede distaccata e provvisoria della tenenza del Corpo dei Carabinieri di X), la quattordicesima del 2 agosto non aveva l’aria di essere una di quelle fatali, quanto, piuttosto, una delle tante gregarie e portatrici d’acqua all’eternità; in ogni caso, inadatta a qualsivoglia pragma, foss’anche quello solerte e suffragato da istitutivi giuramenti dell’Arma Fedele.
N’oretta bbona per la pennichella post pranthium…

La vita incagliata
Da dieci giorni abbiamo una nuova maestra. La nuova maestra parla tischitoschi, perché viene da una città dell'Alta Italia che si chiama Forlì e tiene la faccia uguale uguale all'Arcangelo Gabriele che sta pittato nella chiesa di Santa Rita, subito entrando a destra.


Daniele Del Giudice (1949-2021)

Atlante occidentale
All'inizio del campo d'erba provò il timone; poi, dondolando le ali, cominciò a rullare. Il volantino gli spingeva i gomiti vicino ai fianchi e la coda bassa dell'aereo gli spostava il viso in avanti, spartendo la visuale tra gli orologi del cruscotto e gli alberi lontani, come una lente bifocale. Ciò che pensava come una sua posizione era in realtà l'adeguamento a tutto quanto, dall'aereo e da fuori, gli veniva incontro, compresa la sua faccia resa anamorfica dal sole sulla curvatura del plexiglas.

Mania
L'orecchio assoluto
"Vede, - disse l'uomo seduto di fronte a me nel treno, - io mi occupo di polvere, nient'altro che di polvere", e lo disse con una finta nostalgia di non essersi occupato di cose più consistenti, in realtà lasciando intendere che la polvere era un universo ricco e variegato, del quale certamente io non sapevo nulla.

Staccando l'ombra da terra
Per l'errore
Non c'è un momento preciso né un giorno fissato, non ti sarà preannunciato da alcun segno esteriore, nulla nei comportamenti e nel paesaggio sarà diverso dall'abituale, il sole a filo sulla pista, la pista che finisce nel mare, niente comunque ti farà presagire che è giunto il momento, per te, di trovarti su un areoplano senza passeggeri, senza piloti, senz'altri che non sia tu stesso, come nel peggiore dei sogni.

Lo stadio di Wimbledon
Anche se è stato un sonno breve,come questo di mezz'ora, dopo bisogna ricominciare tutto da capo. Sono procedure normali della continuità, e seduto in treno posso farle con delicatezza. Ho cominciato solo ascoltando:


Miguel Delibes (1920-2010)

El camino
Las cosas podían haber sucedido de cualquier otra manera y, sin embargo, sucedieron así. Daniel, el Mochuelo, desde el fondo de sus once años, lamentaba el curso de los acontecimientos, aunque lo acatara como una realidad inevitable y fatal. Después de todo, que su padre aspirara a hacer de él algo más que un quesero era un hecho que honraba a su padre. Pero por lo que a él afectaba...
Su padre entendía que esto era progresar; Daniel, el Mochuelo, no lo sabía exactamente. El que él estudiase el Bachillerato en la ciudad podía ser, a la larga, efectivamente, un progreso. Ramón, el hijo del boticario, estudiaba ya para abogado en la ciudad, y cuando les visitaba, durante las vacaciones, venía empingorotado como un pavo real y les miraba a todos por encima del hombro; incluso al salir de misa los domingos y fiestas de guardar, se permitía corregir las palabras que don José, el cura, que era un gran santo, pronunciaba desde el púlpito. Si esto era progresar, el marcharse a la ciudad a iniciar el Bachillerato, constituía, sin duda, la base de este progreso.
Pero a Daniel, el Mochuelo, le bullían muchas dudas en la cabeza a este respecto.
Il cammino
Le cose sarebbero potute accadere in qualsiasi altro modo e, sicuramente, fu così che successero. Dal fondo dei suoi undici anni, Daniel il Gufetto rimpiangeva il corso degli avvenimenti, benché lo accettasse come una realtà inevitabile e fatale. Dopo tutto, che suo padre aspirasse a fare di lui qualcosa di più che un casaro, era un fatto che gli faceva onore. Ma per quanto riguardava Daniel...
Suo padre pensava che questo fosse il progresso. Daniel il Gufetto non lo sapeva esattamente. Il fatto di studiare alle Scuole Medie in città avrebbe potuto rappresentare, con l'andar del tempo, un progresso. Ramón, il figlio del farmacista, che studiava da avvocato in città, quando faceva loro visita durante le vacanze, si metteva tutto in ghingheri, come un pavone reale, e li guardava tutti con la puzza sotto il naso. All'uscita dalla messa, di domenica e nelle feste di precetto, si permetteva persino di correggere le parole che Don José, il curato, che era un gran santo, pronunciava dal pulpito. Se questo era il progresso, il fatto di andare in città a cominciare le Medie ne rappresentava, senza dubbio, l'inizio.
Ma a Daniel il Gufetto ribollivano in testa molti dubbi a tal proposito.

(Traduzione: Chiara Galletti)

El Príncipe Destronado
Martes, 3 de diciembre 1963
Las 10
Entreabrió los ojos y, al instante, percibió el resplandor que filtraba por la rendija del cuarterón, mal ajustado, de la ventana. Contra la luz se dibujaba la lámpara de sube y baja, de amplias alas - el Ángel de la Guarda - la butaca tapizada de plástico rameado y las escalerillas metálicas de la librería de sus hermanos mayores. La luz, al resbalar sobre los lomos de los libros, arrancaba vivos destellos rojos, azules, verdes y amarillos. Era un hermoso muestrario y en vacaciones, cuando se despertaba a la misma ora de sus hermanos, Pablo le decía: "Mira, Quico, el Arco Iris".
Il Principe Spodestato
Martedì, 3 dicembre 1963
Le 10
Socchiuse gli occhi e, all'istante, percepì il bagliore che filtrava dalla fessura degli scuri, mal accostati, della finestra. In controluce, si delineavano il lampadario a sospensione con le sue ampie falde - l'Angelo Custode - la poltrona ricoperta da una fodera in plastica dal motivo floreale e le scalette metalliche della libreria dei suoi fratelli maggiori. La luce, scivolando sul dorso dei libri, creava un vivace scintillio rosso, azzurro, verde e giallo. Era un affascinante campionario e durante le vacanze, quando si svegliava alla stessa ora dei suoi fratelli, Pablo gli diceva: "Guarda, Quico, l'Arcobaleno".

(Traduzione: Chiara Galletti)


Jacques Delille (1738-1813)

L'homme des champs, ou Les géorgiques françoises (...)
Boileau jadis a pu, d'une imposante voix,
dicter de l'art des vers les rigoureuses lois;
le chantre de Mantoue a pu des champs dociles
hâter les dons tardifs par des leçons utiles:
mais quoi! L'art de jouir, et de jouir des champs,
se peut-il enseigner? Non sans doute, et mes chants,
des austères leçons fuyant le ton sauvage,
viennent de la nature offrir la douce image,
inviter les mortels à s'en laisser charmer:
apprendre à la bien voir, c'est apprendre à l'aimer.


Don DeLillo (1936)

Americana
Then we came to the end of another dull and lurid year. Lights were strung across the front of every shop. Men selling chestnuts wheeled their smoky carts. In the evenings the crowds were immense and traffic built to a tidal roar. The santas of Fifth Avenue rang their little bells with an odd sad delicacy, as if sprinkling salt on some brutally spoiled piece of meat. Music came from all the stores in jingles, chants and hosannas, and from the Salvation Army bands came the martial trumpet lament of ancient Christian legions. It was a strange sound to hear in that time and place, the smack of cymbals and high-collared drums, a suggestion that children were being scolded for a bottomless sin, and it seemed to annoy people.
Americana
E così arrivammo alla fine di un altro stupido e lurido anno. Le luminarie sormontavano scintillanti le porte dei negozi. I venditori di caldarroste spingevano i carretti fumanti. Di sera, la folla in strada era immensa e il fragore del traffico saliva a trasformarsi in un'ondata di piena. I Babbi Natale della Quinta Avenue scampanellavano con una delicatezza strana e quasi dolente, come a spargere sale su un taglio di carne guasta. In tutti i negozi risuonavano musichette, canti e osanna natalizi, e le trombe dell'Esercito della Salvezza diffondevano i lamenti marziali di antiche legioni cristiane. L'effetto sonoro in quel luogo e in quel momento era bizzarro, fragore di piatti e rullare di tamburi, come un rimprovero impartito a dei bambini per un peccato imperdonabile, e la gente era infastidita.

(Traduzione: Marco Pensante)

The Angel Esmeralda
Creation
It was an hour's drive, much of it a climb through smoky rain. I kept my window open several inches, hoping to catch a fragrance, some savor of aromatic shrubs. Our driver slowed down for the worst parts of the road and the tightest turns and for cars coming toward us through the haze. At intervals the bordering vegetation was less thick and there were views of pure jungle, whole valleys of it, spread between the hills.
L'angelo Esmeralda
Creazione
Era un'ora di macchina, la strada perlopiú in salita, sotto una pioggia caliginosa. Tenevo il finestrino abbassato di pochi centimetri nella speranza di catturare un profumo, la fragranza di un qualche arbusto aromatico. Il nostro autista rallentava nei tratti più malagevoli, nelle curve più strette o quando incrociavamo altre auto nella foschia. A intervalli la vegetazione a bordo strada si diradava e comparivano alla vista squarci, intere vallate di vera e propria giungla che si estendeva tra le colline.

(Traduzione: Federica Aceto)

The Body Artist
Time seems to pass. The world happens, unrolling into moments, and you stop to glance at a spider pressed to its web. There is a quickness of light and a sense of things outlined precisely and streaks of running luster on the bay. You know more surely who you are on a strong bright day after a storm when the smallest falling leaf is stabbed with self-awareness. The wind makes a sound in the pines and the world comes into being, irreversibly, and the spider rides the wind-swayed web.
It happened this final morning that they were here at the same time, in the kitchen, and they shambled past each other to get things out of cabinets and drawers and then waited one for the other by the sink or fridge, still a little puddled in dream melt, and she ran tap water over the blueberries bunched in her hand and closed her eyes to breathe the savor rising.
Body Art
Il tempo sembra passare. Il mondo accade, gli attimi si svolgono, e tu ti fermi a guardare un ragno attaccato alla ragnatela. C'è una luce nitida, un senso di cose delineate con precisione, strisce di lucentezza liquida sulla baia. In una giornata chiara e luminosa dopo un temporale, quando la più piccola delle foglie cadute è trafitta di consapevolezza, tu sai con maggiore sicurezza chi sei. Nel rumore del vento tra i pini, il mondo viene alla luce, in modo irreversibile, e il ragno resta attaccato alla regnatela agitata dal vento.
Quell'ultima mattina accadde che fossero insieme in cucina, e si sfiorassero di continuo per prendere oggetti dagli armadi e dai cassetti, e poi si fermassero al lavandino o al frigorifero l'uno in attesa dell'altra, ancora un po' vischiosi della materia dei sogni, e lei fece scorrere l'acqua del rubinetto sui mirtilli che teneva in mano e chiuse gli occhi per inalarne il profumo.

(Traduzione: Marisa Caramella)

Cosmopolis
Sleep failed him more often now, not once or twice a week but four times, five. What did he do when this happened? He did not take long walks into the scrolling dawn. There was no friend he loved enough to harrow with a call. What was there to say? It was a matter of silences, not words.
He tried to read his way into sleep but only grew more wakeful. He read science and poetry. He liked spare poems sited minutely in white space, ranks of alphabetic strokes burnt into paper. Poems made him conscious of his breathing. A poem bared the moment to things he was not normally prepared to notice. This was the nuance of every poem, at least for him, at night, these long weeks, one breath after another, in the rotating room at the top of the triplex.
Cosmopolis
Ora il sonno lo abbandonava più spesso, non una o due bensì quattro, cinque volte la settimana. Che cosa faceva in quei momenti? Non passeggiava a lungo dentro gli arabeschi dell'alba. Non aveva un amico tanto intimo da sopportare il tormento di una telefonata. Cosa dirgli? Era una questione di silenzi, non di parole.
Cercava di leggere fino ad addormentarsi, ma riusciva solo a sentirsi più sveglio. Leggeva scienza e poesia. Gli piacevano le poesie scarne collocate minuziosamente nello spaziò bianco, file di tratti alfabetici impressi a fuoco nella carta. Le poesie lo rendevano cosciente del proprio respiro. L'essenzialità della poesia gli rivelava in un attimo cose che normalmente non notava. Questa era la sfumatura di ogni poesia, almeno per lui, di notte, in quelle lunghe settimane, un respiro dopo l'altro, nella stanza ruotante in cima all'appartamento a tre piani.

(Traduzione: Silvia Pareschi)

Falling Man
It as not a street anymore but a world, a time and space of falling ash and near night. He was walking north through rubble and mud and there were people running past holding towels to their faces or jackets over their heads. They had handkerchiefs pressed to their mouths. They had shoes in their hands, a woman with a shoe in each hand, running past him. They ran and fell, some of them, confused and ungainly, with debris coming down around them, and there were people taking shelter under cars.
L'uomo che cade
Non era più una strada ma un mondo, un tempo e uno spazio di cenere in caduta e semioscurità. Camminava verso nord tra calcinacci e fango e c'erano persone che gli correvano accanto tenendosi asciugamani sul viso o giacche sulla testa. Avevano fazzoletti premuti sulle bocche. Avevano scarpe in mano, una donna gli corse accanto, una scarpa per mano. Correvano e cadevano, alcuni, confusi e sgraziati, fra i detriti che scendevano tutt'intorno, e qualcuno cercava rifugio sotto le automobili.

(Traduzione: Matteo Colombo)

Great Jones Street
Fame requires every kind of excess. I mean true fame, a devouring neon, not the somber renown of waning statesmen or chinless kings. I mean long journeys across gray space. I mean danger, the edge of every void, the circumstance of one man imparting an erotic terror to the dreams of the republic, Understand the man who must inhabit these extreme regions, monstrous and vulval, damp with memories of violation. Even if half-made he is absorbed into the public's total madness; even if fully rational, a bureaucrat in hell, a secret genius of survival, he is sure to be destroyed by the public's comtempt for survivors.
Great Jones Street
La celebrità esige ogni eccesso. Intendo la celebrità vera, che è una fluorescenza divoratrice e non la sobria rinomanza degli statistici sul viale del tramonto o dei sovrani dal mento sfuggente. Per celebrità intendo lunghi viaggi in uno spazio grigio. Intendo il pericolo, il confine di tutti i vuoti possibili, un uomo che impone l'erotismo del terrore ai sogni della Repubblica. Sforzatevi di comprendere l'essere costretto ad abitare regioni così estreme, mostruose e vulvari, impregnate di memorie di violenza. Anche se per metà folle, quest'uomo viene riassorbito dalla follia totale del pubblico; anche se perfettamente razionale, burocrate dell'inferno, genio tacito del sopravvivere, sa già che verrà distrutto dal disprezzo tipico del pubblico per i sopravvissuti

(Traduzione: Marco Pensante)

Mao II
Here they come, marching into American sunlight. They are grouped in twos, eternal boy-girl, stepping out of the runway beyond the fence in left-center field. The music draws them across the grass, dozens, hundreds, already too many to count. Thay assemble themselves so tightly, crossing the vast arc of the outfield, that the effect is one of transformation. From a series of linked couples they become one continuous wave, larger all the time, covering the open spaces in navy and white.
Mao II
Eccoli che arrivano, marciando nella luce del sole d'America. In fila per due, l'eterno duetto ragazzo/ragazza, sbucano dalla pista al di là della staccionata sul centrocampo sinistro. La musica li attira sull'erba a dozzine, a centinaia, già troppi per contarli. Si ammassano così vicini, attraversando il vasto arco del fuoricampo, che l'effetto è quello di una trasformazione. Da una serie di coppie allacciate diventano un'onda ininterrotta sempre più grande, che copre gli spazi aperti di blu marino e di bianco.

(Traduzione: Delfina Vezzoli)

The Names
For a long time I stayed away from the Acropolis. It daunted me, that somber rock. I preferred to wander in the modern city, imperfect, blaring. The weight and moment of those worked stones promised to make the business of seeing them a complicated one. So much converges there. It's what we've rescued from the madness. Beauty, dignity, order, proportion. There are obligations attached to such a visit.
Then there was the question of its renown. I saw myself climbing the rough streets of the Plaka, past the discos, the handbag shops, the rows of bamboo chairs. Slowly, out of every bending lane, in waves of color and sound, came tourists in striped sneakers, fanning themselves with postcards, the philhellenes, laboring uphill, vastly unhappy, mingling in one unbroken line up to the monumental gateway.
What ambiguity there is in exalted things. We despise them a little.
I nomi
Per molto tempo mi tenni lontano dall'Acropoli. Mi intimidiva, quella rocca tetra. Preferivo vagare nella città moderna, imperfetta, chiassosa. Il peso e l'importanza di quelle pietre lavorate rendevano arduo il compito di visitarle. Cosi tante cose convergono in quel punto, tutto ciò che abbiamo salvato dalla follia: bellezza, dignità, ordine, proporzione. Una visita del genere era molto impegnativa.
Poi c'era la questione della sua fama. Mi immaginavo arrancare per le strade sconnesse della Plaka, oltre le discoteche, i negozi di borse, le file di sedie di bambù. Lenti, da ogni curva, in ondate di suono e colore, apparivano turisti con scarpette da ginnastica a righe, sventolandosi con cartoline, i cultori dell'ellenismo, che si affaticavano a salire, visibilmente scontenti, che si mischiavano in una sola fila ininterrotta su fino all'ingresso monumentale.
Quanta ambivalenza nelle cose che esaltiamo. Le disprezziamo sempre un po'.

(Traduzione: Amalia Pistilli)

Running Dog
You won't find ordinary people here. Not after dark, on these streets, under the ancient warehouse canopies. Of course you know this. This is the point. It's why you're here, obviously. Wind comes gusting off the river, stirring the powdery air of demolition sites. Derelicts build fires in rusty oil drums near the piers. You see them clustered, wrapped in whatever variety of coat or throwaway sweater or combination of these they've been able to acquire. There are trucks parked near the warehouse, some of them occupied, men smoking in the dimness, waiting for the homosexuals to make their way down from the bars above Canal Street, You lengthen your stride, although not to hurry out of the cold.
Running Dog
Non troverai gente normale, qui. Non dopo il tramonto, in queste strade, sotto le antiche tettoie dei magazzini. Questo lo sai, naturalmente. È chiaro. Altrimenti non saresti venuto. Il vento soffia a raffiche dal fiume, alzando la polvere dei cantieri in demolizione. Vicino alle banchine, i vagabondi accendono il fuoco dentro fusti di petrolio arrugginiti. Si stringono gli uni agli altri, infagottati nei cappotti, nei maglioni di seconda mano o in qualunque combinazione di indumenti siano riusciti a procurarsi. Ci sono camion parcheggiati vicino ai magazzini, alcuni occupati da uomini che fumano al buio, in attesa degli omosessuali che escono dai bar oltre Canal Street. Allunghi il passo, ma non cerchi riparo dal freddo.

(Traduzione: Silvia Pareschi)

Underworld
He speaks in your voice, American, and there's shine in his eye that's halfway hopeful.
It's a school day, sure, but he's nowhere near the classroom. He wants to be here instead, standing in the shadow of this old rust-hulk of a structure, and it's hard to blame him - this metropolis of steel and concrete and flaky paint and cropped grass and enormous Chesterfield packs aslant on the scoreboards, a couple of cigarettes jutting from each.
Underworld
Parla la tua lingua, l'americano, e c'è una luce nel suo sguardo che è una mezza speranza.
È un giorno di scuola, naturalmente, ma lui non c'è proprio, in classe. Preferisce star qui, invece, all'ombra di questa specie di vecchia carcassa arrugginita, e non si può dargli torto - questa metropoli di acciaio, cemento e vernice scrostata, di erba tosata ed enormi pacchetti di Chesterfield di sgimbescio sui tabelloni segnapunti, con un paio di sigarette che sbucano da ciascuno.

(Traduzione: Delfina Vezzoli)

White Noise
The station wagons arrived at noon, a long shining line that coursed through the west campus. In single file they eased around the orange I-beam sculpture and moved toward the dormitories. The roofs of the station wagons were loaded down with carefully secured suitcases full of light and heavy clothing; with boxes of blankets, boots and shoes, stationery and books, sheets, pillows, quilts; with rolled-up rugs and sleeping bags; with bicycles, skis, rucksacks, English and Western saddles, inflated rafts.
Rumore bianco
Le station wagon arrivarono a mezzogiorno, lunga fila lucente che attraversò il settore occidentale del campus. In fila indiana girarono con cautela attorno alla scultura metallica in forma di I, color arancio, dirigendosi verso i dormitori. I tetti delle auto erano carichi di valige assicurate con cura, piene di abiti leggeri e pesanti; scatole di coperte, scarponi e scarpe, cancelleria e libri, lenzuola, cuscini, trapunte; tappeti arrotolati e sacchi a pelo; biciclette, sci, zaini, selle inglesi e western, gommoni già gonfiati.

(Traduzione: Mario Biondi)


Giovanni Della Casa (1503-1556)

Galateo
Con ciò sia cosa che tu incominci pur ora quel viaggio del quale io ho la maggior parte, sì come tu vedi, fornito, cioè questa vita mortale, amandoti io assai, come io fo, ho proposto meco medesimo di venirti mostrando quando un luogo e quando altro, dove io, come colui che gli ho sperimentati, temo che tu, caminando per essa, possi agevolmente o cadere, o come che sia, errare: acciò che tu, ammaestrato da me, possi tenere la diritta via con la salute dell'anima tua e con laude et onore della tua orrevole e nobile famiglia.


Lorenzo Della Fonte (1960)

Stoccafisso in salsa Verdi
«Aspetta, aspetta che ti racconto. Siediti qui, Johnny».
Silvia appoggia il palmo sul cuscino del vecchio divano, che tengo in ufficio per certe, rare visite di riguardo. Nel farlo i suoi capelli ondeggiano lievi, come fanno le spighe d’estate. Dopo avermi tenuto stretto a lungo, in piedi, senza respirare, si è accomodata con sollievo e naturalezza, quasi fosse a casa. Il suo accento americano squilla chiaro fra le pareti, sanando un po’ di quel malandato grigiore.
In piedi davanti a lei, aggrotto le sopracciglia. «Lo sai che non mi piace essere chiamato Johnny».
«E io ti chiamo come mi pare. Dai, mettiti seduto, è una storia troppo bella!».


Agostino della Sala Spada (1842-1913)

Nel 2073! Sogni d'uno stravagante
Mi chiamo Saturnino Saturnini e per certe mie idee particolari, non comuni al più degli uomini e certe cose da me fatte che uscivano dall'ordinario, fui detto e chiamato stravagante, il che suona pazzo o poco meno nell'intendimento di molti.
Se lo sia o no, io non vado a cercare, ché la stima degli uomini in certe cose la non mi fa né caldo, né freddo, ed in questi tempi poi è difficile a giudicare quali sieno i matti, e quali i savii.
Nullameno, mi conviene fare una confessione, ed è che il mio cervello mi fa alcune volte degli strani giochetti, e la parte fantastica, aiutata mirabilmente dalla memoria, opera così da farmi parer vero e reale, ciò che non è né l'uno, né l'altro.


Francesco Dell'Olio (19??)

Vivere adagio
Di solito cominci a scrivere poesie a sedici o diciassette anni, quando al liceo, volente o nolente, fai la conoscenza dei vari Ariosto, Tasso, Pascoli, Ungaretti, Leopardi e non so più chi altri, quando lanci maliziose occhiate a qualsiasi ragazza mediamente carina ti passi accanto senza peraltro essere ricambiato, quando prendi le prime sbronze di vodka alla pesca e cominci ad ascoltare Jim Morrison e Bob Marley. Anch’io, non lo nego, sono incappato in questo errore ma andando purtroppo ben oltre.
Dopo qualche anno infatti ti ritrovi all’università e ti si apre improvviso un nuovo mondo: le liceali.


Mimmo Dello Monaco (1937)

A costo zero
- Ma come si fa a credere ad una sciocchezza del genere! A quando, allora, la pietra filosofale?
- Per metterci al passo con i tempi, ci converrà istituire corsi di laurea in alchimia anche nei nostri paesi.
Il sarcasmo dei due funzionari governativi - uno saudita e l'altro algerino - incominciuava ad irritare Muhammad al-Salem.
Da due ore cercava di convincerli che poteva anche rispondere al vero la voce che circolava nel Medio Oriente, tra i paesi produttori di petrolio. Secondo quando si diceva, unna rivoluzionaria scoperta scientifica europea avrebbe fatto perdere al greggio gran parte del suo valore, permettendo a circa due terzi dell'umanità di dare un addio definitivo al petrolio.

Il mio amico Gio'
Avevo incontrato l'artropode per la prima volta a scuola, nella saletta ove si custodivano gli strumenti per le esercitazioni di fisica. Aveva quasi trent'anni, ma sembrava un bambino.
Era salito su di uno sgabello con le sue scarpette correttive da cui spuntavano le due esili gambette, per protendersi verso l'alto a braccia distese, cercando di afferrare dallo scaffale un amperometro gigante, di quelli didattici a grandi scale graduate. Dopo alcuni tentativi riuscì a prendere l'apparecchio e ad iniziare la discesa dal panchetto; impresa complicata, avendo le mani occupate a sostenere il grosso strumento, tenuto ben stretto sul piccolo e tremolante addome.

Il magrebino
Felipe Moreno Beltran distolse gli occhi stanchi dal monitor. Lo schermo fluorescente lo affaticava, ma Internet continuava ad affascinarlo e quella sera aveva percorso per oltre due ore la grande rete con l'entusiasmo di un ragazzo. Quasi sessantenne e sacerdote da più di trent'anni, Padre Felipe era un naturalista molto apprezzato nell'ambiente scientifico. Lavorava e praticamente viveva in una sola grande stanza ingombra di centinaia di libri, fossili e minerali.

La sconosciuta
- Quelli, chi sono? - domandò la ragazza affiorata improvvisamente dall'acqua. Mi aveva raggiunto nuotando in immersione, mentre galleggiavo disteso sul dorso, cullato dalla debole corrente che mi sospingeva verso riva.
Era di pomeriggio inoltrato; poca la gente in mare, nonostante l'ultimo scorcio di giugno annunciasse, con un caldo eccessivo, l'arrivo di giorni infuocati.
Mi sembrava di averla già vista quella giovane donna abbronzata e carina, che ora mi guardava in attesa di una risposta, con il, viso gocciolante seminascosto da una selva di capelli bagnati.


Lester Del Rey (Ramon Felipe San Juan Mario Silvio Enrico Smith Heathcourt-Brace Sierra y Alvarez-Del Rey y De Los Huerdes) (1915-1993)

The Eleventh Commandment (L'undicesimo comandamento)
La Terra non si era disturbata a inviare una fanfara e nemmeno una folla festante ad accogliere Boyd Jensen di ritorno nel pianeta dei suoi padri. Nell'anno 2190, la Chiesa cattolica eclettica d'America insegnava ancora la parabola del figliol prodigo, ma i vitelli grassi erano difficili da trovare e le celebrazioni erano riservate a rafforzare la fede di chi già credeva. La malmessa pista di atterraggio, piena di erbacce, in genere era proibita ai laici: solo due monaci spaventati e un prete avevano seguito con lo sguardo la silenziosa discesa della piccola astronave con il pilota automatico.
(Traduzione: Andrea Tortoreto)


Erri De Luca (1950)

Aceto, arcobaleno
Dev'essere stato il fulmine a svegliarmi. Una miccia di luce passata dietro le palpebre chiuse ha infilato i nervi e li ha percorsi tutti come un circuito elettrico. Sforzo gli occhi abbagliati, vedo la stanza sotto un dolore nuovo. Stanno cadendo lampi a secco, senza pioggia, c'è odore di aria bruciata.

Il contrario di uno
Le prime volte sperimenti il vento che fanno i corpi in corsa. Vedi la fuga che ti arriva contro, i tuoi scappano, tu ti tieni su un bordo per non averli addosso. Corrono zitti, niente gridi, il fiato serve tutto per le gambe. Guardi la loro corsa. È vento in faccia, corpi di ragazzi e ragazze schizzano via, nessuno bada a te. Poi qualcuno dirà sì, l'ho visto, era fermo sull'angolo, appoggiato al muro.
Dietro arrivano le truppe in divisa. Tu aspetti la poca terra di nessuno tra i fuggiti e quelli che rincorrono, ti stacchi dal margine, dal muro, tiri quello che hai in mano, tiri basso per far inciampare, poi tocca a te schizzare. Hai avuto tempo di guardare dove ti conviene, dove hai vantaggio, meglio se in salita. Chi insegue ha già l'affanno e si scoraggia a correre contro una pendenza. Anche se vuole tirarti dietro qualche colpo, è più scomodo un bersaglio che sta più in alto.

In alto a sinistra: Primizia
Quando si è giovani e si ha circa la stessa età del secolo in cui è dato vivere, si prova una vertigine impresaria: che in noi scalpiti ogni iniziativa, che ci spetti ogni esordio di quanto le tre generazioni successive eseguiranno nel secolo. Ci si sente pionieri del proprio tempo, si diventa guerrieri, alpinisti, poeti dimentichi di ogni provenienza, figli di un anno zero, come accadde ai dispersi di Babele che inventarono lingue all'ombra di una torre.

Montedidio
"A iurnata è 'nu muorzo," la giornata è un morso, è la voce di mast' Errico sulla porta della bottega. Io stavo già là davanti da un quarto d'ora per cominciare bene il primo giorno di lavoro. Lui arriva alle sette, tira la serranda e dice la sua frase d'incoraggiamento: la giornata è un morso, è corta, diamoci da fare. Ai vostri comandi, gli rispondo, e così è andata. Oggi scrivo la prima notizia per tenere conto dei nuovi giorni. Non sto più a scuola. Ho fatto tredici anni e babbo mi ha messo a lavorare. È giusto, è ora. L'istruzione obbligatoria va fino alla terza elementare, lui mi ha fatto studiare fino alla quinta perché ero malatino e poi così avevo un titolo di studio migliore.

Non ora, non qui
Finchè ebbe luce negli occhi, mio padre fece fotografie. Un intero scaffale si riempì di immagini nostre riprese nelle circostanze speciali come nelle comuni. Durò dieci anni, non di più, la raccolta: gli anni del primo benessere e della caduta della sua vista. Resta così documentata fino al dettaglio una sola età, forse l'unica che sono riuscito a dimenticare. Gli album, gli archivi non mi sorreggono la memoria, invece la sostituiscono.
Fu quello un tempo di spiazzamenti, tra i miei nove e i diciannove, quando avvennero traslochi in migliori quartieri e la povertà finì d'improvviso insieme con l'infanzia. A casa nuova, la bella, non si parlò più di quell'altra condizione: una strada in discesa, la pioggia in cucina, gli strilli del vicolo.

Una nuvola come tappeto
Studio l'ebraico, leggo la Bibbia. Alcune pagine, alcune parole mi hanno rivelato qualcosa della loro verità e mi hanno istigato a darne notizia.

Ora prima
Non posso dire di essere ateo. La parola di origine greca è formata dalla parola greca "teo", Dio, e dalla lettera "a", alfa, detta privativa. L'ateo si priva di Dio, della enorme possibilità di ammetterlo non tanto per sé quanto per gli altri.

Tre cavalli
Leggo solo libri usati.
Li appoggio al cestino del pane, giro pagina con un dito e quella resta ferma. Così mastico e leggo.
I libri nuovi sono petulanti, i fogli non stanno quieti a farsi girare, resistono e bisogna spingere per tenerli giù. I libri usati hanno le costole allentate, le pagine passano lette senza tornare a sollevarsi.
Così alla trattoria di mezzogiorno mi siedo alla stessa sedia, chiedo minestra e vino e leggo.
Sono romanzi di mare, avventure di montagna, niente storie di città, che già le ho intorno.
Alzo gli occhi per un po' di sole riflesso nel vetro della porta d'ingresso da dove entrano in due, lei con aria di vento addosso, lui con aria di cenere.

Tu, mio
Il pesce è pesce quando sta nella barca. È sbagliato gridare che l'hai preso quando ha solo abboccato e senti il suo peso ballare nella mano che regge la lenza. Il pesce è pesce solo quando è a bordo. Devi tirarlo all'aria dal fondo con presa dolce e regolare, svelta e senza strappi. Altrimenti lo perdi. Non ti agitare quando lo senti sfuriare là sotto, che sembra chissà quanto grosso dalla forza che mette a sviscerarsi l'amo e l'esca dal corpo.
Nicola mi ha insegnato a pescare. La barca non era sua, era di zio, il mio. Nicola l'usava durante l'anno, poi iniziava la buona stagione e allora faceva da marinaio a zio le domeniche, le ferie d'estate. Di notte pescava totani, specie di calamari, con le lampare per farne esca al morso dell'amo.


Felice Del Vecchio (1929)

La chiesa di Canneto
L'acqua e il fiume furono le prime potenze che conobbi. Una volta (questo è il ricordo più lontano) mi chinai a bere l'acqua di una sorgente e non vidi il fondo. Per molto tempo poi mi immaginai di calare in un pozzo profondo, la bocca e le mani impedite da un'acqua erbosa e verdastra come quella della sorgente. Nel fiume ogni tanto un ragazzo affogava. Ancora oggi, se mi trovo nel mezzo del greto, rivolto alla Morgia di Celenza, sento scoppiare un pianto altissimo e calare disperato sul fianco della montagna, lungo il tracciato della via. Era la madre che scendeva dal paese, per buttarsi ad abbracciare il figlio affogato, rigonfio d'acqua di fiume.


Emilio De Marchi (1851-1901)

Arabella
Milano, la grande città del fracasso, dopo aver mandato a casa l'ultimo ubbriaco, si sprofondò nel silenzio grave delle piccole ore di notte.
A San Lorenzo sonarono due tocchi languidi, rotti dalla neve, che cadeva a fiocchi larghi.
Il Berretta, buttato l'ultimo pezzo di legno nel caminetto, fregandosi in fretta i ginocchi, brontolò in fondo alla gola:
"Basta, finirà anche questa".
Nella stanza vicina, dove malamente ardeva una candeluccia benedetta, stava nel suo letto distesa la povera signora Ratta, morta, vestita di una logora gonnella di cotone color terra secca, con in capo la più sgangherata delle sue cuffie famose e sulle gambe sottili un paio di calze di filugello bigio.

Il cappello del prete
Il Barone Carlo Coriolano di Santafusca non credeva in Dio e meno ancora credeva nel diavolo; e, per quanto buon napoletano, nemmeno nelle streghe e nella iettatura.
A vent'anni voleva farsi frate, ma imbattutosi in un dotto scienziato francese, un certo dottor Panterre, perseguitato dal governo di Napoleone III per la sua propaganda materialistica ed anarchica, colla fantasia rapida e violenta propria dei meridionali, si innamorò delle dottrine del bizzarro cospiratore, che aveva anche una testa curiosa, tutta osso, con due occhiacci di falco, insomma un terribile fascinatore.

Demetrio Pianelli
Verso mezzodì Cesarino Pianelli, cassiere aggiunto, vide entrare nell'ufficio il cassiere Martini più pallido del solito, col viso stravolto, con un telegramma in mano.
"Ebbene?", gli domandò, "che notizie mi dà?"
"Bisogna che io parta immediatamente. È moribonda!", rispose il Martini, con un gruppo alla gola che gli mozzò le parole.
Povero diavolo! L'aveva sposata da poco più di un anno e dopo un anno di tribolazioni, e quasi di agonia continua, la poverina moriva consunta a Nervi, dove il medico l'aveva mandata a passare l'inverno.
"Vada, vada, Martini, resto io. Si faccia coraggio, vedrà. La gioventù si aiuta sempre".
"Dovrei avvertire il commendatore, ma la corsa parte alle dodici e quarantacinque e non ho tempo. Gli scriverò appena potrò. Guardi, Pianelli, chiudo in questa cassa i valori principali e lascio a lei la chiave di quest'altra cassa. Vuole che gliene faccia la consegna? Saranno dieci o dodici mila lire in tutto".
"Se lei si fida di me, per conto mio non ho bisogno di consegna", soggiunse il cassiere aggiunto, tutto commosso e premuroso.
"Mi fa una carità. Tenga conto del movimento di cassa e basta".
"Si fidi di me: vada, non perda tempo", disse premurosamente il Pianelli, confrontando il suo orologio con quello elettrico del cortile.

Giacomo l'idealista
Giacomo Lanzavecchia mi scriveva sui primi di settembre: "Ti ricordo la promessa che mi hai fatta di venir a passare qualche giorno alle Fornaci. Non ebur neque aureum Mea renidet in domo lacunar... Ma c'è sempre la cameretta libera dello zio prete colla bella vista sul Resegone. Seguace dei pitagorici, io non sono cacciatore, ma c'è qui presso il 'Roccolo' di don Andrea, dove sento che quest'anno i tordi si lasciano pigliare volontieri. Se stenterai a pigliar sonno la notte, ti darò a leggere le bozze di stampa d'un certo mio 'Saggio sull'Idealismo dell'avvenire', che ebbe, se non lo sai, l'onore d'un mezzo premio d'incoraggiamento dal R. Istituto Veneto. Ma non spaventarti, caro Edoardo! So fare anche una polenta che non teme contraddizioni... Se discendi sabato sera colla corsa delle sette alla stazione di Cernusco, sarò a prenderti colla grigia e col venerando Blitz, un vecchio cane in cui dev'essere trasmigrata l'anima penitente d'un antico scettico. I miei ti aspettano a cena".


Joe de Mers (?)

The Return (Il ritorno)
Gli uomini erano tutti addormentati.
Impreparati. Vulnerabili a tutto.
La notte sopra di loro era gonfia come un mare pieno e oscuro, e placide stelle spuntavano deboli nei neri abissi astrali. Non c'era niente che disturbasse quel gruppo di dormienti. Nessun basso brontolio di tuono. Nessun rapido, luminoso, lontano lampo nel cielo. Neppure il minimo indizio di un evento che, come un'onda di marea di proporzioni assurde, stava per sommergerli.

(Traduzione: Giorgio Bizzi)


Fabiano De Micheli (1974)

L'istinto e il caso
Manca poco all'alba e una città si sta svegliando.
In realtà non è mai andata a dormire. Ha chiuso solo gli occhi ma è rimasta sempre sveglia. Basta riconoscere l'eco della vita che accompagna ogni sua notte per rendersene conto. Basta fare attenzione e ascoltare.
Lo senti il vociare della piazza che inizia a colorarsi di frutta e verdura, proprio dove c'erano state le ragazze che apparivano e scomparivano dalla luce dei lampioni?


Irina Denezhkina (1982)

Daj mne! (Dammi!)
- Cosa vuoi? Un caffè?
Ljapa era al centro della camera, a torso nudo, perplesso e sudato. Dai pantaloni spuntava l'orlo dei boxer. Volevo rispondere "te", ma prevedevo che ne sarebbe seguito uno sconcerto ancora maggiore e che non si sarebbe più mosso di lì. L'avrei trasformato in una statua di sale. E io poi?
- Caffè o tè?
- Caffè, caffè...
Ljapa rassicurato pesca qualcosa nella credenza, accende il bollitore, rovista nel frigo e tira fuori il latte. Svita il tappo nervosamente, manda giù un sorso, lo pianta sul tavolo. Riapre il frigorifero, prende una bottiglia di birra. Poi un'altra. La stappa, ci si attacca con avidità.

(Traduzione: Mario Caramitti)


Thomas De Quincey (1785-1859)

Confessions of an English Opium Eater
I here present you, courteous reader, with the record of a remarkable period in my life: according to my application of it, I trust that it will prove not merely an interesting record, but in a considerable degree useful and instructive. In THAT hope it is that I have drawn it up; and THAT must be my apology for breaking through that delicate and honourable reserve which, for the most part, restrains us from the public exposure of our own errors and infirmities. Nothing, indeed, is more revolting to English feelings than the spectacle of a human being obtruding on our notice his moral ulcers or scars, and tearing away that "decent drapery" which time or indulgence to human frailty may have drawn over them;
Confessioni di un oppiomane
Eccoti qua, cortese lettore, la storia di un notevole periodo della mia vita: e confido che sarà per te, come è stata per me, non solo una storia interessante, ma in qualche modo anche utile e istruttiva. L'ho scritta con questa speranza, e questa sia la mia scusa se son venuto meno a quel delicato, dignitoso riserbo che per lo più ci trattiene dall'esporre in pubblico i nostri errori e le nostre debolezze. Per la sensibilità inglese infatti non c'è nulla di più disgustoso dello spettacolo di un essere umano che impone alla nostra attenzione le sue piaghe, le sue cicatrici morali, e strappa quel "pietoso velo" che il tempo o l'indulgenza verso l'umana debolezza può avere steso su di esse.

(Traduzione: Filippo Donini e Renata Barocas)

The Household Wreck
'To be weak,' we need not the great archangel's voice to tell us, 'is to be miserable.' All weakness is suffering and humiliation, no matter for its mode or its subject. Beyond all other weakness, therefore, and by a sad prerogative, as more miserable than what is most miserable in all, that capital weakness of man which regards the tenure of his enjoyments and his power to protect, even for a moment, the crown of flowers - flowers, at the best, how frail and few! - which sometimes settles upon his haughty brow.
Naufragio di una famiglia
"Essere deboli" non occorre la voce tonante dell'arcangelo per ricordarcelo "vuol dire essere infelici". Qualsiasi forma di debolezza comporta sofferenze e umiliazioni, non importa come si manifesti o di chi si tratti. Ma al di sopra di tutte, per una triste prerogativa che la rende più insopportabile di ogni altra, sta la fondamentale incapacità dell'uomo di rendere durature le sue gioie e di difendere sia pure per un attimo la ghirlanda di fiori - fiori nel migliore dei casi così rari e delicati - che talvolta si posa sulla sua fronte altezzosa.

(Traduzione: Chiara Zanolli)

The Last Days of Immanuel Kant
I take it for granted that all people of education will acknowledge some interest in the personal history of Immanuel Kant, however little their taste or their opportunities may have brought them acquainted with the history of Kant's philosophical opinions. A great man, though in an unpopular path, must always be an object of liberal curiosity. To suppose a reader thoroughly indifferent to Kant, is to suppose him thoroughly unintellectual; and, therefore, though in reality he should happen not to regard him with interest, it would still be amongst the fictions of courtesy to presume that he did. On this principle I make no apology to the reader, philosophic or not, Goth or Vandal, Hun or Saracen, for detaining him upon a short sketch of Kant's life and domestic habits, drawn from the authentic records of his friends and pupils.
Gli ultimi giorni di Immanuel Kant
Mi sembra evidente che tutte le persone di una certa educazione ammetteranno di avere un qualche interesse per la storia personale di Immanuel Kant, anche se magari il loro gusto o le circostanze della loro vita possono aver dato loro scarse occasioni di conoscere la storia delle opinioni filosofiche di Kant. Un grande uomo, quand'anche segua vie niente affatto popolari, sarà sempre oggetto di liberale curiosità. Supporre un lettore del tutto indifferente a Kant vuol dire supporlo del tutto privo di qualità intellettuali; e perciò, anche se in realtà capitasse che questi non abbia interesse per Kant, sarebbe pur sempre un'urbana finzione fra tante presumere il contrario. Fondandomi su questo principio non mi scuserò con lettore alcuno, sia egli filosofo o no, Goto o Vandalo, Unno o Saraceno, prima di intrattenerlo con questo breve abbozzo della vita di Kant e delle sue abitudini familiari, tratto dai resoconti autentici dei suoi amici e allievi.

(Traduzione: Fleur Jaeggy)

Suspiria de Profundis
In 1821, as a contribution to a periodical work, — in 1822, as a separate volume, — appeared the "Confessions of an English Opium-Eater." The object of that work was to reveal something of the grandeur which belongs 'potentially to human dreams. Whatever may be the number of those in whom this faculty of dreaming splendidly can be supposed to lurk, there are not perhaps very many in whom it is developed. He whose talk is of oxen, will probably dream of oxen; and the condition of human life, which yokes so vast a majority to a daily experience incompatible with much elevation of thought, oftentimes neutralizes the tone of grandeur in the reproductive faculty of dreaming, even for those whose minds are populous with solemn imagery. Habitually to dream magnificently, a man must have a constitutional determination to reverie.
Suspiria de Profundis
Nel 1821 come collaborazione ad un periodico e nel 1822 come volume a sé, comparvero le
Confessioni di un oppiomane. Scopo di quell'opera era di rivelare parte della grandiosità che è potenzialmente insita nei sogni umani. Per quanti possano essere coloro in cui questa facoltà di sognare in modo splendido esiste allo stato latente, non ve ne sono forse molti in cui essa è sviluppata. Chi parla di buoi, sognerà probabilmente buoi; e le condizioni della vita umana che aggiogano una così grande maggioranza ad una quotidiana esperienza incompatibile con molta elevatezza di pensiero, spesse volte neutralizzano il tono di grandiosità nella facoltà riproduttiva del sogno anche per coloro le cui menti sono popolate di immagini solenni. Di solito, per far sogni grandiosi, occorre una naturale predisposizione al fantasticare.
(Traduzione: Filippo Donini e Renata Barocas)


Luce D'Eramo (1925-2001)

Deviazione
È stato straordinariamente semplice fuggire.
Nel campo di Dachau appartenevo alla squadra adibita a mettere le condutture di scarico della città di Monaco. Caricati su camionette in plotoni di venti persone con bastoni e spazzoloni, partivamo ogni mattina alla volta della città.
Pulire le fogne è un lavoro più variato di quanto non appaia a prima vista: ci sono diverse gradazioni.


Giorgio De Rienzo (1942-2011)

Lettere d'amore di un giudice corrotto
Ci sono uomini, giovani nell'anima, che vivono nella tensione ideale di creare uno splendido futuro.
Attori nella storia, comparse o protagonisti di una vicenda recitata allo scoperto, inebriati nelle proprie utopie, invaghiti nelle loro idee, guardano gioiosi all'avvenire senza occuparsi dei dettagli.
Ci sono invece uomini riflessivi e cupi, che vivono come vecchi concentrati nel presente, attenti ai minimi particolari.
Campano in ombra, pronti ad afferrare qualche profitto dagli errori di chi con le sue illusioni sogna di fare la storia. Spiano perciò con avida e interessata curiosità i movimenti di quegli altri uomini più generosi.


Federico De Roberto (1861-1927)

L'illusione
"Il nonno! Il nonno!... Arriva!... Eccolo qui!..."
Lasciata a precipizio la finestra, ella si mise a correre, insieme con Lauretta, per la casa; gridò dietro l'uscio della camera della mamma: "E' arrivato!... E' qui!..." scappò a chiamare le persone di servizio: "Stefana!... Camilla!... e tornò verso l'anticamera sgolandosi: "Nonno!... Nonno!... Eccoci, nonno!..."
Il nonno, seguito dal portinaio e dal facchino con le valigie, era a mezza scala quando ella arrivò dinanzi. Abbracciatala e baciatala sulle due guance, esclamò: "Teresina!... Come stai? Come sta la mamma?"
"Bene, nonnuccio... tutti bene!... Anche Lauretta... Dove s'è cacciata?... To': eccola lì!..."

I viceré
Giuseppe, dinanzi al portone, trastullava il suo bambino, cullandolo sulle braccia, mostrandogli lo scudo marmoreo infisso al sommo dell'arco, la rastrelliera inchiodata sul muro del vestibolo dove, ai tempi antichi, i lanzi del principe appendevano le alabarde, quando s'udì e crebbe rapidamente il rumore d'una carrozza arrivante a tutta carriera; e prima ancora che egli avesse il tempo di voltarsi, un legnetto sul quale pareva avesse nevicato, dalla tanta polvere, e il cui cavallo era tutto spumante di sudore, entrò nella corte con assordante fracasso. Dall'arco del secondo cortile affacciaronsi servi e famigli: Baldassarre, il maestro di casa, schiuse la vetrata della loggia del secondo piano, intanto che Salvatore Cerra precipitavasi dalla carrozzella con una lettera in mano.
"Don Salvatore?... Che c'è?... Che novità?..."
Ma quegli fece col braccio un gesto disperato e salì le scale a quattro a quattro.
Giuseppe, col bambino ancora in collo, era rimasto intontito, non comprendendo; ma sua moglie, la moglie di Baldassarre, la lavandaia, una quantità d'altri servi già circondavano la carrozzella, si segnavano udendo il cocchiere narrare, interrottamente:
"La principessa... Morta d'un colpo... Stamattina, mentre lavavo la carrozza..."
"Gesù!... Gesù!..."

L'imperio
Quando Ranaldi s'affacciò dal parapetto della tribuna, appoggiandovi la destra armata del cannocchiale, l'aula era spopolata. Scoccavano le due, e per aver salito più che in fretta le scale, dalla paura di perdere il principio dello spettacolo, il giovane ansava. Era anche un poco confuso e intimidito. Il bersagliere di guardia, al portone; più su, al primo piano, l'usciere che lo aveva avvertito di dover la sciare la mazza; l'altro usciere che, ancora più in alto, nella saletta già popolata di giornalisti vociferanti, gli aveva chiesto di mostrare la tessera, qusi sospettando in lui un intruso; quell'apparato, quella diffidenza, i visi sconosciuti, l'ignoranza della via, l'errore d'essere entrato nella sala del telegrafo prima di fare l'ultimo tratto di scale, lo avevano impacciato e quasi intimorito.

La messa di nozze
Alle tre, quando la campana annunziò la fine della lezione, il professore Domenico Perez non lasciò liberi, come avrebbe dovuto, i suoi discepoli. Spiegava da due ore un atto dell'Edipo Re e non voleva interromperlo. Dominando con la voce ferma e severa i moti d'impazienza della classe, andò avanti per un'altra diecina di minuti, sino alla fine; poi pronunziò la frase sacramentale:
- Basterà per oggi.
Appena uscito nel corridoio, in compagnia degli alunni più diligenti che gli rivolgevano ancora domande intorno alle cose udite, si vide accostare da Baldassare, il bidello.
- Signor professore, c'è un signore che lo aspetta.

Spasimo
Chi passò l'autunno del 1894 sul lago di Ginevra rammenta ancora senza dubbio il tragico caso di Ouchy, che produsse tanta impressione e diede così lungo alimento alla curiosità non solo tra la colonia dei villeggianti sparsi per tutte le stazioni del lago, ma anche nel gran pubblico cosmopolita cui i giornali lo riferirono.
Il 5 ottobre, pochi minuti prima di mezzogiorno, un colpo d'arma da fuoco e grida confuse partiti dai Cyclamens, villa posta a mezza strada fra Losanna ed Ouchy, ruppero violentemente l'abituale tranquillità del luogo e attrassero vicini e passanti.


Renato De Rosa (1957)

Osvaldo, l'algoritmo di Dio
Aveva ragione Angela: l’intelligenza fa paura.
È vero, un intelligente ti spaventa più di un forzuto, perché dalla violenza in qualche modo puoi difenderti, ma contro l’intelligenza non hai scampo. Angela mi aveva anche fatto notare che, mentre i palestrati ostentano i loro muscoli, gli intelligenti di solito sono modesti, schivi, evitano di mettersi in mostra: “Intelligente io? Ma no… Cosa dici? Non scherziamo…”. Perché sminuiscono le loro doti? La sua spiegazione era semplice: l’umiltà non c’entra, è solo che non vogliono allarmare il prossimo.


Anita Desai (1937)

Clear Light of Day
The koels began to call before daylight. Their voices rang out from the dark trees like an arrangement of bells, calling and echoing each others' calls, mocking and enticing each other into ever higher and shriller calls. More and more joined in as the sun rose and when Tara could no longer bear the querulous demand in their voices, she got up and went out onto the veranda to find the blank white glare of the summer sun thrusting in between the round pillars and the purple boungainvillea.
Chiara luce del giorno
I cuculi cominciarono a lanciare i loro richiami ancor prima dell'alba. Le loro voci emergevano come un concerto di campane dalle fronde oscure degli alberi, chiamandosi e facendosi eco reciprocamente, schernendosi e istigandosi a vicenda con trilli via via più acuti. S'affollarono sempre più numerosi mentre il sole saliva nel cielo finché Tara, non riuscendo più a sopportarne il querulo vocio, si alzò e uscì sulla veranda dove trovò soltanto il biancore abbagliante del sole estivo che s'insinuava tra le colonne arrotondate e i fiori purpurei della buganvillea.

(Traduzione: Anna Nadotti)

Fire on the Mountain
Nanda Kaul paused under the pine trees to take in their scented sibilance and listen to the cicadas fiddling invisibly under the mesh of pine needles when she saw the postman slowly winding his way along the Upper Mall. She had not gone out to watch for him, did not want him to stop at Carignano, had no wish for letters. The sight of him, inexorably closing in with his swollen bag, rolled a fat ball of irritation into the cool cave of her day, blocking it stupidly: bags and letters, messages and demands, requests, promises and queries, she had wanted to be done with them all, at Carignano. She asked to be left to the pines and cicadas alone. She hoped he would not stop.
Fuoco sulla montagna
Nanda Kaul sostò sotto i pini per goderne il sibilo profumato e ascoltare le cicale che frinivano invisibili sotto il tappeto di aghi, quando vide il postino zigzagare lentamente su per il Mail. Non era uscita per vedere lui, non voleva che si fermasse a Carignano, non desiderava ricevere lettere. La vista dell'uomo, che avanzava inesorabile con la sacca rigonfia, fece rotolare un groppo d'irritazione nella fresca cavità della sua giornata ostruendola stupidamente: sacche e lettere, messaggi e domande, richieste, promesse e problemi, aveva chiuso con tutto ciò, venendo a Carignano. Voleva essere lasciata sola con i pini e le cicale. Sperò che l'uomo passasse oltre.

(Traduzione: Anna Nadotti)


Jeanne des Anges (1605-1665)

Histoire de la possession de la Mère Jeanne des Anges (Storia della mia possessione)
Avendo ricevuto ordine dalla superiora di mettere per iscritto quanto accaduto durante la sua possessione, per spirito di obbedienza suor Jeanne des Anges vi si sottomise ciecamente e scrisse quanto segue.

Per la maggior gloria di Dio e per soddisfare l'obbedienza che mi è stata imposta, riferirò con stile semplice le misericordie che la bontà divina si è compiaciuta di riversare sulla mia nima da nove anni a questa parte, per distoglierla dai vizi e dalle imperfezioni che la dominavano. Dirò pure i diversi impulsi che quella bontà mi ispirava di tanto in tanto per convertirmi a lei e per farmi abbandonare ogni legame con le creature che mi rendevano loro schiava.
(Traduzione: Angelo Morino)


Diego De Silva (1964)

Da una'altra carne
Una mattina di giugno, poco prima di pranzo, Guido Traversari, architetto, tornò a casa con un bambino per mano. Dalla cucina, sua madre lo salutò. Traversari accompagnò il bambino in bagno e lo aiutò a lavarsi le mani. Nell'uscire incrociò sulla porta suo fratello Rocco, informatore farmaceutico, quarant'anni, moglie separata a carico, senza figli.

Mia suocera beve
Se c'è una cosa che non bisognerebbe assolutamente fare quando una storia d'amore comincia ad annuvolarsi, è chiedere alla propria donna cosa c'è che non va.
Perché se con quella domanda (che fra l'altro è una domanda ambigua, e come tutte le domande ambigue genera come risposta un'altra domanda) pensavi di sondare il terreno e magari approdare a un colloquio risolutivo di un problema che se ne stava lí buono e si sarebbe risolto da solo se il cretino di turno non l'avesse sollevato, allora vuol dire che non hai neanche capito che il cretino in questione sei tu.

Non avevo capito niente
Perché si va a passeggio alla fine di un amore:
a) Perché non si riesce a stare fermi.
b) Per fare capa e muro con la realtà senza stare a perdere tempo.
c) Per andare a comprare una camicia, un accendigas, o qualsiasi altro oggetto che al momento non serva.
d) Perché con le lenti nuove è meglio abituarsi a vedere subito.
e) Per innamorarsi.
f) Per commiserarsi.
g) Perché, visto che soffrire devi soffrire, almeno non ti fai venire a prendere a casa (a me, lo sconforto mi ha trovato in un centro commerciale, mentre guardavo il prezzo di un televisore a cristalli liquidi).

I valori che contano (avrei preferito non scoprirli)
Uno dice: "Accogli". E va be', figuriamoci. Solidarietà, prima di tutto. Empatia e umanità. Non scherziamo. Apri all'estraneo che bussa alla tua porta in cerca d'aiuto, non stare lì a domandarti chi è, cosa ha fatto, da chi fugge. Non badare all'età, al colore della pelle e neanche a quello delle mutande, specie se ha addosso solo quelle.


David Deutsch (1953)

The Fabric of Reality (...)
I remember being told, when I was a small child, that in ancient times it was still possible for a very learned person to know everything that was known. I was also told that nowadays so much is known that no one could conceivably learn more than a tiny fraction of it, even in a long lifetime. The latter proposition surprised and disappointed me. In fact, I refused to believe it. I did not know how to justify my disbelief. But I knew that I did not want things to be like that, and I envied the ancient scholars.


Helen DeWitt (1957)

The Last Samurai
My father's father was a Methodist minister. He was a tall, handsome, noble-looking man; he had a deep, beautiful voice. My father was an ardent atheist and an admirer of Clarence Darrow. He skipped grades the way other boys skip class, he lectured my grandfather's flock on carbon 14 and the origin of species, and he won a full scholarship to Harvard at the age of 15.
He took the letter from Harvard to his father.
Something looked through my grandfather's beautiful eyes. Something spoke with his beautiful voice, and it said: It's only fair togive the other side a chance.
My father said: What do you mean?
What it meant was that my father should not reject God for secularism just because he won arguments with uneducated people. He should go to a theological college and give the other side a fair chance; if he was still of the same mind at the end he would still be only 19, a perfectly good age to start college.
L'ultimo samurai
Il padre di mio padre era un ministro metodista. Era un uomo alto, bello, dal tratto nobile, con una calda voce profonda. Mio padre era un ateo convinto e un grande ammiratore di Clarence Darrow. Saltava gli anni scolastici come gli altri ragazzini saltano le lezioni, istruiva il gregge di mio nonno sul carbonio 14 e l'origine della specie, e a quindici anni vinse una borsa di studio per Harvard che avrebbe coperto sia retta che mantenimento.
Portò la lettera di Harvard a suo padre.
Si percepiva qualcosa nello sguardo di mio nonno. Un pensiero che si materializzò nella sua bella voce, e che era: È giusto offrire alla controparte una possibilità.
Mio padre disse: Che cosa vuoi dire?
Quello che voleva dire era che mio padre non doveva rinunciare a Dio e scegliere la vita secolare solo perché nelle sue dispute aveva la meglio su persone non istruite. Doveva andare a una scuola di teologia e dare un'equa possibilità alla controparte; se alla fine l'avesse pensata allo stesso modo, a diciannove anni, sarebbe stato ancora perfettamente in tempo per andare al college.

(Traduzione: Elena Dal Pra)


Colin Dexter (1930-2017)

The Daughters of Cain
On Mondays to Fridays it was fifty-fifty whether postman called before Julia Stevens left for school.
So, at 8:15 A.M. on May 25 she lingered awhile at the dark blue front door of her two-bedroomed terraced house in East Oxford. No sign of her postman yet; but he'd be bringing something a bit later.
Le figlie di Caino
Dal lunedì al venerdì a volte il postino arrivava prima che Julia Stevens uscisse per andare a scuola. A volte no.
Cosi Julia, alle 8,15 del mattino del 25 maggio, si attardò un poco ad aspettare presso la porta azzurro Oxford, all'ingresso principale della sua casetta - due camere, sala e servizi - nella zona orientale di Oxford. Del postino neanche l'ombra, ma di sicuro sarebbe arrivato qualcosa più tardi.

(Traduzione: Luisa Nera)

The Dead of Jericho
Not remarkably beautiful, he thought. Not, that is to say, if one could ever measure the beauty of a woman on some objective scale: sub specie aeternae pulchritudinis, as it were. Yet several times already, in the hour or so that followed the brisk, perfunctory 'hallos' of their introduction, their eyes had met across the room- and held. And it was after his third glass of slightly superior red plonk that he managed to break away from the small circle of semi-acquaintances with whom he'd so far been standing.
L'ispettore Morse e le morti di Jericho
Non particolarmente bella, pensò. Sempre che si possa misurare la bellezza di una donna in base a un parametro oggettivo, per così dire
sub specie aeternae pulchritudinis. Eppure, nell'ora che era più o meno trascorsa dopo lo scambio di convenevoli durante la fugace presentazione, i loro occhi si erano incontrati varie volte, agganciandosi. Dopo il terzo bicchiere di rosso presumibilmente di ottima qualità decise di provare ad allontanarsi dalla crocchia di conoscenti con cui si era intrattenuto fino a quel momento.
(Traduzione: Luisa Nera)

Death is Now My Neighbour
'What tome do you call this, Lewis?'
'The missus's fault. Not like her to be late with the breakfast.'
Morse made no answer as he stared down at the one remaining unsolved clue:
'Stand for soldiers? (5—4)'
Lewis took the chair opposite his chief and sat waiting for some considerable while, leafing through a magazine.
'Stuck, sir?' he asked finally.
'If I was - if I were - I doubt I'd get much help from you.'
'You never know,' suggested Lewis good-naturedly. 'Perhaps —'
La morte mi è vicina
"È questa l'ora di arrivare, Lewis?"
"Colpa di mia moglie, signore. È incredibile, ma era in ritardo con la colazione".
Morse non rispose nulla e continuò a fissare l'unica definizione che non era riuscito a risolvere:"Postazione per soldati".
Lewis mise la sedia di fronte alla scrivania del capo, si sedette e per parecchio tempo ingannò l'attesa, sfogliando una rivista.
"Bloccato?" gli chiese alla fine.
"Se lo sono - se lo
fossi, dubito che lei mi sarebbe di grande aiuto".
"Non si può mai dire" buttò lì Lewis con garbo. "Magari..."

(Traduzione: Luisa Nera)

The Jewel that Was Ours
The Red-Seal Brut Imperial Moët & Chandon stood empty on the top of the bedside table to her left; empty like the champagne glass next to it, and like the champagne glass on the table at the other side of the bed. Everything seemed empty. Beside her, supine and still, hands behind his head, lay a lean, light-boned man in his early forties, a few years older than herself.
Il gioiello che era nostro
La bottiglia di Moët & Chandon Imperial sigillo rosso era vuota sul comodino alla sua sinistra; vuota come il bicchiere che aveva accanto e come quello sul ripiano all'altro lato del letto. Tutto sembrava vuoto. Accanto a lei giaceva immobile, sdraiato sulla schiena, un uomo snello e longilineo, sulla quarantina, cioè più vecchio di lei di qualche anno.

(Traduzione: Luisa Nera)

Last Bus to Woodstock
"Let's wait just a bit longer, please," said the girl in dark-blue trousers and the light summer coat. "I'm sure there's one due pretty soon."
She wasn't quite sure though, and for the third time she turned to study the time-table affixed in its rectangular frame to Fare Stage 5.
L'ultima corsa per Woodstock
"Aspettiamo ancora cinque minuti, ti prego" disse la ragazza in pantaloni blu e impermeabile estivo. "Sono sicura che arriva subito.
Del tutto sicura non era, però, e per la terza volta si girò a esaminare l'orario affisso nella cornice rettangolare sotto il cartello della fermata.

(Traduzione: Luisa Nera)

Last Seen Wearing
He felt quite pleased with himself. Difficult to tell for certain, or course; but yes, quite pleased with himself really. As accurately as it could his mind retraced the stages of the day's events: the questions of the interviewing committee - wise and foolish; and his own answers - carefully considered and, he knew, well phrased. Two or three exchanges had been particularly satisfactory and, as he stood there waiting, a half-smile played across his firm, good humoured lips. One he could recall almost verbatim.
Al momento della scomparsa la ragazza indossava
Era molto contento di sé. Difficile esserne del tutto sicuri, ovvio; ma sì, era davvero molto contento. Si sforzò di ripassare mentalmente con tutta la precisione possibile lo svolgersi degli eventi: le domande della commissione valutatrice - quelle sensate e quelle insulse - e le risposte che aveva dato, ponderate con cura e, ne era certo, ben formulate. C'erano stati un paio di scambi particolarmente soddisfacenti e, mentre aspettava alla fermata, sulle sue labbra piene si formò un sorriso compiaciuto. C'era un passaggio che ricordava quasi parola per parola.

(Traduzione: Luisa Nera)

The Remorseful Day
"So I often hook my foot over the Side of the mattress."
"You what?"
"Sort of anchors me to my side of the bed."
"Double bed?"
"Not unknown is it, for a married couple? People can share the same bed but not the same thoughts—old Chinese saying."
"Still makes me jealous."
"Idiot!"
"Everybody gets a bit jealous sometimes."
"Not everybody."
"Not you, nurse?"
"I've just learned not to show it, that's all. And it's none of your business in any case."
"Sorry."
"How I hate men who say 'sorry'!"
"I promise not to say it again, miss."
Il giorno del rimorso
«E così spesso aggancio il piede a un lato del materasso».
«Che cosa?».
«Sì, come per acorarmi al mio lato del letto».
«Letto matrimoniale?».
«Mi pare logico per una coppia sposata. Due persone possono condividere il letto, ma non i loro pensieri - antico proverbio cinese».
«Ma io sono geloso lo stesso».
«Stupido!».
«Siamo tutti un po' gelosi, ogni tanto».
«No, non tutti».
«Lei non lo è mai, infermiera?».
«Diciamo che ho imparato a non darlo a vedere. E in ogni caso non sono fatti suoi».
«Chiedo scusa».
«Non sopporto gli uomini che chiedono scusa».
«Prometto di non farlo più, signora maestra!».

(Traduzione: Luisa Nera)

The Riddle of the Third Mile
There had been three of them - the three Gilbert Brothers: the twins, Alfred and Albert; and the younger boy, John, who had been killed one day in North Africa. And it was upon hid dead brother that the thoughts of Albert Gilbert were concentrated as he sat alone in a North London pub just before closing time; John, who had always been less sturdy, more vulnerable, than the formidable, inseparable, and virtually indistinguishable pair known to their schoolmates as 'Alf'n Bert'; John, whom his elder brothers had always sought to protect; the same John whom they had not been able to protect that terrible day in 1942.
Il mistero del terzo miglio
I fratelli Gilbert erano tre: i gemelli, Alfred e Albert, e il più giovane, John, che un giorno era rimasto ucciso in Africa settentrionale. Quel fratello morto dominava i pensieri di Albert Gilbert, seduto da solo in un pub nella periferia di Londra, verso l'orario di chiusura. John, che era sempre stato meno robusto e più indifeso dei formidabili, inseparabili e, in pratica, indistinguibili gemelli noti ai compagni di scuola come "Alf e Bert"; John, che i suoi fratelli maggiori avevano sempre cercato di proteggere; John, che non erano riusciti a proteggere quel giorno terribile del 1942.

(Traduzione: Luisa Nera)

The Secret of Annexe 3
When the old man died, there was probably no great joy in heaven; and quite certainly little if any real grief in Charlbury Drive, the pleasantly unpretentious cul-de-sac of semi-detached houses to which he had retired. Yet a few of the neighbours, especially the womenfolk, had struck up some sort of distanced acquaintance with him as they pushed prams or shopping trolleys past his neatly kept front lawn; and two of these women (on learning that things were fixed for a Saturday) had decided to be present at the statutory obsequies. Margaret Bowman was one of them.
Il segreto della camera 3
Quando il vecchio morì non vi fu grande gaudio nei cieli, e neanche profondo dolore nella Charlbury Drive, una stradina a fondo chiuso, di casette modeste ma gradevoli, dove l'uomo si era trasferito dopo la pensione. Eppure alcuni vicini, in realtà quasi solo donne, avevano stretto una qualche relazione con lui, sia pure alla lontana, mentre spingevano la carrozzina o trascinavano i carrelli portaspesa davanti al suo prato, sempre così in ordine; e due di quelle signore, una volta scoperto che la cerimonia era fissata per quel sabato, avevano deciso che era loro dovere partecipare alle esequie. Una delle due era Margaret Browman.

(Traduzione: Luisa Nera)

Service of All the Dead
Limply the Reverend Lionel Lawson shook the last smoothly gloved hand, the slim hand of Mrs Emily Walsh-Atkins, and he knew that the pews in the old church behind him were now empty. It was always the same: whilst the other well-laundered ladies were turning their heads to chat of fêtes and summer hats, whilst the organist played his exit voluntary, and whilst the now discassocked choirboys tucked their T-shirts into flare-line jeans, Mrs Walsh-Atkins invariably spent a few further minutes on her knees in what had sometimes seemed to Lawson a slightly exaggerated obeisance to the Almighty.
Niente vacanze per l'ispettore Morse
Stancamente padre Lionel Lawson strinse l'ultima mano, quella snella e morbidamente inguantata della signora Emily Walsh-Atkins, segno infallibile che i banchi della vecchia chiesa alle sue spalle erano finalmente vuoti. Andava sempre così: mentre le altre linde signore si attardavano a chiacchierare di feste e cappelli estivi, mentre l'organista suonava il suo assolo finale e i giovani coristi, ormai liberi dalla tonaca, s'infilavano le magliette nei jeans a zampa d'elefante, la signora Walsh-Atkins immancabilmente trascorreva ancora qualche minuto in ginocchio, mostrando all'Onnipotente un ossequio che a Lawson talvolta era parso un poco esagerato.

(Traduzione: Luisa Nera)

The Silent Word of Nicholas Quinn
"Well? What do you think?" The Dean of the Foreign Examinations Syndicate addressed his question directly to Cedric Voss, the Chairman of the History Committee.
"No, no, Dean. I think the Secretary should be the first to have his say. After all, it's the permanent staff who'll have to work with whoever er appoint." In slightly less distinguished company, Voss would have added that he didn't give two monkeys which of them got the job. As it was, he reassumed a characteristically somnolent posture in his comfortable blue-leather chair, and prayed they'd all get their fingers out. The meeting had already lasted almost three hours.
Il mondo silenzioso di Nicholas Quinn
Dunque? Lei che cosa ne pensa?". Il Presidente del Comitato Esami Esteri interpellò a bruciapelo Cedric Voss, responsabile della Commissione di Storia.
"No, mi scusi, Presidente, ma credo che prima sia meglio sentire il parere del Segretario: in fin dei conti sarà il personale di ruolo a interagire con chi verrà nominato". Si fosse trovato in compagnia meno eletta, Voss avrebbe aggiunto che non gliene importava un fico secco di chi si sarebbe beccato il posto. Ma, date le circostanze, tornò a sprofondare nella comoda poltroncina di pelle azzurra assumendo la sua caratteristica posa sonnacchiosa, con la speranza che tutti si dessero una mossa. La riunione andava avanti da almeno tre ore.

(Traduzione: Luisa Nera)

The Way Through the Woods
"I must speak to you."
"Speak on, my child."
"I 've not often come to your church."
"It is not my church—it is God's church. We are all children of God."
"I've come to confess a big sin."
"It is proper that all sins should be confessed. "
"Can all sins be forgiven?"
"When we, sinful mortals as we are, can find it in our hearts to forgive each other, think only of our infinitely merciful Father, who understands our every weakness—who knows us all far better than we know ourselves."
"I don't believe in God."
"And you consider that as of any great importance?"
La strada nel bosco
"Devo parlarle".
"L'ascolto".
"Non vengo spesso nella sua chiesa".
"Non è la mia chiesa. È la chiesa di Dio. Siamo tutti figli di Dio".
"Voglio confessare un peccato grave".
È bene confessare tutti i nostri peccati".
"E tutti i peccati possono essere perdonati?".
Se noi, semplici peccatori mortali, abbiamo la forza di perdonarci l'un l'altro, ancor più può farlo il Padre infinitamente misericordioso, che comprende ogni nostra debolezza e ci conosce molto meglio di quanto noi non conosciamo noi stessi".
"Non credo in Dio".
"E pensa che questo sia molto importante?".

(Traduzione: Luisa Nera)

The Wench is Dead
Intermittently, in the Tuesday, he felt sick. Frequently, on the Wednesday, he was sick. On the Thursday, he felt sick frequently, but was actually sick only intermittently. With difficulty, early on the Friday morning — drained, listless, and infinitely weary — he found the energy to drag himself from his bed to the telephone, and seek to apologize to his superiors at Kidlington Police HQ for what was going to be an odds-on non-appearance at the office that late November day.
La fanciulla è morta
A tratti, quel martedì, ebbe la nausea. Mercoledì diede di stomaco a ripetizione. Giovedì ebbe la nausea a ripetizione, ma diede di stomaco solo a tratti. A fatica, venerdì mattina presto, sfibrato, intontito e indicibilmente stanco, trovò la forza di trascinarsi da letto fino al telefono e cercò di scusarsi con i suoi superiori della centrale di Kidlington perché quel giorno di fine novembre con ogni probabilità non si sarebbe presentato in ufficio.

(Traduzione: Luisa Nera)

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