Incipit / Z
Le frasi iniziali della letteratura di ogni tempo e paese.

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Evgenij Ivanov Zamjatin (1884-1937)

My (Noi)
Sto semplicemente riscrivendo - letteralmente - quanto oggi è stato pubblicato sul Giornale di Stato:
Fra 120 giorni sarà ultimata la costruzione dell'
INTEGRALE. Si avvicina lo storico grande momento in cui il primo INTEGRALE s'innalzerà nello spazio cosmico. Mille anni fa i vostri eroici antenati hanno assoggettato all'autorità dello Stato Unico l'intero globo terrestre. Un'impresa ancora più gloriosa vi attende: attraverso un INTEGRALE sputafuoco, elettrico, di vetro, dovrete integrare l'equazione infinita del cosmo. Vi aspetta il compito di assoggettare al giogo benefico della ragione esseri sconosciuti che abitano altri pianeti e che forse, vivono ancora allo stato primitivo di libertà. Se non saranno in grado di capire che stiamo portando loro la felicità matematicamente infallibile, nostro dovere sarà obbligarli a essere felici. Ma prima di ricorrere alle armi, tenteremo la parola.
(Traduzione: Alessandro Cifariello)


Israel Zangwill (1864-1926)

The Big Bow Mystery
On a memorable morning of early December London opened its eyes on a frigid gray mist. There are mornings when King Fog masses his molecules of carbon in serried squadrons in the city, while he scatters them tenuously in the suburbs; so that your morning train may bear you from twilight to darkness. But to-day the enemy's maneuvering was more monotonous. From Bow even unto Hammersmith there draggled a dull, wretched vapor, like the wraith of an impecunious suicide come into a fortune immediately after the fatal deed. The barometers and thermometers had sympathetically shared its depression, and their spirits (when they had any) were low. The cold cut like a many-bladed knife.
Il grande mistero di Bow
In una memorabile giornata dei primi di dicembre, Londra si svegliò immersa in una nebbia grigia. Ci sono giorni in cui il Signore delle Nebbie raduna le particelle di carbonio in file serrate e altri in cui le sparpaglia con mano leggera nei quartieri periferici, in modo tale che il vostro treno del mattino vi porta dal crepuscolo al buio profondo. Quel giorno, però, l’effetto delle manovre del nemico era più uniforme del solito. Infatti, dal quartiere di Bow fino a quello di Hammersmith, incombeva sulla città una foschia triste e grigia, simile al fantasma di un suicida indigente che avesse ereditato una fortuna subito dopo il gesto fatale. I barometri e i termometri condividevano per simpatia questa depressione e il loro morale, se pure lo avevano, era a terra. Il freddo era tagliente come la lama di un coltello.

(Traduzione: Giovanni Viganò)


Aldo Zargani (1933-2020)

Per violino solo
Sono stato a Basilea, il mese scorso, e ti ho visto da lontano, papà. Tu eri con la mamma, fermi tutt'e due al ponte al centro della città, la Wettstein Brucke. Io venivo dalla Freie Strasse, che non è più il luogo di meraviglie che appariva nel 1939 agli abitanti dell'Italia autarchica; è una normale strada di commercio.
Quando sono sceso al fiume, ho riconosciuto subito la garitta a strisce diagonali nel mezzo del ponte, le statue art-déco, il ristorante Spillman, con le terrazze sul Reno e le pietre di granito della facciata che in basso, verso l'acqua, si fondono ai massi della prima arcata; ho riconosciuto la libreria universitaria, di cristalli, marmo nero e metalli cromati, moderna per sempre, e le colline della Germania sull'altra riva, coperte dai funerei abeti della Foresta Nera.


Cesare Zavattini (1902-1989)

Io - un'autobiografia
Dovrei dirvi i fatti obiettivi, ma credo che come me qualunque autore interrogato su questi dati senta una specie di insofferenza per la loro monotonia. Verrebbe voglia di cambiarli, magari sbattendo il pugno sulla tavola: no, io non sono nato il 20 settembre 1902 a Luzzara, ma il 15 agosto di tanti anni fa molto lontano, e ogni volta cambiare e sentirsi il naso improvvisamente più lungo o più corto, il colore degli occhi diverso e anche le idee, ciò che prima dispiaceva ora piace e viceversa. Oh sarebbe un'avventura. ma non è vero, non è vero, siamo legati al nostro mucchietto di numeri, alle nostre date, e non amiamo in fondo uscire da noi, come non si esce volentieri di casa d'inverno quando è freddo e buio.


Franz Zeise (1896-1961)

Don Juan Tenorio (Don Juan Tenorio)
Cosa vi terrorizza tanto? Sono io, don Juan! Non mi avete chiamato voi? Dunque vi ho raggiunto dal regno delle ombre e mi auguro che voi scrittore mi rivolgiate quell'attenzione rispettosa, che meritano persone come me, quando, lasciando il mondo delle anime inquiete, vi raggiungono, voi che pur vivendo siete solo ombre, tanto casualmente vivete senza fama e senza azioni.
State attenti allora, altrimenti siete esposti al mio fascino e la leggenda dice di me che i miei scrupoli erano di vita più breve dell'attimo di cui una donna ha bisogno per dimenticare l'amore di ieri con un caldo soffio che sfiora la nuca e poi concedersi a quello di oggi. Prendetelo per ciò che volete. In caso di bisogno mi sostengo a voi e non accetterò scuse.

(Traduzione: Patrizia Frada e Kristin Vince)


Michel Zévaco (1860-1918)

... (Nel baratro)
"Stragildo!"
"Sono qui, signora."
L'uomo, chinato in due, ravvolto nel suo mantello, fisionomia sinistra della quale non si distingueva che il sorriso sardonico, si avvicinò quasi strisciando.
Ma già la donna che lo aveva chiamato, altera, col petto agitato, la fronte oppressa dal peso dei pensieri e, forse, dei rimorsi - una donna dalla bellezza scultorea, dal viso di un incanto fatale - già ricadeva nella sua meditazione.
Stragildo aveva attraversato la piattaforma della torre, dove questa scena avveniva, e mormorava:
"Mi avete chiamato, signora?"
La donna sollevò la testa, fremette e disse:
"Sei pronto?"
L'uomo sorrise. Scostò un lembo del suo mantello e mostrò un corto pugnale dalla lama acuminata, l'arma dell'assassinio.

(Traduzione: Giovanni Vaccaro)


Émile Zola (1840-1902)

L'Assommoir
Gervaise avait attendu Lantier jusqu'à deux heures du matin. Puis, toute frissonnante d'être restée en camisole à l'air vif de la fenêtre, elle s'était assoupie, jetée en travers du lit, fièvreuse, les joues trempées de larmes. Depuis huit jours, au sortir du "Veau à deux têtes", où ils mangeaient, il l'envoyait se coucher avec les enfants et ne reparaissait que tard dans la nuit, en racontant qu'il cherchait du travail. Ce soir-là, pendant qu'elle guettait son retour, elle croyait l'avoir vu entrer au bal du Grand-Balcon, dont les dix fenêtres flambantes éclairaient d'une nappe d'incendie la coulée noire des boulevards extérieurs; et, derrière lui, elle avait aperçu la petite Adèle, une brunisseuse qui dînait à leur restaurant, marchant a cinq ou six pas, les mains ballantes comme si elle venait de lui quitter le bras pour ne pas passer ensemble sous la clarté crue des globes de la porte.
L'Assommoir
Gervasia aveva aspettato Lantier fino alle due del mattino, poi, tutta, tremante per essere rimasta all'aria pungente della finestra in camicia, s'era gettata di traverso sul letto e si era assopita, febbricitante, con le guance umide di pianto. Da otto giorni, quando uscivano dal "Vitello a due teste", dove mangiavano, lui la mandava a letto con i ragazzi e riappariva a notte alta, raccontando che era stato a cercare lavoro.
Proprio quella sera, mentre lei stava lì alla finestra ad aspettarlo, le era sembrato di vederlo entrare al "Grand Balcon", una sala da ballo le cui dieci finestre sfolgoranti rischiaravano con una luce d'incendio i boulevards esterni, simili a nere colate di metallo.
Dietro di lui aveva scorto l'Adelina, una brunitrice che mangiava allo loro stessa trattoria, camminare cinque o sei passi indietro, con le braccia ciondolanti come se gli avesse lasciato allora il braccio per non passare insieme sotto la luce cruda delle lampade all'ingresso.

(Traduzione: Ettore Venzi)

La bête humaine (...)
En entrant dans la chambre, Roubaud posa sur la table le pain d' une livre, le pâté et la bouteille de vin blanc. Mais, le matin, avant de descendre à son poste, la mère Victoire avait dû couvrir le feu de son poêle d' un tel poussier, que la chaleur était suffocante. Et le sous-chef de gare, ayant ouvert une fenêtre, s'y accouda. C'était impasse d'Amsterdam, dans la dernière maison de droite, une haute maison où la compagnie de l'ouest logeait certains de ses employés. La fenêtre, au cinquième, à l'angle du toit mansardé qui faisait retour, donnait sur la gare, cette tranchée large trouant le quartier de l'Europe, tout un déroulement brusque de l'horizon, que semblait agrandir encore, cet après-midi-là, un ciel gris du milieu de février, d'un gris humide et tiède, traversé de soleil.

Au bonheur des dames
Denise était venue à pied de la gare Saint-Lazare, où un train de Cherbourg l'avait débarquée avec ses deux frères, après une nuit passée sur la dure banquette d'un wagon de troisième classe. Elle tenait par la main Pépé et Jean la suivait, tous les trois brisés du voyage, effarés et perdus au milieu du vaste Paris, le nez levé sur les maisons, demandant à chaque carrefour la rue de la Michodière, dans laquelle leur oncle Baudu demeurait. Mais, comme elle débouchait enfin sur la place Gaillon, la jeune fille s'arrêta net de surprise.
- Oh! dit-elle, regarde un peu, Jean!
Il paradiso delle signore
Denise era venuta a piedi dalla stazione di Saint-Lazare ove un treno da Cherbourg l'aveva depositata insieme ai due fratelli, dopo una notte trascorsa sui duri sedili di un vagone di terza classe. Teneva per mano Pépé, Jean la seguiva; completamente storditi dal viaggio, attoniti e sperduti in mezzo alla grande Parigi, il naso per aria verso le case, domandavano ad ogni incrocio dove fosse rue de la Michodière, la via ove abitava lo zio Baudu. Ma la ragazza, appena sbucata in place Gaillon, si fermò di botto per la sorpresa.
"Oh!" disse, "guarda che roba, Jean!"

(Traduzione: Liliana Caruso)

La conquête de Plassans
Désirée battit des mains. C'était une enfant de quatorze ans, forte pour son âge, et qui avait un rire de petite fille de cinq ans.
- Maman, maman! cria-t-elle, vois ma poupée!
Elle avait pris à sa mère un chiffon, dont elle travaillait depuis un quart d'heure à faire une poupée, en le roulant et en l'étranglant par un bout, à l'aide d'un brin de fil. Marthe leva les yeux du bas qu'elle raccommodait avec des délicatesses de broderie. Elle sourit à Désirée.
- C'est un poupon ça! dit-elle. Tiens, fais une poupée. Tu sais, il faut qu'elle ait une jupe, comme une dame.
La conquista di Plassans
Désiré batté le mani. Era una giovinetta quattordicenne, robusta per la sua età, ma rideva come se avesse cinque anni.
- Mamma, mamma! - gridò - guarda la mia bambola!
Aveva preso alla madre un pezzo di stoffa che, da un quarto d'ora, arrotolava e stringeva da una parte con l'aiuto di un pezzetto di filo, per cercare di farne una bambola. Marthe alzò gli occhi dalla calza che stava rammendando con una delicatezza da ricamatrice. Sorrise a Désiré.
- Ma è un bambolotto, questo! - disse. - Andiamo, fai una bambola. Sai, deve avere la gonna, come una signora.

(Traduzione: Ulisse Benedetti)

La débâcle (...)
A deux kilomètres de Mulhouse, vers le Rhin, au milieu de la plaine fertile, le camp était dressé. Sous le jour finissant de cette soirée d'août, au ciel trouble, traversé de lourds nuages, les tentes-abris s'alignaient, les faisceaux luisaient, s'espaçaient régulièrement sur le front de bandière; tandis que, fusils chargés, les sentinelles les gardaient, immobiles, les yeux perdus, là-bas, dans les brumes violâtres du lointain horizon, qui montaient du grand fleuve. On était arrivé de Belfort vers cinq heures. Il en était huit, et les hommes venaient seulement de toucher les vivres.

La fortune des Rougon
Lorsqu'on sort de Plassans par la porte de Rome, située au sud de la ville, on trouve, à droite de la route de Nice, après avoir dépassé les premières maisons du faubourg, un terrain vague désigné dans le pays sous le nom d'aire Saint-Mittre.
L'aire Saint-Mittre est un carré long, d'une certaine étendue, qui s'allonge au ras du trottoir de la route, dont une simple bande d'herbe usée la sépare. D'un côté, à droite, une ruelle, qui va se terminer en cul-de-sac, la borde d'une rangée de masures; à gauche et au fond, elle est close par deux pans de muraille rongés de mousse, au-dessus desquels on aperçoit les branches hautes des mûriers du Jas-Meiffren, grande propriété qui a son entrée plus bas dans le faubourg. Ainsi fermée de trois côtés, l'aire est comme une place qui ne conduit nulle part et que les promeneurs seuls traversent.
La fortuna dei Rougon
Quando si esce da Plassans per la Porta di Roma, situata a sud della città, si trova, a destra della strada per Nizza, oltrepassate appena le prime case del sobborgo, un terreno incolto che la gente del luogo chiama "aia di Saint-Mittre".
L'aia di Saint-Mittre è uno spazio rettangolare di una certa estensione, che costeggia il marciapiede della strada: ne è separato soltanto da una striscia d'erba avvizzita. Da un lato, a destra, un vicolo cieco fiancheggia l'aia con una fila di catapecchie; a sinistra e in fondo, l'aia è chiusa da due lembi di muraglie corrosi dal muschio, al di sopra dei quali si scorgono i rami più alti dei gelsi del Jas-Meiffren, una grande proprietà che ha il suo ingresso più giù nel sobborgo. Così, chiusa da tre lati, l'aia è come una piazza che non serve di transito verso alcun altro luogo e che è attraversata solo da chi ha voglia di passeggiare.

(Traduzione: Sebastiano Timpanaro)

Germinal
Dans la plaine rase, sous la nuit sans étoiles, d'une obscurité et d'une épaisseur d'encre, un homme suivait seul la grande route de Marchiennes à Montsou, dix kilomètres de pavé coupant tout droit, à travers les champs de betteraves. Devant lui, il ne voyait même pas le sol noir, et il n'avait la sensation de l'immense horizon plat que par les souffles du vent de mars, des rafales larges comme sur une mer, glacées d'avoir balayé des lieues de marais et de terres nues. Aucune ombre d'arbre ne tachait le ciel, le pavé se déroulait avec la rectitude d'une jetée, au milieu de l'embrun aveuglant des ténèbres.
Germinale
In mezzo all'aperta pianura, sotto un cielo senza stelle, nero d'un nero d'inchiostro, un uomo percorreva, solo, la strada maestra tra Marchiennes e Montsou; dieci chilometri di massicciata che si lanciava in linea retta attraverso campi di barbabietole. Quasi non vedeva dove metteva i piedi; e dell'immenso orizzonte piatto che lo circondava aveva solo sentore per le raffiche del vento di marzo: vaste raffiche che spazzavano la pianura come un mare; gelate da leghe e leghe di palude e di landa sulle quali erano passate. Non un profilo d'alberi sul cielo; diritta come un molo, la strada si protendeva in un buio impenetrabile allo sguardo

(Traduzione: Camillo Sbarbaro)

Les Mystères de Marseille (I misteri di Marsiglia)
Verso la fine del maggio 184... un uomo sulla trentina camminava frettoloso per una stradicciola del quartiere San Giuseppe, vicino alle Aygalades. Aveva affidato il suo cavallo al garzone d'una fattoria vicina e si dirigeva verso una gran casa quadrata, costruita solidamente, una specie di castello campagnolo come ve ne sono tanti sulle colline della Provenza.
L'uomo fece un giro per star lontano dal castello e andò a sedere in fondo a un bosco di pini che si stendeva dietro a quella casa. Là, scostando i rami, inquieto e smanioso, pareva interrogare con lo sguardo i sentieri del bosco, come se aspettasse con impazienza qualcuno. Di tanto in tanto si alzava, faceva alcuni passi e sedeva di nuovo fremendo.

(Traduzione: ?)

Nana (...)
A neuf heures, la salle du théâtre des Variétés était encore vide. Quelques personnes, au balcon et à l'orchestre, attendaient, perdues parmi les fauteuils de velours grenat, dans le petit jour du lustre à demi-feux. Une ombre noyait la grande tache rouge du rideau; et pas un bruit ne venait de la scène, la rampe éteinte, les pupitres des musiciens débandés. En haut seulement, à la troisième galerie, autour de la rotonde du plafond où des femmes et des enfants nus prenaient leur volée dans un ciel verdi par le gaz, des appels et des rires sortaient d'un brouhaha continu de voix, des têtes coiffées de bonnets et de casquettes s'étageaient sous les larges baies rondes, encadrées d'or. Par moments, une ouvreuse se montrait, affairée, des coupons à la main, poussant devant elle un monsieur et une dame qui s'asseyaient, l'homme en habit, la femme mince et cambrée, promenant un lent regard.

Thérèse Raquin
Au bout de la rue Guénégaud, lorsqu'on vient des quais, on trouve le passage du Pont-Neuf, une sorte de corridor étroit et sombre qui va de la rue Mazarine à la rue de Seine. Ce passage a trente pas de long et deux de large, au plus; il est pavé de dalles jaunâtres, usées, descellées, suant toujours une humidité âcre; le vitrage qui le couvre, coupé à angle droit, est noir de crasse.
Par les beaux jours d'été, quand un lourd soleil brûle les rues, une clarté blanchatrê tombe des vitres sales et traîne misérablement dans le passage. Par les vilains gours d'hiver, par les matinées de brouillard, les vitres ne jettent que de la nuit sur les dalles gluantes, de la nuit salie et ignoble.
Teresa Raquin
In cima alla via Guénégaud, venendo dalla strada lungo la Senna, si trova il passaggio del Ponte Nuovo, una specie di corridoio stretto e oscuro che va dalla via Mazarino alla via della Senna. Quel passaggio ha, al massimo, trenta passi di lunghezza e due di larghezza; è selciato di pietre giallastre, consunte, sconnesse, che trasudano sempre un'acre umidità; la vetrata che lo ricopre, tagliata ad angolo retto, è nera di sporcizia.
Nei bei giorni d'estate, quando un ardente sole incendia le vie, un chiarore biancastro cade dai vetri sporchi e si trascina miseramente nel passaggio. Nei brutti giorni d'inverno, nelle mattinate di nebbia, i vetri gettano soltanto oscurità sulle pietre viscide, oscurità sporca e ignobile.

(Traduzione: Luigi Martin)

Le ventre de Paris
Au milieu du grand silence, et dans le désert de l'avenue, les voitures de maraichers montaient vers Paris, avec les cahots rhythmés de leurs roues, dont les échos battaient les façades des maisons, endormies aux deux bords, derrière les lignes confuses des ormes. Un tombereau de choux et un tombereau de pois, au pont de Neuilly, s'étaient joints aux huit voitures de navets et de carottes qui descendaient de Nanterre; et les chevaux allaient tout seuls, le tête basse, de leur allure continue et paresseuse, que la montée ralentissait encore. En haut, sur la charge des légumes, allongés à plat ventre, couverts de leur limousine à petites raies noires et grises, les charretiers sommeillaient, les guides aux poignets.
Il ventre di Parigi
Lungo il viale deserto, nel profondo silenzio della notte, i carri degli ortolani, diretti verso Parigi, percuotevano con l'eco dei loro monotoni scossoni, a destra e a sinistra, le facciate della case immerse nel sonno dietro i filari confusi degli olmi. Un carro di cavoli e un altro di piselli si erano riuniti sul ponte di Neully ad otto carri di rape e di carote calati da Nanterre; ed i cavalli procedevano a testa bassa, con andatura pigra e uguale rallentata dalla fatica della salita. Su in alto, sdraiati bocconi, sul carico dei legumi, sonnecchiavano i carrettieri coi loro mantelli a righe nere e grigie, le redini arrotolate al polsi.

(Traduzione: Maria Teresa Nessi)


L'udo Zùbek (1907-1969)

Skryty' pramen' (La sorgente nascosta)
Odio forse mastro Paolo?
Spesso mi pongo questa domanda e ne cerco la risposta. La cerco nel cuore che mi illudo sia finalmente sgombro dalle passioni, la cerco nella testa - là, dove ha sede la ragione - e sono sorpreso quando la risposta del cuore è diversa dalla risposta della ragione. C'è qualcosa di oscuro che mi tormenta e a cui dovrò finalmente rassegnarmi, per quanto sia spiacevole. Infatti a chi piacerebbe riaprire la propria ferita non ancora guarita!
Mastro Paolo - ecco la ferita della mia vita.
Come devo chiamare allora ciò che sento nel ricordarlo? Se i sentimenti umani fossero così chiari come è chiaro il giorno pieno di sole e così scuro come è scura la notte senza luna, sarebbe facile determinare, subito e per certo, quali siano buoni e quali cattivi. Ma come determinare sicuramente un sentimento che si trova in mezzo a due estremità e che ci sembra, per un attimo, chiaro come gli occhi di un bambino innocente e, dopo un attimo, scuro come lo sguardo dell'assassino?

(Traduzione: Elena Zùbkova Bertoncini)


Giovanna Zucca (1964)

Una carrozza per Winchester
Miss Angelica Winnicott
Winnicot Manor
Winchesterz

Miss Jane Mary Addison
Agnes Girls College
Londra

Mia adorata amica Jane Mary, mi accingo col cuore dolorante a scrivere queste righe per me e per te molto amare.
Come ben sai, solo una settimana fa passeggiavamo spensierate per i viali del collegio, eludendo la sorveglianza della terribile Miss Frances. Oh, com'eravamo felici senza la gioia di esserne consapevoli.


Stefan Zweig (1881-1942)

Angst (Paura)
Quando Irene uscì dall'appartamento del suo amante e cominciò a scendere le scale, tutto d'un tratto quella paura insensata tornò a impadronirsi di lei. All'improvviso una spirale nera prese a mulinarle davanti agli occhi, le gambe erano bloccate da una morsa di ghiaccio, ed ella dovette aggrapparsi in fretta alla ringhiera per non cadere bruscamente in avanti. Non era la prima volta che arrischiava una visita così pericolosa, quel brivido repentino non le era affatto sconosciuto e, pur opponendo in cuor suo una strenua resistenza, nel riprendere la via di casa finiva sempre per soggiacere a simili imperscrutabili attacchi di una paura irragionevole e ridicola.
(Traduzione: Ada Vigliani)

Der begrabene Leuchter (Il candelabro sepolto)
Nel Circo Massimo di Roma stava volgendo al termine la sanguinosa lotta di due giganteschi Eruli contro una muta di cinghiali ircani, quando verso la terza ora del pomeriggio una crescente irrequietezza cominciò a diffondersi tra le migliaia di spettatori. Dapprima soltanto i più vicini s’erano accorti che nella tribuna appartata, riccamente adorna di tappeti e di statue, dove l’imperatore Massimo sedeva in mezzo alla sua corte, era entrato un messaggero coperto di polvere, reduce visibilmente da una affannosa cavalcata; e l’imperatore, appena ascoltato il messaggio, contrariamente all’uso, s’era alzato nel bel mezzo dell’emozionante gioco; con uguale fretta inusitata l’intera corte lo aveva seguito, e presto si vuotarono anche i seggi dei senatori e degli alti dignitari.
(Traduzione: Anita Rho)

Buchmendel (Mendel dei libri)
Di nuovo a Vienna e di ritorno a casa da una visita nei quartieri fuori mano, mi sorprese un rovescio di pioggia che, con sferzate d'acqua, costringeva la gente a rimpiattarsi rapida sotto i portoni e altri ricoveri, e anch'io cercai in fretta un tetto sotto cui ripararmi. Per fortuna a Vienna c'è un caffè in attesa a ogni angolo, e io mi rifugiai in quello proprio lì di fronte, con il cappello già gocciolante e le spalle bagnate fradicie.
(Traduzione: Ada Vigliani)

Clarissa
Wenn Clarissa in späteren Jahren sich bemühte, ihr Leben zu besinnen, wurde es ihr mühsam, den Zusammenhang zu finden. Breite Flächen schienen wie von Sand überweht und völlig undeutlich in ihren Formen, die Zeit selbst darüberhinschwebend, unbestimmt wie Wolken und ohne richtiges Maß. Von ganzen Jahren wußte sie sich kaum Rechenschaft zu geben, indes einzelne Wochen, ja sogar Tage und Stunden gleichsam wie gestern geschehen noch Gefühl und inneren Blick beschäftigten, manchmal war ihr, mutete es sie an, als hätte sie nur einen geringen Teil mit wachem und beteiligtem Gefühl hingebracht und den andern verdämmert in Müdigkeit Oder leerer Pflicht.
Clarissa
Quando, anni e anni dopo, Clarissa si sforzò di ripensare alla vita passata, fece molta fatica a riconnetterne con precisione le diverse fasi. Molti erano i frammenti che sembravano ricoperti di sabbia e sembravano sfuggirle del tutto nella loro concretezza, il tempo stesso li avvolgeva assumendo la forma vaga e inconsistente delle nuvole. Anni interi le risultavano difficili da ricostruire: settimane, giorni e perfino ore parevano appena trascorsi, occupavano i sentimenti e l'intimità, e tuttavia aveva la sensazione di averne conservato una minima parte con chiarezza, mentre la maggior parte sembrava svanita nella notte dei tempi.

(Traduzione: Marco Zapparoli)

Rausch der Verwandlung
Ein Dorfpostamt in Österreich unterscheidet sich wenig vom andern: wer eines gesehen, kennt sie alle. In der gleichen franziskojosephischen Zeit aus dem gleichen Fundus mit den gleichen kärglichen Einrichtungsgegenständen bedacht oder vielmehr uniformiert, entäußern sie allerorts den gleichen mürrischen Eindruck ärarischer Verdrossenheit, und bis unter den Atem der Gletscher, in die abgelegensten Gebirgsdörfer Tirols bewahren sie hartnäckig jenen unverkennbaren altösterreichischen Amtsgeruch aus kaltem Knaster und muffigem Aktenstaub.
Estasi di libertà
In Austria tutti gli uffici postali sono simili: chi ne ha visto uno li conosce tutti. Concepiti, o meglio uniformati, ai tempi di Francesco Giuseppe, attingono i miseri oggetti d'arredo dal fondo dello stesso magazzino ed emanano tutti lo stesso fastidio scontroso e malumore erariale; fino ai piedi dei ghiacciai del Tirolo nei paesini più sperduti delle montagne ognuno conserva testardamente quell'inconfondibile effluvio di ufficio vetero austriaco odorante di fumo freddo di tabacco di pessima qualità e di polvere di vecchie pratiche ammuffite.

(Traduzione: Luciana Rotter)

Sternstunden der Menschheit (Momenti fatali)
Nessun artista può essere costantemente artista, per tutte le ventiquattro ore d'ogni sua giornata; ciò che riesce a creare di essenziale, di duraturo, si produce sempre e soltanto nei pochi, rari momenti di ispirazione. Così anche la Storia, che noi ammiriamo come la più grande poetessa e la migliore attrice di tutti i tempi, non dispone di continuo della propria creatività. Anche in questo "arcano laboratorio di Dio", come Goethe, con deferente rispetto, definisce la storia, si produce un'enorme congerie di fatti usuali e irrilevanti. Qui pure, come sempre nella vita e nell'arte, i momenti sublimi e indimenticabili sono rari.
(Traduzione: Donata Berra)

Die Welt von gestern
Wenn ich versuche, für die Zeit vor dem Ersten Weltkriege, in der ich aufgewachsen bin, eine handliche Formel zu finden, so hoffe ich am prägnantesten zu sein, wenn ich sage: es war das goldene Zeitalter der Sicherheit. Alles in unserer fast tausendjährigen österreichischen Monarchie schien auf Dauer gegründet und der Staat selbst der oberste Garant dieser Beständigkeit. Die Rechte, die er seinen Bürgern gewährte, waren verbrieft vom Parlament, der frei gewählten Vertretung des Volkes, und jede Pflicht genau begrenzt. Unsere Währung, die österreichische Krone, lief in blanken Goldstücken um und verbürgte damit ihre Unwandelbarkeit. Jeder wußte, wieviel er besaß oder wieviel ihm zukam, was erlaubt und was verboten war. Alles hatte seine Norm, sein bestimmtes Maß und Gewicht.
Il mondo di ieri
Se tento di trovare una formula comoda per definire quel tempo che precedette la prima guerra mondiale, il tempo in cui son cresciuto, credo di essere il più coinciso possibile dicendo: fu l'età d'oro della sicurezza. Nella nostra monarchia austriaca quasi millenaria tutto pareva duraturo e lo Stato medesimo appariva il garante supremo di tale continuità. I diritti da lui concessi ai cittadini erano garantiti dal parlamento, dalla rappresentanza del popolo liberamente eletta, e ogni dovere aveva i suoi precisi limiti. La nostra moneta, la corona austriaca, circolava in pezzi d'oro e garantiva così la sua stabilità. Ognuno sapeva quanto possedeva o quanto gli era dovuto, quel che era permesso e quel che era proibito: tutto aveva una sua norma, un peso e una misura precisi.

(Traduzione: Lavinia Mazzuchetti)


Václav Zykmund (1914-1984)

Sjezd abiturientů (L’anniversario dell’esame di maturità)
Io, Joachim Karel Kurzheimer, oggi tranquillo cittadino della piccola località chiamata Alverkerchen, sono stato incaricato da quanti sopravvissero alla riunione dei diplomati della città ginnasiale di Wolbeck di registrare tutti gli eventi che a quell’epoca vi si verificarono e che scossero la coscienza dell’intera Europa, per non parlare poi della Germania.
Io, Joachim Karel Kurzheimer, avevo vissuto a lungo un’esistenza serena, accompagnato in essa dalla mia amata consorte Zita. Abitavamo in un piccolo castello distante da Alverkerchen soltanto alcune miglia, di servitù ne avevamo poca: solo tre servitori, Wilhelm Krautgartner, Franz Niedermann e Hans Brandt, e tre cameriere, Hilda Obermayer, Anna Hofmanstaler e Marie Backhausen. In una casetta a un piano, all’interno del parco, vivevano il giardiniere Kurt Wense con la tarchiata moglie, Brunhilda, e tre pargoli: le figlie Rosa e Alice e il figlio Alfred. Avevamo inoltre due cuoche: Johana Schiller e Gisela Eichinger.
Vivevamo della dote di mia moglie, depositata in diverse banche svizzere e tedesche, e anche il castelletto apparteneva a lei; non ce la passavamo male, giacché al castelletto era annessa una piccola tenuta consistente in campi, prati ubertosi e boschi ricchi di selvaggina. Non si può certo dire che nostra figlia Eulálie rischiasse di rimanere senza dote: già all’epoca essa aveva un magnifico futuro assicurato. La mia amata consorte Zita vegliava sui nostri beni, e non avevo in verità il benché minimo timore circa il nostro comune avvenire.
Alla cittadina di Alverkerchen ci andavo di tanto in tanto in carrozza, dei nostri cavalli si occupava il giardiniere Wense. Nella cittadina vivevano tre miei intimi amici, insieme ai quali avevo conseguito la maturità al ginnasio di Wolbeck: si trattava di Bruno Androsch, Moric Reise e Johan Grieschke. Poveretti, oggi non più in vita.

(Traduzione: Letizia Kostner)

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