MOSÈ E MAOMETTO: DA NAPOLI A PARIGI Cap. 2 MAOMETTO II 8L'opera si apre in una sala del palazzo di Paolo Erisso in Negroponte, dove i veneziani sono riuniti per decidere cosa fare davanti all'attacco delle truppe musulmane, guidate da Maometto II. L'introduzione si serve di un breve tema (es.1)
la cui inversione viene usata e ampliata subito dopo (es.2),
prima dall'orchestra e poi nel coro "Al tuo cenno, Erisso, accolti", nel quale i guerrieri veneziani si chiedono quale sarà il loro destino. Erisso ricorda ai suoi che l'invasore ha minacciato, se gli assediati non si arrenderanno, di mettere a ferro e fuoco l'intera città; per la decisione finale egli si rimette a ciò che deciderà la maggioranza e chiede a tutti di esprimere il proprio parere. Durante questo recitativo in orchestra riaffiora il tema dell'introduzione e le frasi spezzate di Erisso vengono sottolineate dalle strappate orchestrali, tipiche del recitativo accompagnato, e da un concitato disegno degli archi (es.3)
alternato ad accordi dell'orchestra in tempo maestoso (es.4).
I due motivi formano un contrasto che ben si adatta all'indecisione di Erisso che vede "egual periglio se all'onor chieggo o alla pietà consiglio". Il primo a rispondere è Condulmiero, uno dei generali veneziani, con un invito alla resa, che, vista la preponderanza delle forze nemiche, permetterebbe di ritemprare le forze senza inutili sacrifici. Il breve intervento di Condulmiero si serve dello stesso motivo in sol minore enunciato immediatamente prima dal coro, che lo invitava a pronunciarsi (es.5).
All'invito alla prudenza di Condulmiero si contrappone Calbo, altro generale veneziano, che incita i guerrieri all'estrema resistenza; l'intervento di Calbo, in sol maggiore, è caratterizzato dalla presenza di una tessitura molto estesa, con salti che arrivano alle due ottave (es.6).
A Calbo si uniscono Erisso e il coro, infiammati dalle sue parole, che si dichiarano pronti a morire piuttosto che arrendersi all'invasore. Quindi Erisso, in un breve recitativo, invita tutti giurare di combattere fino alla morte. In questo recitativo, sciolto ormai ogni dubbio da parte di Erisso, in orchestra rimane solo uno dei motivi che accompagnavano il suo precedente intervento, le rapide quartine di semicrome degli archi (vedi es.3). La parte finale dell'introduzione è occupata dal giuramento dei veneziani, dove riappare, insieme al ritorno della tonalità di mi bemolle maggiore, il tema con cui inizia l'opera che, attraverso il cambiamento di ritmo da 3/4 a 4/4, assume un carattere marziale, tipico delle scene di giuramento guerriero. Segue un recitativo di Erisso, che indica la rocca della città come l'ultimo baluardo dei difensori; la conclusione è affidata alla citazione del tema iniziale, ancora una volta con un marziale 4/4 (es.7).
L'introduzione si può considerare divisa in tre parti, separate dai due recitativi di Erisso. La prima e la terza, ambedue in mi bemolle maggiore, sono essenzialmente corali e si servono dello stesso materiale tematico, che viene però adattato alle mutate circostanze drammatiche: all'inizio lo sconcerto e l'indecisione, alla fine il giuramento che scioglie ogni dubbio. Nella parte centrale, in cui si alternano le tonalità di sol minore e sol maggiore, predomina la caratterizzazione vocale del personaggio di Calbo, che sarà confermata da quel manifesto del canto d'agilità che è l'aria "Non temer, d'un basso affetto". Il successivo cambiamento di scena è preceduto da un recitativo in cui Erisso confida a Calbo i suoi timori per la sorte della figlia e lo invita a seguirlo presso di lei. La seconda scena si svolge nel gabinetto di Anna Erisso ed inizia con la cavatina "Ah! che invan su questo ciglio", i cui versi: Ah! che invan su questo ciglio Chiamo il dolce oblio dei mali Non ho pace al rio periglio In cui veggo il genitor E il timor se tace appena Son d'amor gli occulti strali Onde ognor di pena in pena Palpitante ondeggia il corpreannunciano il conflitto tra volere paterno e amore che caratterizzerà il personaggio di Anna. Questa forma del più generico contrasto amore-dovere era presente in opere precedenti il Maometto II (Otello, Donna del Lago, Tancredi) e, sia pure come tema secondario, ritornerà nel Guillaume Tell, in cui la vittima di tale conflitto sarà un personaggio maschile: Arnold, che sceglierà il dovere solo dopo la morte del padre, di cui si sentirà responsabile proprio a causa del suo amore per Mathilde. La cavatina, in la bemolle maggiore e in un unico tempo: andante, si apre con una introduzione orchestrale composta da una serie di accordi modulanti, con l'uso ripetuto della settima diminuita, conclusa da una frase molto espressiva (es.8)
che, contrariamente alla consuetudine, non è un'anticipazione letterale della melodia del canto, ma come un seme ritmico-melodico che costituirà una sorta di sfondo unitario sul quale appuntare le note del canto. La linea vocale, dopo un inizio tipicamente belcantistico (es.9),
si trasforma, modulando in fa minore, in brevi frasi spezzate e quindi in una progressione di quarte ascendenti e quinte discendenti, accompagnate da un disegno sincopato dell'orchestra che sottolinea le parole: "palpitante ondeggia il cor" (es.10).
Seguono quattro battute nelle quali il canto si snoda in un disegno uniforme sul Si e Do a distanza di seconda minore, appena increspato da due Fa sulla stessa ottava , sostenuto da un ostinato orchestrale in do maggiore con un pedale superiore di dominante. La cavatina si conclude ritornando alla tonalità iniziale, con l'orchestra che riprende l'andamento ritmico della prima sezione dell'introduzione; il canto inizia con una ripresa variata dell'es. 9, si serve poi di frammenti ritmici della sezione successiva e quindi ritorna al canto fiorito dell'inizio. Si ha così una curiosa asimmetria tra canto e orchestra, che può riassumersi in questo schema:
orchestra: A B A'
D - vv. 5-6-7-8-7-8-5-6 C' - vv. 7-8 D' - vv. 5-6-7-8-7-7-8 Subito dopo entrano in scena Erisso e Calbo ed inizia il numero più lungo e articolato del Maometto II: il "terzettone", chiamato così dallo stesso Rossini probabilmente per sottolinearne l'abnorme ampiezza. Negli spartiti correnti non c'è tuttavia traccia di questa denominazione, rivelata da Philip Gossett, che per primo ha studiato i vari manoscritti autografi riconducibili alle tre versioni dell'opera.9 È opportuno, prima dell'analisi vera e propria, fare un elenco dettagliato delle sezioni nelle quali si articola questo numero:
Nel recitativo Erisso e Calbo raggiungono Anna nelle sue stanze e il padre comunica alla figlia il desiderio che ella sposi Calbo, un secondo difensore della fanciulla in tale momento di pericolo. A tale annuncio Anna non nasconde il suo sgomento e Calbo rivela subito quell'atteggiamento comprensivo e di mediazione fra padre figlia che manterrà fino alla conclusione dell'opera. Nella scena seguente Anna rivela il suo amore per quello che ella crede sia Uberto, signore di Mitilene, conosciuto a Corinto mentre il padre era a Venezia per chiedere aiuti alla madrepatria; la rivelazione, fatta da Erisso, che il signore di Mitilene aveva partecipato a quel viaggio ed era poi rimasto a Venezia, getta nello stupore Anna, resasi conto di essere stata ingannata. Il terzettino "Ohimè! qual fulmine" ha la struttura consueta dei pezzi d'insieme che seguono una rivelazione inaspettata: staticità dell'armonia e uniforme ripetizione del tema, con il compito di prolungare artificiosamente il momento di stupore in cui sono immersi i personaggi; inizia con un ritmo puntato, in cui le voci si sovrappongono formando triadi perfette e cadenzando quindi alla dominante (es.11),
per svilupparsi in un falso-canone con un tema di sedici battute, ricco di fioriture, che viene successivamente ripetuto all'unisono dalle tre parti vocali, e una cadenza finale in cui il disegno virtuosistico passa, senza soluzione di continuità, da una voce all'altra (es.12).
Alla staticità del terzettino segue un allegro che assume apparentemente la veste di impulso dinamico propiziatore della cabaletta conclusiva, che invece si farà attendere ancora per ben 487 battute. Infatti il richiamo al dovere di Erisso e la risposta di Anna sono bruscamente interrotti da un colpo di cannone e da un grido del coro, che annunciano il precipitare degli eventi; le parole di risposta di Anna: "Figlia mi chiami ancor? / Si, svellermi dal petto / Il cor saprò, se...", interrotte proprio su quel "se", lasciano volutamente in sospeso il contrasto amore-dovere, che avrà un momentaneo scioglimento nella parte finale del terzetto e riapparirà quando Anna riconoscerà in Maometto il misterioso amante. Al grido del coro segue un intervento orchestrale sovrapposto ai rumori della battaglia che si odono all'esterno del palazzo (es.13),
Il mutamento di scena, dalle stanze di Anna alla piazza di Negroponte prospiciente il tempio, non interrompe la continuità del brano, in quanto dietro le quinte si ode il coro di donne, incerte su come reagire al precipitare degli eventi; sopraggiunge Anna chiedendo cosa mai sia accaduto, le donne rispondono che i musulmani, aiutati da un traditore, sono riusciti ad entrare in città e stanno spargendo terrore e morte. In questa scena gli interventi di Anna e del coro sono inseriti nel continuo fragore della battaglia, sottolineato da due motivi, utilizzati l'uno dall'orchestra e l'altro dal coro (es.14)
(es. 15);
la conclusione orchestrale, nella sua semplicità, sembra attenuare la concitata atmosfera precedente (es.16).
A questo punto Anna e il coro intonano la preghiera "Giusto ciel, in tal periglio", implorando la pietà del cielo, una pagina tra le più famose dell'opera (o meglio del suo rifacimento parigino), affidata interamente ad una melodia cantata da Anna e ripetuta integralmente con l'intervento del coro, su un'armonia che, pur senza staccarsi a lungo dalla tonalità di fa diesis minore, fa frequente uso di accordi modulanti, in particolare sulle parole: "più consiglio, più speranza, non m'avanza che piangendo, che gemendo" (es.17).
Tutta la prima sezione della preghiera, fino all'intervento del coro, è accompagnata solo da un'arpa sul palco, un rarefatto e delicato arpeggio di suoni che avvolge con discrezione le volute melodiche della protagonista. La cadenza finale della preghiera è seguita immediatamente dal riemergere dei suoni di battaglia, in orchestra riappare, questa volta in re maggiore, il disegno che aveva interrotto la risposta di Anna (vedi es.13) e che accompagna le parole di Erisso, ritornato in scena con Calbo; il padre conferma alla figlia che "fuorché l'onor, tutto è perduto" e chiama i suoi guerrieri alla rocca per l'ultima difesa mentre Anna tenta di fermarlo. A questo punto siamo circa a metà del terzettone e ad una prima parte in cui il succedersi degli eventi drammatici è stato sottolineato da una parallela ricchezza di strutture musicali, segue una serie di momenti più statici, nei quali è approfondita la differenziazione tra i personaggi apparsi finora. Erisso e Calbo manterranno infatti, per tutta l'opera, il primo il suo ruolo di padre severo e di condottiero coraggioso, il secondo la sua posizione di subalternità di fronte a Erisso e di comprensione nei confronti di Anna; nella protagonista femminile è invece sempre presente il contrasto tra l'amore per il misterioso Uberto e il senso del dovere verso i voleri del padre, nobilitati dal richiamo all'amor di patria. Anna sembra scegliere decisamente il dovere, ma vedremo che tale scelta diverrà definitiva molto più tardi, dopo che l'amore avrà fatto la sua prepotente ricomparsa con l'arrivo dello sconosciuto amante nelle vesti del conquistatore. La divisione in due blocchi del terzettone è palese sia, come abbiamo visto, per la diversa struttura drammatica e musicale, sia se consideriamo i rapporti tonali: l'allegro che segue la preghiera si conclude infatti in mi maggiore, tonalità d'inizio dell'intero numero, che riapparirà nella cabaletta conclusiva; questa seconda parte è indicata generalmente come scena e terzetto: "Figlia, mi lascia", dove la scena, ovvero l'allegro in mi maggiore, ha anche la funzione di elemento unificante tra le due parti dell'intero terzettone. Il terzetto inizia con una sezione in tempo veloce in cui Erisso rifiuta di condurre Anna alla rocca per l'estrema resistenza, non cedendo nemmeno davanti alla preghiera della figlia e delle donne, che temono di restare in balia dei guerrieri di Maometto. La linea vocale, intonata da Erisso e ripresa integralmente da Anna, è accompagnata all'inizio da un tema che evidenzia l'atmosfera concitata del colloquio tra padre e figlia (es.18),
a cui segue un motivo che, col suo andamento di marcia, conferma la scelta di Erisso di combattere fino all'ultimo (es.19).
Nella sezione lenta che segue, andantino in sol maggiore, Calbo assolve ancora alla sua funzione di mediatore tra padre e figlia: invita Erisso a cedere al pianto di Anna (es.20)
che, come rincuorata dall'aiuto di chi, viste le circostanze, dovrebbe dimostrarle più rancore che pietà, dichiara la propria volontà di combattere con un tema molto deciso ed espressivo (es.21)
inserito nel tessuto musicale contemporaneamente ad un fortissimo orchestrale su un ritmo cadenzato, che ne esalta la funzione eroica. Questi due temi vengono quindi ripresi e variati dai tre protagonisti e dal coro, per concludere con una cadenza piuttosto lunga che vede Anna e Calbo da una parte, uniti nell'appello al cuore di Erisso su una serie pressoché ininterrotta di sestine di semicrome, e quest'ultimo dall'altra, irremovibile nella sua decisione di condurre solo i guerrieri alla rocca. Riappare quindi, nella terza sezione del pezzo, allegro in sol maggiore, il tema iniziale (vedi es.18) ed Erisso accetta di lasciare almeno un pugnale alla figlia, che saprà usarlo per non cadere viva nelle mani dei musulmani. Nella cabaletta finale, in cui ritorna la tonalità di mi maggiore e che chiude la complessa struttura formale del terzettone, Anna ribadisce la sua volontà di uccidersi piuttosto che cadere nelle mani del nemico e, insieme ad Erisso e Calbo, esterna la propria disperazione con parole quasi d'obbligo in una situazione di questo tipo: "in sì crudel tormento, squarciarmi a brani in petto il cor mi sento". La struttura è quella convenzionale: inizio a solo di Anna, accompagnata da semplici accordi dell'orchestra, concertato con l'orchestra che raddoppia la linea vocale, ripetizione da capo e cadenza finale, ma, come se Rossini avesse voluto chiudere il terzettone ma nello stesso tempo dilatarlo ulteriormente, alla cabaletta segue una coda orchestrale di ventisei battute che, dal mi maggiore iniziale, modula nella tonalità di sol maggiore, terminando sull'accordo di tonica che diventa dominante del successivo do maggiore, tonalità del coro dei musulmani che apre la scena seguente. Sulla piazza di Negroponte irrompono i guerrieri musulmani che, superate ormai le difese dei veneziani, sono decisi a distruggere la città e vincere la ultime resistenze. Il coro "Dal ferro dal foco", allegro vivace in do maggiore, si serve di due temi (es.22)
(es. 23).
L'esordio di Maometto: "Sorgete, e in sì bel giorno", è diviso in due sezioni, maestoso e allegro marziale; nella prima parte ad una introduzione di nove battute, in cui le frasi spezzate e le accensioni virtuosistiche del canto si alternano ad accordi ribattuti dell'orchestra, una sorta di via di mezzo tra il recitativo accompagnato e l'arioso, usato molto spesso da Rossini, segue un tema ascendente in ritmo puntato (es.24)
che si sviluppa in una scrittura ricca di fioriture.
Queste due parti corali sono subordinate all'intervento solistico ma non per questo prive di interesse; la prima ha una struttura più elaborata, essendo praticamente un pezzo a sé, la seconda è invece molto breve, diciotto battute, ma armonicamente molto ricca. Inizia in re minore e si snoda in un elaborato giro armonico che conduce alla tonalità principale del pezzo: fa maggiore. La seconda parte dell'intervento di Maometto: "Duce di tanti eroi", ha la stessa struttura della prima: esposizione, ripetizione e cadenza, ma è arricchita dall'intervento del coro e dal ritornello orchestrale che anticipa la prima parte del tema (es.25),
a cui segue un secondo motivo (es.26)
raddoppiato dall'orchestra e subito variato virtuosisticamente. Nel successivo recitativo Maometto, interrogato da Selimo, suo ufficiale, rivela che quei luoghi non gli sono sconosciuti, infatti egli si era unito agli uomini inviati dal padre ad esplorare, sotto mentite spoglie, le città greche, per preparare la conquista; una esitazione ed un sospiro al ricordo di Corinto lasciano già presagire che il misterioso amante di Anna non è altri che Maometto. Il colloquio viene interrotto dall'arrivo dei guerrieri musulmani (coro: "Signor, di liete nuove") che annunciano la vittoria e la caduta dei capi nemici; Maometto esulta e all'arrivo di Erisso e Calbo, annuncia che il supplizio a loro destinato sarà di esempio per chi si ostina a resistere nella rocca, ultimo rifugio rimasto agli assediati. La sua ferocia viene però improvvisamente meno, quando scopre che il comandante veneziano davanti a lui è quell'Erisso che era in Corinto durante il suo soggiorno in quella città; il recitativo si conclude con lo stupore di Erisso davanti al cambiamento di Maometto, che offre loro salva la vita a patto che convincano gli ultimi difensori a desistere dall'ormai inutile resistenza. Questa scena, composta di tre sezioni di recitativo inframmezzate da due interventi corali, è un ottimo esempio dell'efficacia del libretto del Maometto II; in un tempo relativamente breve ci sono due anticipazioni del riconoscimento di Anna che, di lì a poco, scoprirà in Maometto l'Uberto conosciuto a Corinto. La prima è il ricordo del viaggio in Grecia e l'esitazione al nome di Corinto, la seconda è il riconoscimento di Erisso come padre dell'amata, che provoca l'improvviso cambiamento nelle decisioni di Maometto. Inoltre con pochi versi:
Erisso, sorpreso dalla domanda di Maometto, ribadisce la propria fermezza ma nel contempo rivela che anche per lui la scelta del dovere ("cittadino io sono") è insidiata dal dolore per la sorte della figlia. Nel terzetto che segue: "Giusto ciel, che strazio è questo", in do maggiore, Erisso e Calbo respingono sdegnosamente le offerte di Maometto, che rinnova inutilmente le sue minacce. Il tema iniziale di questo pezzo (es.27)
è enunciato da Erisso, che prega Calbo di rispondere al suo posto per non rivelare al nemico la commozione in lui suscitata dal ricordo della figlia; la ferma risposta di Calbo, sullo stesso tema, è accompagnata dalle frasi spezzate di Erisso, che si chiede quale sarà la sorte di Anna. L'intervento di Maometto, che cerca ancora di strappare l'assenso alla sua proposta di resa, cercando di frenare il proprio furore davanti al fermo atteggiamento dei prigionieri, è costituito da brevi incisi, che si trasformano subito in canto fiorito, e dalla ripresa del tema iniziale, limitata all'anacrusi e alla prima battuta. Si attua così in questa prima parte del terzetto, una divisione tra Calbo ed Erisso da una parte e Maometto dall'altra, e la monca ripresa del tema da parte di quest'ultimo avviene sulle parole "questa fu la volta estrema che parlommi al cor pietà", ovvero nel momento in cui il vincitore tenta ancora una volta di far prevalere la pietà sulla vendetta. Questa divisione si accentua nella parte finale, dove i due veneziani cantano le stesse parole su una linea vocale praticamente uguale, mentre Maometto minaccia una atroce supplizio per i prigionieri. Nella breve scena seguente sopraggiunge Anna, che si getta ai piedi di Maometto per implorare la salvezza del padre, ma rimane come folgorata nello scoprire che il feroce conquistatore non è altri che l'Uberto da lei amato. Il motivo che accompagna l'entrata in scena di Anna (es.28)
Il tema dell'andantino: "Ritrovo l'amante nel crudo nemico" (es.29),
è un susseguirsi di frasi di due battute inframmezzate da pause, con insistiti cromatismi che ne accentuano il carattere patetico. Nella prima parte il tema viene esposto interamente da Anna e quindi ripreso prima da Erisso, poi da Maometto e da ultimo da Calbo; ad ogni nuova entrata la voce precedente ripete il tema, leggermente variato, ritardato di una battuta solo nella prima ripetizione. Lo schema che ne deriva:
Erisso T T T Maometto T T Calbo T Segue una scena in cui si ritorna al do maggiore e al tema che aveva accompagnato l'ingresso in scena di Anna (vedi es.28), che implora Maometto di salvare il padre e colui che ella dichiara essere suo fratello; alle accorate parole di Anna il conquistatore (di città e di cuori), ancora innamorato, cede e promette salva la vita ai due guerrieri veneziani, a patto che l'amata acconsenta ad unirsi a lui. La stretta finale ha una breve sezione introduttiva: "Ah! perché fra le spade nemiche", nella quale Erisso sfoga la sua disperazione nel vedersi disonorato dal comportamento della figlia, e quindi si sviluppa su un motivo (es.30)
introdotto da Maometto e dal coro a cui si aggiungono via via gli altri, in un crescendo timbrico e dinamico tipicamente rossiniano e con una rigorosa omoritmia delle voci, sulle quali si distende la voce di Anna che spezza il tessuto ritmico con un disegno sincopato. La struttura della parte finale del primo atto: A) Scena e coro:
B) Recitativo e finale I:
rivela un sapiente dosaggio fra i momenti statici e quelli dinamici dell'azione musicale, evidenziati da Gossett10 all'interno degli elementi di base dei finali rossiniani, e inseriti da Powers11 nell'analisi schematica della "struttura melodrammatica", ovvero di quella "solita forma" che, nelle infinite varianti assunte prima e dopo l'enunciazione che ne fece Abramo Basevi in uno studio sulle opere verdiane del 1859, ha permeato in pratica tutta la storia del melodramma italiano. Le considerazioni di Powers, pur soffermandosi in particolare su alcune opere verdiane, sono agevolmente generalizzabili, soprattutto tenendo conto di un concetto di "forma" che non si limita a considerare la mera struttura di un'opera, ma ne investiga le interazioni con un pubblico che cercava sì la rassicurante ripetizione di uno schema familiare, ma era anche in golosa attesa della novità, potremmo dire della "in-solita forma". Dall'altra parte era il compositore, conscio di dover offrire qualcosa di diverso per poter elevare la propria opera al di sopra della normale produzione di consumo, ma altrettanto conscio di dover operare all'interno di un linguaggio formale che risultasse in ogni caso avvertibile dagli spettatori. Se utilizziamo come termine di confronto lo schema riportato da Powers per il Finale I:
vediamo come siano possibili due interpretazioni dell'articolazione del brano, diverse ma entrambe riconducibili ad una struttura formale che, proprio perché permette un'ampia libertà interpretativa, risulta utile come base di partenza e rivela nel contempo la propria duttilità. Si può, seguendo la struttura tradizionale, considerare chiaramente distinta la scena e coro (A) dal recitativo e finale I (B). In questo caso la suddivisione fra le sezioni di quest'ultimo rispecchia fedelmente lo schema di Powers: un recitativo e terzetto (B/1 e B/2) che introducono i personaggi e le situazioni del finale; un tempo d'attacco (B/3) con il colpo di scena (arrivo di Anna e riconoscimento di Maometto), seguito dal concertato (B/4) che sospende l'azione e palesa i sentimenti di ognuno di fronte all'evento inaspettato; infine un tempo di mezzo (B/5) nel quale si consuma un evento (in questo caso la decisione annunciata da Maometto di liberare i due prigionieri: "Padre e fratel ti rendo") "...tale da determinare una brusca sterzata emozionale che si scarica nella 'cabaletta' conclusiva..."12, ovvero qui nella stretta (B/6). Un'analisi legittima, che però trascura quel filo sottile che rende unitario un percorso avviato dal fugace sospiro sfuggito a Maometto "nel rammentar Corinto" (A/1), un primo accenno al prossimo emergere di quel contrasto fra amore e dovere via via allargato a Erisso, nel recitativo che precede il terzetto ("Mi ricorda il suo dir l'amata figlia. / Costanza, o cor."), e ad Anna, messa improvvisamente di fronte ad un nemico-amante. Ovviamente diversa è la corrispondenza con il modello: l'intera sezione A assume qui il ruolo di introduzione, con l'annuncio della cattura dei capi nemici e l'orgogliosa gioia di Maometto ("Alfin vi tengo / Veneti alteri, audaci e sempre infidi"), appena velata da quel precedente sospiro rimasto momentaneamente non risolto; seguono il recitativo (B/1) e il terzetto (B/2), in pratica un tempo d'attacco e un pezzo concertato (quest'ultimo anomalo in quanto convivono in esso momenti statici, gli 'a parte' di Erisso e Maometto, e dinamici, le fiere risposte di Erisso e Calbo che provocano lo sdegno di Maometto), e quindi di nuovo un tempo d'attacco (B/3) e un pezzo concertato (B/4), seguiti dal tempo di mezzo (B/5) e dalla stretta (B/6). La variante costituita dal raddoppio della successione tempo d'attacco-concertato, ha una precisa giustificazione all'interno dell'intreccio, nel quale sono previsti in rapida successione due colpi di scena (il riconoscimento, da parte di Maometto, di Erisso come padre dell'amata, e, da parte di Anna, di Maometto come il misterioso amante), ognuno dei quali necessita di un opportuno pezzo d'insieme che lo commenti, esplicitando le emozioni dei personaggi presenti in scena. In definitiva l'utilizzo della variazione di uno schema formale che tiene conto proprio delle esigenze formali che vengono apparentemente violate; classico esempio di un musicista che "...neither ignored the 'solite forme' - the convention of the italian musical theatre - nor conformed to them. He used them."13 Il secondo atto si apre nelle stanze dell'accampamento di Maometto, con il coro: "È follia sul fior degli anni", in la maggiore, in cui le donne cercano di convincere Anna ad abbandonare la sua tristezza e godere le gioie dell'amore, una scena "usuale nel melodramma da Rossini in poi, e segnatamente nelle opere di Mercadante e di Verdi".14 Anna tenta di trovare una via d'uscita che le permetta di fuggire, ma viene fermata dall'arrivo di Maometto, che inizia il colloquio un po' bruscamente: "donna, fra l'armi il mio parlar fia breve", ma rivela subito di essere ancora perdutamente innamorato di Anna, alla quale offre "la destra e il soglio" e la salvezza del padre e di Calbo. Anna rifiuta sdegnata, dicendo che tutto è contro la loro unione ma, evidentemente ancora incerta sui suoi sentimenti, non può reprimere il pianto. Il duetto che segue: "Anna... tu piangi", ha la tradizionale struttura in tre parti; nella prima, allegro giusto in do maggiore, prima Maometto poi Anna intonano frasi spezzate e variate virtuosisticamente, intervallate da un breve inciso orchestrale che non appare mai insieme alla voce (es.31).
La seconda parte, andantino in la bemolle maggiore, si può considerare un a solo di Anna, infatti Maometto interviene a parte e solo dopo quaranta battute, con un ritmo puntato seguito da veloci quartine di biscrome, che non si inserisce nella melodia di Anna ma sembra quasi una proiezione vocale dell'accompagnamento orchestrale. L'inizio del canto di Anna (es.32)
non si scosta dall'andantino melodico usato nei tempi lenti dei duetti amorosi, ma subito la melodia tende a ripiegarsi su stessa, trasformandosi in una serie di frasi di non più di due battute, come a sottolineare il sapiente alternarsi dei versi, che esprimono con rara efficacia i contrasti esistenti nell'animo della protagonista, riepilogando sinteticamente gli eventi: Lieta, innocente un giorno Del padre accanto io vissi: Ma poi mi venne intorno Forse da' cupi abissi, In lusinghiero aspetto Un più tenero affetto: L'accolsi, incauta in seno Contro il voler paterno ... Era feral veleno, Che a me porgea l'inferno ... Solo morir mi resta ... La mia speranza è questa.Una breve scena di transizione, in fa maggiore, collega l'andantino con la cabaletta, in do maggiore, in cui Anna ribadisce la sua sofferta decisione e Maometto continua nell'alternare minacce a offerte d'amore. Nella scena seguente Maometto viene informato che i suoi soldati sono stati messi in fuga dai veneti e si stanno ritirando disordinatamente, chiedendo la testa di Erisso e la fine dell'indulgenza del loro condottiero. Maometto riporta l'ordine nelle sue schiere e, dopo aver consegnato ad Anna il suggello imperiale come pegno del suo amore e difesa contro gli inferociti musulmani, si avvia alla battaglia. La prima sezione dell'aria di Maometto: "All'invito generoso", maestoso in mi bemolle maggiore, è caratterizzata da un sapiente uso della coloratura che, pur rispettando il disegno della melodia, non smentisce il carattere belcantistico del personaggio. Segue un andante mosso in tre quarti, sol minore (es. 33),
che ha una struttura ritmica simile al successivo allegro marziale in due quarti, mi bemolle maggiore (es. 34),
con un accompagnamento però diametralmente opposto; mentre nella parte lenta l'indicazione "sotto voce" della melodia vocale è sottolineata unicamente dal tremolo nella regione grave degli archi, la cabaletta inizia con un tema enunciato dalla banda sul palco (es.35)
che, fino alla fine del pezzo, accompagnerà il canto di Maometto e gli interventi del coro, sui quali si distende la voce di Anna, a parte, che risolve di avviarsi all'"opra d'onor": Qual voce celeste Al cor mi ragiona? Qual foco m'investe, E a compier mi sprona Bell'opra d'onor.Il cambiamento di scena ci porta nel sotterraneo del tempio, presso il sepolcro della sposa di Erisso. La scena, che precede l'aria di Calbo: "Non temer, d'un basso affetto", ha una articolazione molto ricca e, lungi dall'essere solo una introduzione al successivo pezzo chiuso, si configura come un numero a sé, pur se non classificabile rigidamente con la nomenclatura del primo Ottocento, e ricordando che in quegli anni il termine "scena" aveva un significato molto ampio, che andava dal più semplice dei recitativi a pezzi con struttura molto estesa ed elaborata. L'avvio è affidato ad un preludio strumentale, maestoso in do minore, in cui un semplice inciso in due battute (es.36)
viene ripetuto otto volte, prima con il timbro scuro di fagotti e corni, sorretti da archi e tromboni, a cui si aggiungono via via i legni, dando una sensazione di crescendo dinamico ottenuta senza variare l'indicazione "f.mo" che appare sin dall'inizio, ma solo con il graduale allargamento delle sonorità strumentali. Segue una melodia affidata dapprima all'oboe e quindi sviluppata e variata dal clarinetto, a cui si sostituiscono i violini primi con un raffinato disegno discendente a note ribattute, sostenuto dal tremolo degli archi, che conduce al recitativo nel quale Erisso rinnova le accuse di tradimento alla figlia, difesa da Calbo che la ritiene vittima degli eventi. Il colloquio tra i due è interrotto da interventi orchestrali, che ripropongono separatamente le sezioni del precedente preludio, e da un arioso di Erisso: "Tenera sposa", di otto battute, il cui tema (es.37)
è anticipato da una introduzione affidata agli archi. Nella successiva aria: "Non temer, d'un basso affetto", in mi maggiore, Calbo ribadisce la sua fiducia nella fedeltà di Anna con un pezzo che è un repertorio dei virtuosismi vocali richiesti ad un contralto rossiniano. In tutte le tre sezioni dell'aria: andante maestoso iniziale; allegro "Del periglio al fero aspetto", alla sottodominante; cabaletta "E d'un trono alla speranza", che ritorna al tono di partenza, la coloratura perde la connotazione riduttiva di "variazione" per divenire protagonista assoluta della pagina musicale. I seguenti frammenti:
(es. 39)
(es. 40)
(es. 41)
danno un'idea della difficoltà ma anche della varietà della scrittura belcantistica di Rossini. Quest'aria è uno degli esempi più chiari di una struttura musicale non "arricchita" dagli abbellimenti ma che "... esce dalla penna 'diminuita, fiorita, passaggiata', per dirla con i musicografi del primo Seicento. In questo, l'intenzione di imporre la disciplina ai cantanti con concetti da dramma musicale o quella, opposta, di gratificare con speciali virtuosismi ora l'uno ora l'altro cantante, entrano poco o nulla".15 L'appassionata difesa di Calbo viene confermata dall'arrivo di Anna, che vince gli ultimi sospetti di Erisso giurando fedeltà sul sepolcro della madre, mentre in orchestra, a suggellare la ricomposta unione tra padre e figlia, ritorna il tema dell'invocazione di Erisso alla sua sposa (vedi es.37). Anna offre ai due prigionieri il pegno avuto da Maometto, che permetterebbe loro di fuggire, e chiede al padre di consacrare l'unione con Calbo, sciogliendo, questa volta definitivamente, il contrasto amore-dovere e legittimando la sua scelta con il volere del cielo: "ara pe' figli è la materna tomba, e i decreti d'un padre Iddio conferma". Nel terzettino che segue: "In questi estremi istanti", alla sospensione dell'azione e all'iterazione quasi letterale del tema, che passa da Calbo ad Anna e quindi a Erisso, fa da contrasto l'estrema mobilità dell'armonia, che si muove tra i toni principali di la bemolle maggiore e minore. La melodia di questo terzetto è stata da molti avvicinata alla preghiera del Mosè in Egitto, tanto che il pezzo è molte volte citato come "preghiera" anziché come "terzettino" (o "trio" nella versione francese); la somiglianza è però solo apparente e riguarda più che altro il ritmo anacrusico e il procedere per gradi congiunti in un disegno melodico molto simile. Ma se nel Mosè in Egitto il tema si sviluppa in due sezioni di quattro battute, interrotto da un'unica pausa di semicroma, nel Maometto II troviamo, sempre nelle regolamentari otto battute, sette pause di semicroma e una di croma, che spezzettano il tema, dandogli quel senso di affanno ed incertezza così aderente alle parole pronunciate dai personaggi. Nel finale, sciolti ormai i nodi del dramma, unica protagonista rimane Anna, che attende l'esito della battaglia rassegnata all'inevitabile sorte di ostaggio nelle mani del nemico. Un breve recitativo precede la preghiera delle donne greche: "Nume cui 'l sol è trono", in re minore, una semplice melodia affidata ai soprani primi, sorretti armonicamente dalle altre voci del coro femminile. L'usuale contrasto minore-maggiore è qui arricchito da un breve e delicato intervento di Anna (es.42)
inserito proprio nel momento della modulazione da re minore a fa maggiore. La battaglia è ormai conclusa e un coro di donne annuncia la vittoria dei veneti e l'arrivo dei musulmani, infuriati dalla sconfitta, che lascia come unico scampo la fuga. La concitata esortazione ad Anna (es.43)
è alternata tra le due sezioni del coro, che si uniscono per narrare rapidamente lo svolgersi degli eventi. Anna rifiuta sdegnosamente di fuggire davanti al nemico in un recitativo che precede il finale vero e proprio, costruito sulle tre sezioni del rondò della protagonista: andantino in do maggiore "Quella morte che s'avanza"; maestoso in do maggiore "Si, ferite"; andantino in sol maggiore "Madre a te che sull'empireo", quest'ultima l'unica interamente solistica. La prima sezione si configura come un'aria a sé stante, in cui i sedici versi del testo sono distribuiti con lo schema:
A e B sono affidate alla sola voce di Anna, mentre in C interviene il coro femminile con ritmo costante, a cui si sovrappone la voce solista con quattro frasi di eguale disegno (es.44)
concluse dalla cadenza sulla ripetizione dell'ultimo verso. B' si differenzia da B nella parte finale, per la presenza del coro e di figurazioni virtuosistiche nella melodia. L'ultima nota dell'aria si sovrappone all'entrata dei musulmani: "Invan la perfida, invano ascondesi", allegro in do maggiore, che cercano Anna e chiedono il suo supplizio. Le donne greche si rivolgono con angoscia ad Anna, che risponde loro con una vigorosa frase (es.45)
e con un atteggiamento di fermo coraggio che disorienta i guerrieri turchi. Tutta la scena è dominata da un ostinato disegno degli archi, che accompagnano le note ribattute e le frasi alternate tra le voci del coro. Nella seconda parte del rondò Anna chiede ai nemici di essere uccisa, con un sacrificio che il cielo saprà ricompensare; in questo pezzo non si può individuare un vero e proprio tema, ma una serie di frammenti che vengono continuamente variati, e un finale che, dopo l'intervento corale a note staccate inserito nelle volate di semicrome della solista, si tramuta senza soluzione di continuità nel successivo brano, la preghiera: "Madre a te che sull'empireo", in cui Anna si rivolge alla madre, consacrando a lei l'ultimo sospiro. Molto efficace è il collegamento tra le due parti, ottenuto con l'anticipazione delle prime tre note del tema della preghiera, ripetute quattro volte, l'ultima delle quali, con il re naturale al posto del re diesis, introduce la tonalità di sol maggiore. Questa preghiera è dedicata completamente alla voce della protagonista, con una splendida melodia (es.46)
che nella seconda parte, in sol minore, e nella ripresa, si piega docilmente all'estremo saluto belcantistico dell'eroina. L'arrivo dell'infuriato Maometto è preceduto da un tema in orchestra (es.47)
che accompagnerà il breve e concitato colloquio tra i due amanti, ormai definitivamente divisi, nel quale alla rabbia e alla sete di vendetta del conquistatore si oppone il determinato coraggio di Anna che, dopo aver rivelato la sua unione con Calbo, creduto ancora da Maometto il fratello dell'amata, si uccide con il pugnale lasciatole dal padre. L'opera si chiude con un coro in cui tutti esprimono il loro dolore davanti al sacrificio di Anna.
Frontespizio
Cap. 2 - Maometto II
Cap. 4 - Mosè in Egitto
/ Moïse et Pharaon
|